© Soprintendenza Speciale Roma / RAI Storia

Gli scavi condotti dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma in collaborazione con l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, iniziati nel 2020, nell’area pertinente Palazzo della Rovere, sede dell’Ordine, tra il Mausoleo di Adriano (Castel Sant’Angelo) e la basilica di San Pietro, hanno portato alla luce i resti del teatro di Nerone.

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Imperatore eclettico, Nerone era poeta, musicista e attore, come ci tramandano Svetonio e Tacito. Celebre il suo debutto nel teatro di Neapolis nel 62 d.C. dove, durante la sua performance, ci fu una violenta scossa di terremoto: gli dei lo stavano applaudendo.

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Ritornando all’importantissima scoperta, l’area indagata presenta una frequentazione che va dall’età repubblicana al XV secolo. Ciò significa che si aggiunge non solo un tassello alla storia di Roma antica ma anche a quella di Roma medievale.

Capitello in marmo. © Soprintendenza Speciale Roma / Artribune

Del teatro neroniano, al momento, sono emerse la parte sinistra dell’emiciclo che componeva la cavea con le sue gradinate, la scenæ frons, ovvero lo sfondo architettonico del palcoscenico romano, decorazioni a stucco in foglia di oro, colonne di marmo pregiato elegantemente lavorate, ambienti di servizio, probabilmente utilizzati dagli attori e come depositi per scenografie e costumi.

Stucco con foglie d’oro. © Soprintendenza Speciale Roma / Artribune

Sarebbe la qualità dei materiali rinvenuti ad avvalorare l’ipotesi che il teatro rinvenuto sia quello fatto realizzare dall’imperatore, in un’area utilizzata anche da Caligola per la costruzione del circo. Questa sponda del Tevere, di fronte al Campo Marzio e al Mausoleo di Augusto, era utilizzata soprattutto dalle grandi ville romane, ed era collegata tramite un ponte i cui resti sono riaffiorati a giugno 2022 a causa della siccità (qui il nostro articolo).

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Oltre alle strutture architettoniche connesse all’epoca del primo impero romano, i reperti portati alla luce, come accennato, sono composti da manufatti di epoca medievale, come oggetti in osso lavorato, matrici per rosari, insegne di pellegrinaggio, vasellame e brocche in ceramica, nonché calici di vetro.

Calice in vetro. © Soprintendenza Speciale Roma / Artribune

Questi, sono elementi da ricondursi non solo alla pietà dei pellegrini che andavano in visita alla tomba di San Pietro, ma alla struttura della Schola Saxonum, tra i più antichi edifici realizzati per accogliere i pellegrini: come specificato dalla Soprintendenza Speciale Roma, dal X secolo questa zona si dota di edifici manifatturieri e produttivi connessi ai grandi pellegrinaggi che coinvolgono tutti i luoghi della cristianità in epoca medievale. Significative sono le insegne di pellegrinaggio del Volto Santo di Lucca e della Santa Vergine di Rocamadour, e una fiaschetta a forma di gallo da collegarsi ai simboli di San Pietro.

Le insegne del Volto Santo di Lucca (sn) e della Santa Vergine di Rocamadour. © Soprintendenza Speciale Roma / Artribune

I manufatti rinvenuti verranno successivamente musealizzati ed esposti presso il Palazzo della Rovere.

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Il servizio Rai TG Lazio sulla scoperta: Roma, scoperti i resti dell’antico Teatro di Nerone

Fonte:

ANSA

Artribune

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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