Con un nota del 20 maggio 2022 l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana comunica che il cosiddetto frammento di Palermo, conosciuto anche come frammento Fagan, resterà per sempre nel Museo dell’Acropoli di Atene, dov’era andato in prestito nel mese di gennaio per quattro anni, celebrato da una cerimonia in cui veniva ricongiunto al fregio originale alla presenza del Premier greco Kyriakos Mitsotakis. In cambio Atene inviava, a febbraio, una statua acefala della dea Atena del V sec. a.C. (Akr. 3027) e un esemplare di anfora geometrica della prima metà dell’VIII sec. a.C. (1961 NAK 196) al Museo Archeologico Regionale “Antonio Salinas” (https://mediterraneoantico.it/articoli/archeologia-classica/da-atene-arriva-a-palermo-la-statua-di-atena-del-v-sec-a-c/ )

Frammento Fegan, ph. fornite allo Studio Esseci sas dagli Organizzatori dell’evento

Il frammento marmoreo in questione è parte della lastra del fregio orientale del Partenone e rappresenta il piede della dea Artemide, divinità dei momenti di passaggio e dei confini tra la natura indomita e la razionalità della pòlis, tra la fanciullezza e l’età adulta, erroneamente associata dagli antichi romani alla dea cacciatrice Diana per il suo originario carattere selvaggio con la quale tutt’oggi viene assimilata.

Per comprendere il destino del frammento di Palermo è necessario tornare indietro di più di due secoli quando, nel 1801, l’allora ambasciatore britannico Thomas Bruce, settimo conte di Elgin, rimosse dal Partenone circa 17 statue provenienti dai due frontoni, 15 metope e 75 metri del fregio interno. Le premesse di questa azione vanno ricercate nel filellenismo che si andò sviluppando nel XVIII sec., soprattutto in Francia ed Inghilterra, che produsse i primi disegni del Partenone rispettandone le proporzioni e pubblicati nel secondo volume di Antiquities of Athens Measured and Delineated. In origine, lo scopo di Lord Elgin era quello di studiare le sculture sotto la supervisione del pittore Lusieri; tuttavia, esso si tradusse in un’appropriazione dei marmi del Partenone dopo che il Sultano Selim III gli aveva concesso di realizzare stampi e disegni delle antichità sull’Acropoli nonché di demolire edifici recenti per riportate alla luce i resti archeologici dell’antica cultura greca. Nel 1816 Lord Elgin consegnò al console generale britannico in Sicilia Robert Fagan, pittore e archeologo irlandese, il frammento rappresentante il piede della dea Artemide. Morto suicida a causa di debiti nello stesso anno, la vedova di Fagan vendette, tra il 1818 e il 1820, il frammento al Regio Museo dell’Università di Palermo di cui è oggi l’erede il Museo Archeologico Regionale “Antonio Salinas”.

Frammento Fegan, ph. fornite allo Studio Esseci sas dagli Organizzatori dell’evento

La restituzione del frammento del Partenone al Museo dell’Acropoli di Atene è stata possibile grazie alla “sdemanializzazione” del reperto con delibera di Giunta da parte del governo della Regione Sicilia e con il via libera del Ministero della Cultura sulla competenza della Regione Sicilia. È da attendere solo il “nulla osta” del Mic.

Il procedimento era partito dalla Regione Sicilia su proposta dell’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà allorquando era stata inviata una richiesta al “Comitato per il recupero e la restituzione dei Beni Culturali”, istituito presso lo stesso Ministero, un atto fortemente voluto anche dal Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e condiviso dal Ministro greco della Cultura e dello Sport Lina Mendoni. Il dialogo tra il Governo siciliano di Samonà e Musumeci, il Museo “Salinas” diretto da Caterina Greco, il Governo di Atene con Mendoni, e il Museo dell’Acropoli diretto da Nikolaos Stampolidis, si è potuto realizzare grazie all’accordo fondato sull’art. 67, 1d del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio “la loro [beni culturali] uscita sia richiesta in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali straniere, in regime di reciprocità e per la durata stabilita negli accordi medesimi, che non può essere superiore a quattro anni, rinnovabili una sola volta”.

Un dialogo che non si ferma solo allo scambio fisico dei reperti sopra menzionati ma che è pieno di significato, la cui spiegazione lasciamo alle parole dell’assessore Samonà: “La restituzione definitiva del frammento del Partenone è la conferma di quel sentimento di fratellanza culturale che lega Sicilia e Grecia, due terre unite dalle comuni radici mediterranee e da antichissimi e profondi legami. Con il Presidente Musumeci abbiamo condiviso questo importante gesto, nella consapevolezza che proprio sulla Cultura si debbano fondare nuove relazioni tra Paesi che intendono puntare sul proprio patrimonio culturale per costruire un futuro stabile. Come ho detto anche a gennaio ad Atene, abbiamo posto le basi per la nascita di una Europa della Cultura, fondata su valori antichi e universali: in un’epoca di guerre e incertezze, siamo fortemente convinti che proprio dalla Cultura possa arrivare quel messaggio di pace che unisca i popoli su principi comuni e su una visione di futuro di cui c’è fortemente bisogno”.

Il felice epilogo della restituzione del frammento di Palermo al Museo dell’Acropoli di Atene è andato ad alimentare il quasi quarantenne dibattito sui “marmi di Elgin”, conservati nel British Museum sin dalla loro acquisizione agli inizi del ‘800 (https://mediterraneoantico.it/articoli/archeologia-classica/la-gran-bretagna-ha-accettato-le-trattative-per-la-restituzione-dei-marmi-del-partenone/).

Riuscirà Atene a riavere i marmi del Partenone?

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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