Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Calïopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d’orïental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ’l petto.
Che il viaggio di Dante si snodi all’interno del periodo pasquale è cosa ormai nota, sia per i forti valori simbolici e religiosi che la Pasqua rappresenta, Cristo con la sua resurrezione salva tutta l’umanità, sia perché la festività, cadendo in primavera, porta con sé anche un periodo generale di rigenerazione. L’unico dubbio che ancora i commentatori danteschi non sono riusciti a decifrare è se la Pasqua di Dante è quella che nel 1300 cade nella domenica 10 aprile, o di domenica 27 marzo, anniversario della creazione di Adamo, del concepimento e della morte di Cristo nonché primo giorno dell’anno a Firenze dove si contava non dalla nascita di Cristo, ma dal suo concepimento.
Nel giorno di Pasqua, Dante si trova nell’Antipurgatorio. Agli antipodi di Gerusalemme sorge la montagna del Purgatorio, formata dalla terra che creò una caverna, la natural burella, al centro del globo e che, per evitare il contatto con Lucifero, si ritirò verso l’alto. È la montagna più alta della terra, alta circa 14-15.000 metri, posta su un’isola di misure non definite, e a forma di tronco di cono. Come l’Inferno, anche il Purgatorio è ripartito in un Antipurgatorio, diviso dal Purgatorio vero e proprio da una porta custodita da un angelo; sulla vetta vi è l’Eden, il Paradiso terrestre. Il Purgatorio è diviso in sette gironi e occupa circa la metà superiore del monte, dalla spiaggia fino ad un’altezza di circa 7000 metri, dove, secondo la scienza medioevale, cessano le perturbazioni atmosferiche. Nel suo aspetto di regno non eterno ma transitorio delle anime, il Purgatorio è fisicamente molto simile alla terra. In esso sono presenti tutti gli aspetti della natura terrestre come la spiaggia, il paesaggio alpestre, il deserto o la foresta lussureggiante. A differenza dell’Inferno, dove la natura si pone come nemica dell’uomo e come elemento di punizione, qui non assume questo ruolo e, anzi, diviene segno di riappacificazione con Dio, nella suo massimo splendore rappresentato dall’Eden.
Altra somiglianza con la terra è data dalla scansione del tempo, il viaggio è impostato sulla durata del giorno.
Le anime che sostano nell’Antipurgatorio sono di coloro i quali si pentirono solo nell’ultimo istante di vita e attendono il momento in cui potranno entrare nel Purgatorio per espiare i peccati commessi. Costoro sono suddivisi in scomunicati, pigri, morti di morte violenta, principi negligenti. Una volta giunti nel Purgatorio, i peccatori scontano le loro colpe in un cammino penitenziale ascensionale che va dalla base della montagna verso il vertice. La purificazione procede partendo dal più grave dei setti peccati capitali, la superbia, secondo un ordine inverso rispetto all’Inferno (superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola e lussuria). Inoltre, mentre nell’Inferno i dannati subiscono la pena per il più grave dei loro peccati, qui le anime sostano in ogni cornice, affrontando una penitenza diversa per ciascuna delle loro colpe. Per entrare in Paradiso, l’anima deve avere scontato tutta l’espiazione e deve purificarsi completamente. Alla fine, la salita porta in cima al monte, in una selva amena e non oscura, dove ha sede il Paradiso terrestre. Qui le anime si immergono nelle acque del Letè e dell’Eunoè, ed è qui che Virgilio, simbolo della ragione umana, si congeda da Dante. Il poeta latino è un non cristiano e non è più idoneo a guidare Dante nell’ultima parte del viaggio; a questo punto subentra Beatrice, simbolo della Grazia di Dio. Come nei cerchi dell’Inferno si incontrano varie figure demoniache con specifiche funzioni, nel Purgatorio ogni girone è guardato da un angelo; e come nell’Inferno, anche nel Purgatorio vige la legge del contrappasso, che regola la forma della pena fisica subita dagli espianti. Il contrappasso ( il termine è in Inf., XXVIII,142) ricorda la legge biblica del taglione, e prevede una sofferenza direttamente misurata in base alla colpa commessa. Esso impone un comportamento analogo o antitetico a quello che caratterizzava il peccato commesso. Anche nel Purgatorio le anime si presentano a Dante con sembianza corporea, ossia con la fisionomia che avevano da vivi, anche se spesso il loro aspetto è stravolto dalla sofferenza.
Il XXXIII canto del Purgatorio si chiude con un Dante nuovo; il poeta ha completato il suo viaggio di purificazione bagnandosi nelle acque dell’Eunoè. Ora è pronto a salire verso il Paradiso…
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avria sazio;
ma perché piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte.
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire a le stelle.