Nella Villa dei Quintili (RM), gli scavi hanno portato alla luce una cantina vinicola del II sec. d.C. nell’area a nord del circo utilizzato per le corse dei cavalli.

Iniziata nel 2017, la missione di ricerca archeologica è condotta da Emlyn Dodd (British School at Rome) esperto di produzione di vino e olio nell’antichità, in collaborazione con il Parco Archeologico dell’Appia Antica, di cui la Villa fa parte.

Crediti: Parco Archeologico dell’Appia Antica (foto di copertina)

Contrariamente alle già note cantine romane realizzate con pareti in intonaco a cocciopesto impermeabile, questa dei Quintili era rivestita in marmo rosso. Al suo interno sono stati rinvenuti i meccanismi di due torchi e una fontana, rivestita di marmi policromi, dalla quale scorreva il vino in canalette di marmo bianco che poi confluiva nelle giare di stoccaggio. Le stanze adiacenti si aprivano sulla cantina. Tutti questi elementi hanno fatto ipotizzare agli archeologi che non si trattasse di una “semplice” cantina, ma di un luogo dedito anche allo spettacolo della produzione del vino per intrattenere gli ospiti della Villa, nonché a degustarne il prodotto finito. Una vera e propria enoteca. Da qui, l’importanza del ritrovamento che permette di aggiungere diverse informazioni non solo all’architettura e alle funzioni della Villa, ma anche alla vita quotidiana e alla produzione vinicola romana.

La Villa dei Quintili è il più grande complesso suburbano residenziale di Roma. Questa fu confiscata da Commodo facendone uccidere i due proprietari, Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, membri di famiglia senatoria e consoli del 151 d.C. Da allora in poi è stata sede di diversi imperatori che hanno continuato ad impreziosirla.

Fonte: Parco Archeologico dell’Appia Antica

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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