Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita.
Inizia il 7 aprile del 1300 il viaggio di Dante Alighieri all’Inferno. La data non è casuale. Si tratta non solo del primo giubileo della Chiesa cattolica indetto da papa Bonifacio VIII e vissuto come inizio di una nuova età, ma è anche l’anno intermedio fra i 6500 anni passati dalla creazione di Adamo e i 6500 futuri prima della fine del mondo. È certo il collegamento della data di inizio del viaggio con la Pasqua, dati i forti valori legati al periodo della festa, intesa come rigenerazione primaverile ma soprattutto come riscatto dalla morte di tutta l’umanità. Resta in discussione se si tratta della Pasqua, che nel 1300 cade nella domenica 10 aprile, o di domenica 27 marzo, anniversario della creazione di Adamo, del concepimento e della morte di Cristo nonché primo giorno dell’anno a Firenze dove si contava non dalla nascita di Cristo, ma dal suo concepimento.
La durata del viaggio è comunque di una settimana:
dalla sera di giovedì a quella del venerdì nella selva oscura;
dalla sera di venerdì a quella di sabato nell’Inferno (meridiano di Gerusalemme)
dalla mattina di sabato a quella di domenica, salita alla spiaggia del purgatorio;
dalla mattina di domenica a mezzogiorno di mercoledì, purgatorio;
dal mezzogiorno di mercoledì al mezzogiorno di giovedì ( secondo altre versioni fino alla mezzanotte), paradiso.
Dante si trova all’età di 35 anni (nel mezzo del cammin) ad affrontare un viaggio interiore, sia letteralmente sia secondo l’allegoria morale; ma contemporaneamente, attraverso la sua esperienza, è un viaggio che compie anche l’intera umanità nel suo sviluppo storico e nelle sue vicende attuali. Dante, inoltre, si trova nella duplice veste di protagonista narratore delle vicende e di uomo che dal peccato si innalza verso Dio, migliorando progressivamente la sua vista spirituale. Ma prima di giungere al sommo cospetto divino, il viaggio che dovrà affrontare sarà periglioso. Ecco cosa gli spetterà all’Inferno. L’Inferno, nell’idea dantesca ma anche medievale, è concepito come una voragine a forma di tronco rovesciato, una sorta di imbuto volto verso il centro della Terra, in cui i dannati sono distribuiti in cerchi sempre più stretti man mano che si scende verso il basso e aumenta la gravità del peccato che li ha condannati. Dopo aver superato, con l’aiuto della guida Virgilio, l’opposizione di tre fiere – lupa, lonza, leone- Dante, passa all’Antinferno, dove sono gli ignavi, i quali “visser sanza ‘nfamia e sanza lodo” e poi nel primo cerchio, dov’è collocato il Limbo. Qui sono collocati coloro che sono morti senza aver ricevuto il battesimo e i grandi spiriti dell’antichità che sono vissuti prima della nascita di Cristo. Tra il secondo e il quinto cerchio sono puniti gli incontinenti, cioè coloro che non sono riusciti a frenare le loro passioni (lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi, accidiosi). Il sesto cerchio ospita gli eretici e gli epicurei. Nel settimo, diviso in tre gironi, si trovano i violenti contro il prossimo (omicidi, predoni), contro se stessi (suicidi, scialacquatori), contro Dio, natura, arte (bestemmiatori, sodomiti, usurai). L’ottavo cerchio è diviso in dieci bolge e accoglie i fraudolenti che ingannarono chi non si fidava di loro, divisi in diverse categorie. Il nono, infine, racchiude quattro zone di traditori: la peggior specie di fraudolenti che ingannarono chi riponeva in loro fiducia, ossia i parenti, la patria, gli ospiti, i benefattori. Al fondo del nono cerchio, confinato al centro della Terra, Lucifero, traditore di Dio che con le sue tre bocche fameliche stritola Giuda, il traditore di Cristo per eccellenza e quindi della Chiesa, Bruto e Cassio, traditori di Giulio Cesare, cioè dell’istituzione politica.