di Alberto Elli

Ho conosciuto il dott. Marco Chioffi agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, quando mi ha chiesto di impartirgli le prime lezioni di scrittura geroglifica. Sono state lezioni intense e fruttuose, benché ben presto si è dimostrato un allievo dotato e volonteroso, in grado di proseguire, e speditamente, in maniera autonoma nell’affascinante dominio della lingua dell’antico Egitto.

E non sono mancati i risultati di questa passione, perché, in collaborazione con la dott.ssa Giuliana Rigamonti, sono iniziate le pubblicazioni, con cadenza annuale, di traduzioni. I due autori si sono dedicati dapprima al cosiddetto Medio Egiziano, pubblicando tre volumi dedicati alla letteratura egizia del Medio Regno (2007, 2008, 2009). Successivamente hanno spostato il loro interesse su di una fase linguistica un po’ trascurata, quello dell’Antico Regno, nella quale sono riusciti ad imporsi ben presto come cultori a livello internazionale e mettendo a disposzione degli studiosi una ricca serie di testi, tra i quali citiamo Mastabe, stele e iscrizioni rupestri egizie dell’Antico Regno, in quattro volumi; Saqqara, in due volui, con la pubblicazione di interessanti iscrizioni, come quelle di Hesi, Hetepherakhet, Metjen, Ankhmahor, Khenetika, Kaiaperu, Ptahshepeses, …; Antico Regno: im(y)t-pr, in due volumi, e i tre volumi di Antico Regno: “I Decreti Reali”, con l’interessante pubblicazione, tra l’altro, dei cosiddetti Decreti di Koptos.

Con il volume che qui presentiamo, dal titolo Wadi Hammamat I. Iscrizioni del visir Amenemhat nell’anno 2 del IV Montuhotep, i nostri due autori affrontano una serie di testi, alcuni ben noti agli amanti della letteratura egizia, risalenti agli ultimi anni del cosiddetto Primo Periodo Intermedio. Si tratta, infatti, di iscrizioni risalenti al faraone Nebtawyre Montuhotep IV (o il IV Montuhotep come preferiscono chiamarlo gli autori; non manca comunque una digressione sulla successione dei vari Montuhotep e della loro numerazione da parte degli studiosi), lasciate nello Wadi Hammamat dal visir Amenemhat, che probabilmente, alla morte del suo sovrano, salirà a sua volta sul trono, dando origine alla XII dinastia e al periodo storico noto come Medie Regno.

Inviato nello Wadi Hammat dal faraone per prelevare un blocco di pietra da utilizzarsi quale coperchio del proprio sarcofago, Amenemhat, conscio dell’importanza della spedizione e della propria perizia per aver organizzato in maniera perfetta una simile spedizione in un luogo desertico, ha lasciato ai posteri una serie di iscrizioni per celebrare agli occhi dei contemporanei, ma anche a quelli di noi posteri, le principali fasi di questa complessa operazione.

La prima isceizione, probabilmente la più nota, narra come la scelta della pietra destinata a diventare il coperchio del sacrcofago del faroone fosse stata confermata da un “prodigio” che vi si era verificato: una gazzella incinta era venuta a partorire proprio su quella pietra, evento considerato come un’approvazione divina. La povera bestia, tuttavia, fu sacrificata agli dei locali.

Altre due iscrizioni furono incise alcuni giorni dopo e contengono importanti notizie sulla spedizione. Sappiamo così che essa era composta a diecimila persone – scalpellini, artigiani, minatori, scultori, disegnatori, lavoratori del metallo, … – “scelti dal meglio di questa terra intera”. Il rango del capo della spedizione, il visir Amenemhat, è indicato dal fatto che il suo nome è preceduto da un impressionnte serie di ben 31 fra titoli onorifici e cariche ricoperte. E non è difficile immaginare le difficoltà per organizzare in maniera sicura lo spostamento e il mantenimento di una simile massa di uomini in zona desertica. E di questo era conscio lo stesso vizir, che così scrive con malcelato orgoglio: “Ed è senza alcuna perdita, senza che un uomo fosse perito né che si fosse smarrita una squadra di lavoratori, senza che fosse morto un asino o che fosse danneggiato n operaio che la spedizione è ritornata!”.

Una successiva iscrizione, scritta sempre in quei giorni, parla di un altro evento prodigioso: la scoperta, grazie al dio Min, il dio della regione e dei temporali, di una grande cisterna d’acqua: “si udì un tuono, fu vista la manifestazione di questo dio e si rivelò la sua potenza al popolo dei Rekhit. Il deserto si trasformò in alluvione, lacqua penetrò a causa dell’irregolarità della pietra e si trovò un pozzo nel mezzo della valle, di cieci cubiti per dieci cubiti, riempito d’acqua sino ai bordi, pura e mantenuta limpida contro l’abbeveraggio delle gazzelle”. Non è certo difficile immaginare l’importanza della scoperta di una tale riserva d’acqua in pieno deserto!

Terminato il lavoro di estrazione del blocco di pietra e compiuti i sacrifici di rito, questa pietra fu trasportata nella Valle del Nilo. Una breve iscrizione ricorda il completamente dei lavori: “Discesa del coperchio di questo sarcofago di pietra, un blocco di 4 cubti per 8 cubiti per 2 cubiti come era uscito dai lavori. Furono sacrificati vitelli, macellate capre e fu messo incenso sul fuoco mentre una spedizione di tremila marinai dei distetti del Delta lo scortavano in pace verso l’Egitto”.  Può sorprendere la presenza di marinai in pieno deserto, ma si trattava di uomini in grado di eseguire tutta una serie di complicati nodi con le corde per assicurare il preziose carico e permetterne il periglioso trasporto.

Un’ultima iscrizione, sempre datata a Montuhotep IV, nomina un certo Sankh, un comandante militare, che ci narra come, alla non più verde età di 60 anni, supervisionò le forze militari presenti in questa regione desertica (come ben si sa la strada che passava per lo Wadi Hammamat metteva in comunicazione la Valle del Nilo con la costra del Mar Rosso, nei pressi dell’attuale al-Qusayr, ed era quindi militarmente importante e, pertanto, custodita), le rifornì e compì importanti lavori agricoli e di iriigazione.

Di tutte queste iscriioni viene fornita un’accurata trascrizione geroglifica, con una dettagliata – come marchio caretterisitco dei nostri due autori – trattazione grammaticale, che giustifica la traduzione presentata.

Ci auguriamo che presto possiamo avere a disposizione altri testi che ci consentono di meglio apprezzare la ricca documentazione che gli Egiziani ci hanno lasciato e di conoscere sempre più appfonditamente la complessità e la bellezza della loro lingua.

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