Il tempio buddhista di Barikot, crediti Università Ca’ Foscari di Venezia/ISMEO

Il tempio buddhista di Barikot è tra le finaliste dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2022 (Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum: 8ª edizione per l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2022).

Già noto dalle fonti greche e latine per essere stato assediato da Alessandro Magno con il nome di Bazira o Vajrasthana, il sito di Barikot (valle dello Swat, Gandhara) è parte della più antica missione archeologica italiana attiva in Asia, essendo stata fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci. Dal 2021 è gestita dall’Università Ca’ Foscari di Venezia con il professor Luca Maria Olivieri in collaborazione con l’ISMEO, il Dipartimento Provinciale Pakistano di Archeologia (DOAM KP) e lo Swat Museum. Lo scavo è co-finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Veduta dell’acropoli di Barikot. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia/ISMEO

L’area di Barikot presenta occupazione umana dal 1700 a.C. ca. fino al XVI sec. d.C. Gli scavi del 2021 si sono incentrati prima sull’acropoli e successivamente in un’area al centro della città antica oggetto di depredazioni clandestine. In questa zona è stato rinvenuto un tempio con podio absidato sul quale poggia una cella di forma cilindrica al cui interno si trova uno stupa. Lo stupa è un monumento buddhista il cui scopo è quello di conservare reliquie. Accanto a questo edificio più grande si trovano uno stupa minore, un podio e una cella. I gradini che conducono alla cella sono stati realizzati in tre diverse fasi costruttive, di cui la più antica andrebbe datata al I sec. d.C. secondo un’iscrizione dedicatoria ritrovata in situ, mentre la più recente è del III sec. d.C. Una serie di stanze, coeve a quest’ultima fase, portavano ad un ingresso con affaccio su un’antica strada. L’edificio fu abbandonato nel IV sec. d.C. a seguito di un terremoto.

Veduta dall’alto del tempio buddhista di Barikot. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia/ISMEO

Al di sotto di questo tempio, ne è stato rinvenuto uno più antico, il cui stupa arcaico farebbe risalire la datazione alla metà del II sec. a.C. Successivamente si è evinto che queste strutture di fase indo-greca poggiavano su fasi edilizie precedenti, la cui datazione al III sec. a.C. è stata fatta grazie ai rinvenimenti ceramici.

Le fosse scavate clandestinamente nell’area al di sopra del tempio buddhista. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia/ISMEO

A campagna di scavo terminata (dicembre 2021), gli archeologi avevano rinvenuto 2109 oggetti, tra cui sculture in pietra e stucco, terrecotte, sigilli, monili, monete, iscrizioni e vasellame, oggi conservati allo Swat Museum, ricostruito dalla Missione Archeologica Italiana dopo gli attentati del 2008, che avevano visto distrutte le reliquie buddhiste del VII sec. d.C.

Per votare il tempio buddhista di Barikot: pagina Facebook ufficiale della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Archaeological Tourism Exchange.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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