Il Libro dei Morti di Baki e la tradizione funeraria di Deir el Medina

È questo il titolo del prossimo incontro che si terrà mercoledì 25 maggio alle ore 18 presso la sala conferenze del Museo Egizio di Torino.

Il volume della collana scientifica “Studi del Museo Egizio”. edita da Panini Editori

I frammenti del Libro dei Morti di Baki sono stati conservati per circa due secoli nei depositi del Museo Egizio. Nel 2014 è iniziata un’importante opera di restauro e ricomposizione diretta da Sara Demichelis e Elisa Fiore Marochetti della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Torino, in collaborazione con il Museo Egizio, l’Archivio di Stato di Torino e l’Istituto di Archeologia orientale del Cairo. La conferenza sarà introdotta dal Direttore del Museo Egizio Christian Greco e dalla Dirigente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino Luisa Papotti. Durante l’evento sarà presentata anche la collana scientifica “Studi del Museo Egizio” pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore, di cui l’ultimo volume è dedicato al papiro di Baki.

Il possessore di questo papiro è lo scriba Baki, “Scriba del Signore delle Due Terre” e direttore dei lavori per la costruzione della tomba di Sethi I (1323-1279 a.C. ca.) nella Valle dei Re (https://mediterraneoantico.it/articoli/egitto-vicino-oriente/il-libro-dei-morti-di-baki-di-nuovo-visibile-dopo-due-secoli/). L’importanza del papiro risiede nel fatto che esso anticipa elementi testuali e iconografici che raggiungeranno il loro massimo splendore nella tomba della Regina Nefertari, Grande Sposa Regale di Ramses II, di cui il Museo Egizio conserva un modellino in scala (n. inv. Provv. 3749).

Che il lettore non si faccia ingannare dal nome moderno Libro dei Morti. L’antico nome egiziano di questa raccolta è r3w nw prt m hrw, ovvero il Libro (o i capitoli) delluscire al giorno. E questo è il suo scopo: aiutare il defunto nel suo viaggio notturno per poter rinascere, appunto, uscendo alla luce del Sole dopo il viaggio notturno compiuto nella Duat. La redazione più antica di questo testo risale alla XVII dinastia, ma l’insieme di circa duecento formule che compongono il testo, che non si ritrovano mai tutte insieme, sono la raccolta e il risultato della rielaborazione dei più antichi Testi delle Piramidi, da cui provengono anche i Testi dei Sarcofagi. È necessario aggiungere che il Libro dei Morti rimane in voga per il resto della storia egiziana, comprese le dominazioni straniere.

Questo testo funerario può essere diviso in sezioni secondo i passi necessari per la rinascita. Si inizia con preghiere e inni che accompagnano la processione funeraria verso la necropoli, ovvero dalla riva est a quella ovest; della vittoria sui nemici da parte del defunto. Dopo la trasfigurazione, il defunto ha il potere di viaggiare nella Barca Solare e di conoscere alcuni misteri; successivamente deve tornare alla tomba per il suo giudizio nel tribunale di Osiride. Nel Libro dei Morti ci sono anche ulteriori preghiere e incantesimi che devono essere letti durante l’anno, in particolari occasioni come giorni di festa, servizio offertorio e culto funerario. Oltre ai capitoli che servono il vero viaggio notturno e quindi portano alla rinascita, ci sono anche formule magiche da usare contro animali pericolosi che i morti incontrano nel viaggio nella Duat, o incantesimi protettivi che vengono recitati mentre i vari amuleti sono posti sul corpo del defunto. La magia, usata principalmente per guarire e proteggere, è basata sulla conoscenza.

Per gli antichi egizi non si poteva compiere il viaggio notturno e rinascere alla luce del giorno senza protezione né guida: sarebbe significato morire e restare morti (https://mediterraneoantico.it/articoli/news/morire-nellantico-egitto-che-tu-possa-vivere-per-sempre-come-ra-vive-per-sempre/).

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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