Crediti: Fabienne Médard / Anatex
Le indagini archeologiche in corso nella città romana di Augustodunum (attuale Autun, Saône-et-Loire) e nella sua necropoli tardoantica, situata nei pressi della chiesa paleocristiana di Saint-Pierre-l’Estrier, da parte dell’INRAP (Istituto Nazionale francese di Ricerca Archeologica Preventiva) in collaborazione con il Servizio Archeologico della città di Autun, iniziati nel 2020, hanno portato alla luce più di 230 sepolture, databili tra il III e il V sec. d.C. Allo stato attuale delle ricerche, quelle di IV sec. d.C. sono in quantità maggiore. Tra queste, in una bara di piombo, è stato rinvenuto un drappo funebre color porpora, ricamato con fili d’oro.

Nel corso del tempo, la bara si è riempita di terra e il drappo, che doveva coprire il corpo del defunto fino al collo, si è amalgamato con essa. Gli archeologi, per recuperare le fibre evitandone il degrado, hanno dovuto refrigerare il terreno in cui è stato rinvenuto il drappo, sottoposto poi all’esame della tomodensiometria presso il laboratorio Cetso di Rennes. Per estrarre le fibre dal terreno, è stato necessario farlo seccare in modo lento, un processo durato circa un anno. Purtroppo le fibre organiche si sono scarsamente conservate.

Le decorazioni con filo d’oro, minuziose e precise, rimandano alla lavorazione degli arazzi e sono di tipo curvilineo presentando una trama di tipo geometrico e di tipo vegetale/floreale. Il drappo funebre rientra, probabilmente, tra i più grandi mai scoperti finora.

Il pubblico ha potuto ammirare per la prima volta un frammento del drappo funebre presso la mostra “D’un monde à l’autre – Augustodunum de l’Antiquité au Moyen Âge” (Da un mondo all’altro – Augustodunum dall’Antichità al Medioevo), tenuta al Musée Rolin Autun (giugno-settembre 2022).

La città di Augustodunum, “forte di Augusto”, fu fondata dall’imperatore nel 13 a.C. come nuova capitale degli Edui, una tribù celtica alleata dei Romani già dal 121 a.C. Essa divenne uno dei centri più importanti della Gallia possedendo ca. 7km di cinta muraria, il teatro più grande di tutta la Gallia, un anfiteatro, quartieri manifatturieri, terme pubbliche, un foro, diversi templi, luoghi per il rito cristiano, e abitazioni riccamente decorate.

La necropoli tardoantica ha restituito un quadro variegato dei suoi abitanti essendo stati portati alla luce mausolei, sepolture a tegole, sarcofagi in arenaria e bare in piombo. Una diversità che comprende anche il credo religioso, quale si evince dalle fonti letterarie, nelle quali sono nominati, agli inizi del IV sec., sia gli dei che Cristo. Tra gli oggetti rinvenuti, spilloni in ambra, vaghi in vetro colorato, fibbie in rame, ornamenti per capelli, altri frammenti di stoffa di colore violaceo, forse porpora, e un’eccezionale coppa diatreta, contenitore di vetro di lusso in uso dal IV sec. d.C., di cui si conservano, in tutto, una cinquantina di esemplari contando sia i frammenti che i rarissimi esemplari integri.

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