È stata recentemente annunciata la fine dei lavori di restauro della cosiddetta piramide della regina Tetisheri ad Abydos da parte della missione egiziano-americana Abydos Archaeology, attualmente diretta da Matthew D. Adams (Institute of Fine Arts, New York University) e Deborah Vischak (Princeton University). Il restauro del complesso funebre rientra nel progetto di manutenzione e conservazione dell’area meridionale del sito, come sottolinea il Segretario Generale del Concilio Supremo delle Antichità Egiziane, Mostafa Waziry.

La cosiddetta piramide di Tetisheri. Crediti: Ministry of Tourism and Antiquities

Oltre a questo intervento, le ricerche archeologiche hanno portato alla luce altre strutture funebri e abitative, cronologicamente pertinenti al regno di Ahmose I, nipote di Tetisheri, a testimonianza, probabilmente, degli operai che lavorarono al complesso piramidale del sovrano. Necropoli dei primi sovrani egiziani, Abydos è stata oggetto, nel corso dei secoli, di molti interventi di architettura cultuale da parte dei re egiziani, come contributo a quello che era considerato uno dei luoghi di culto più sacri nelle Due Terre, essendo patria del dio oltremondano Osiride. Si devono a David O’Connor, scomparso ad ottobre scorso (qui il nostro articolo), e a William Kelly Simpson (1928-2017) le prime sistematiche indagini su questo sito archeologico.

L’area meridionale del sito di Abydos con la piramide di Ahmose I. Si notino, a sinistra, le strutture satelliti del complesso (più in basso la pianta schematizzata). Da Google Maps

L’area pertinente il complesso monumentale collegato a Tetisheri (1590-1540 a.C. ca.) e al nipote, il sovrano Ahmose I (1550-1525 a.C. ca.), furono indagati, tra il decennio degli anni ’90 e i primi anni 2000, nell’ambito dell’Oriental Institute Ahmose and Tetisheri Project, guidato da Stephen P. Harvey.

Pianta schematizzata del complesso piramidale di Ahmose I. Crediti: TourEgypt

Il primo ad aver individuato la piramide e il complesso piramidale di Ahmose I fu il britannico Arthur C. Mace (si, uno dei membri dell’équipe di Carter a lavoro nella tomba di Tutankhamon) nel 1899, insieme ad una serie di manufatti, tra cui una stele di epoca amarniana, in cui il sovrano è rappresentato con il re Ahmose I e la consorte, la Grande Sposa Reale Ahmose-Nefertari, divinizzati.

Successivamente, tra il 1902 e il 1903, Charles T. Currelly dell’Egypt Exploration Fund portò alla luce una serie di monumenti sui cui mattoni di fango era impresso il nome di Ahmose I. Un importante ritrovamento effettuato da Currelly riguardava una stele dedicataria (CG 34002) di ca. 2m, in cui Ahmose I e Ahmose-Nefertari stabilivano un complesso piramidale con fondazione economica per la nonna, la regina Tetisheri. Quest’ultima, sovrana della fine della XVII dinastia di sangue non reale, ebbe un ruolo politicamente rilevante, come le regine Ahhotep I e Ahmose-Nefertari, e le venne tributato un culto, in quanto antenata femminile della XVIII dinastia, da Ahmose I.

Stele di Ahmose I che onora la nonna, la regina Tetisheri (CG 34002). Crediti: Paul James Cowie (Pjamescowie)/Wikicommon-derivative work

Ahmose I, fondatore e primo sovrano della XVIII dinastia, fece realizzare ad Abydos una serie di complessi monumentali ed edifici dedicati ai membri della sua famiglia e ai guerrieri che avevano combattuto al suo fianco durante la “rivalsa tebana”, che portò alla riconquista dei territori a nord in mano agli Hyksos, e a sud sotto il dominio dei Nubiani, con conseguente riunificazione del Paese sotto un unico potere centrale con sede a Tebe (moderna Luxor).

Le ricerche condotte da Harvey, anche con l’uso delle indagini magnometriche, evidenziarono un recinto in mattoni di 90x70m e al suo interno, in tre angoli, altre strutture più piccole (ca. 5x8m). Interessante notare che la stele dedicata alla regina Tetisheri da Ahmose I e Ahmose-Nefertari menziona la presenza di una piramide (mr, [mer]) e di un recinto (ḥwt, [hut]). Secondo i dati dell’Ahmose and Tetisheri Project, i resti rinvenuti sarebbero il basamento di una piramide alta 28m e con un’inclinazione di 63°. Tuttavia, quella di Tetisheri non si tratterebbe di una piramide ma di un cenotafio. La regina sarebbe stata sepolta a Tebe, e la sua mummia andrebbe forse identificata con la “sconosciuta donna B”, rinvenuta nella cachette reale DB 320 (chiamata anche TT 320), sulle cui bende è riportato il nome Tetisheri.

Fonti:

Abydos Archaeology

Harvey, S. P.: Abydos, in The Oriental Institute 2002-2003, Annual report

Djed Medu/Mattia Mancini: Abido, Restaurata la piramide della regina Tetisheri

The Tetisheri Pyramid Excavation and Conservation Project 

Shaw, I. – Nicholson, P.: Tetisheri, in The Illustrated Dictionary of Ancient Egypt, Cairo 2008, pp. 324-325.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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