I tragici eventi del febbraio 2023 sono ancora tristemente vividi nella memoria di tutti: le immagini di interi quartieri di abitazioni crollate a causa del terremoto che ha colpito la Turchia sud-orientale, la Siria settentrionale e il Kurdistan occidentale hanno ricordato alla popolazione italiana tragici e purtroppo numerosi avvenimenti analoghi, come quelli di L’Aquila e Amatrice. Particolarmente toccato da questa vicenda, sia per l’assonanza con le sventure nostrane, sia per il coinvolgimento diretto di amici e conoscenti nel dramma, chi scrive ha preferito finora evitare approfondimenti circa la situazione del patrimonio culturale di quei luoghi, rispettando il lutto e i dolori delle persone coinvolte.

A mesi di distanza, tuttavia, con la ripartenza delle missioni archeologiche, è possibile dare conto della reazione degli abitanti e della situazione dei beni storico-archeologici di quella che è stata forse la città maggiormente colpita dal sisma: Gaziantep.

Come prevedibile, i segni della tragedia sono ancora evidenti. Il castello a difesa della cittadella, già di Età Romana, è collassato in più punti. Le sue macerie giacciono tuttora lungo le pendici del colle, a triste monito di quanto accaduto. L’accesso stesso all’intera zona è in parte interdetto per ragioni di sicurezza, e ad oggi è difficile stimare quando le mura e le torri della città potranno tornare al loro stato originale.

Il castello di Gaziantep, franato lungo le pendici della cittadella.

Altra grave ferita al petto della cultura di Antep è lo stato in cui versa il suo Museo Archeologico. L’edificio, già in parte obsoleto prima del terremoto, è percorso da crepe nelle sue strutture portanti, che ne hanno reso la stabilità così precaria da spingere le autorità cittadine alla extrema ratio: la chiusura del museo fino a data da destinarsi. Non si hanno informazioni precise sui danni riportati dal patrimonio artistico ivi esposto; voci contrastanti si rincorrono, parlando ora di distruzione di parecchi pezzi pregiati, ora di sostanziale salvaguardia dei reperti. In assenza di notizie certificate, la sensazione è che qualche danno sia effettivamente occorso, ma che il pronto intervento del personale e di specialisti accorsi dal paese abbia permesso di limitarne la portata. Non si hanno informazioni precise circa una data di riapertura, così come a proposito dello svolgimento dei lavori di messa in sicurezza o restauro completo dell’immobile; l’auspicio è che la scarsità di comunicazioni dettagliate sia segno di una volontà di riapertura a strettissimo giro.

L’ingresso del Museo Archeologico; la struttura ha subito forti danni durante il terremoto.

A notizie negative, tuttavia, se ne affiancano altre di segno nettamente opposto. Il celeberrimo Museo dei Mosaici di Zeugma, ad esempio, fiore all’occhiello della città realizzato negli ultimi anni, ha retto in maniera prodigiosa alle scosse, proteggendo quanto conteneva, ed è ad oggi non solo perfettamente fruibile, ma percorso ogni giorno da centinaia di visitatori. Qui il lavoro di chi ha in cura il patrimonio (e di chi aveva progettato gli ambienti) ha fatto sì che i segni del sisma non siano più nemmeno visibili, rendendo il luogo un’oasi di splendore artistico e serenità. Alcuni pezzi pregiati del Museo Archeologico sono stati qui trasferiti, creando piccole novità lungo i percorsi degli allestimenti.

Un esperto restauratore al lavoro sul Mosaico di Dedalo e Icaro al Museo di Zeugma. Credits to Gaziantep Zeugma Museum

Altre notizie positive giungono dalla provincia: laddove maggiormente si sono registrati danni e tragedie (i cui segni sono, ancora, tristemente visibili, con interi quartieri e villaggi rasi al suolo e giganteschi cumuli di macerie nelle periferie), i siti archeologici sembrano aver retto alle scosse. Zincirli, storico primissimo sito indagato in tutta la storia dell’archeologia del Levante, con le sue possenti mura perimetrali e i massicci edifici templari dell’Età del Bronzo, ha resistito. Qui i contraccolpi peggiori sono arrivati piuttosto dalla fame di materiale da costruzione dei villaggi circostanti, che hanno portato allo smantellamento di alcune strutture non indagate per l’erezione di muri e strutture temporanee. Nemmeno da Tilmen Höyük, sito indagato dall’Università di Bologna e sede di un virtuosissimo parco archeologico, giungono notizie negative per quel che riguarda l’integrità della città antica.

Zincirli: il sito non ha subito danni alle strutture.

Infine, il segno di più grande speranza e immediato sollievo è dato, come si accennava, dalla pronta reazione della popolazione della città. Se infatti nelle campagne sussistono tristi scenari di distruzione e grandi baraccopoli composte da tende e container, a Gaziantep le cicatrici su minareti e palazzi si accompagnano a restauri e ristrutturazioni, ora sostanziali, ora precarie, ora governative, ora amatoriali, ma tutte testimonianza della voglia di mettere al più presto la tragedia alle spalle in direzione di una nuova normalità. Emblematiche in quest’ottica le vie del bazar, attraverso le quali, nonostante qualche saracinesca abbassata tristemente di troppo, si rincorrono profumi di spezie e colori di tessuti, insieme alle voci della gente che dalla calma mattutina sfociano nel caotico e salubre vociare delle attività pomeridiane. Segnali di una comunità duramente provata, ma resiliente, che tra mille difficoltà sta tornando a mettere in moto i propri motori; con un occhio di riguardo anche alla tutela del suo patrimonio culturale.

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Giulio Vignati

Nato nel 1997, grande appassionato di storia antica e storia in generale, frequenta il Liceo Classico a Milano diplomandosi nel giugno del 2016. Si iscrive poi al corso di laurea in Lettere con indirizzo Antichista presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nell’ottobre del 2019 con una tesi in Epigrafia Latina dal titolo “Gli equites nella documentazione epigrafica di Brixia”. Passa poi al corso di laurea magistrale in Archeologia presso la medesima università, specializzandosi in storia e archeologia del Vicino Oriente Antico e conseguendo la laurea con una tesi di ambito vicino-orientale dal titolo “Produzione e circolazione di manufatti d’argento tra Anatolia e Mesopotamia Settentrionale durante il Bronzo Medio”. Dal 2020 è membro della missione italiana in Turchia PAIK, che scava presso l’antico sito anatolico di Kaniš/Kültepe, e della missione italiana nel Kurdistan Iracheno MAIPE, che scava presso gli antichi siti di Tell Aliawa e Tell Helawa, partecipando alle operazioni di scavo, documentazione e post-scavo di entrambi i progetti.
 

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