Un’occasione unica, quasi irripetibile quella che mi ha vista partecipare all’evento organizzato dal Museo Archeologico “Antonio Salinas” di Palermo, dove è stato presentato il catalogo della mostra “Nutrire la città. A tavola nella Palermo antica” e dove il Professor Osanna, Soprintendente di Pompei, è stato invitato a tenere una conferenza dal titolo “Pompei: di natura e d’invenzione . Giardini, nature morte e cibi carbonizzati”. Un pubblico entusiasta e numeroso ha risposto positivamente all’iniziativa ed è stato intrattenuto per più di un’ora con i racconti “paradisiaci” degli affreschi sulle nature morte e sui giardini che adornano le ville vesuviane. L’occasione però, dopo i tradizionali saluti istituzionali, ha dato la possibilità al Soprintendente di fare un punto sulla situazione del Grande Progetto Pompei.
Tante sono le novità presentate che vedono ,oltre ad un allungamento dei tempi di spesa e progettazione fino al 2019, numerose iniziative per questo 2016. Il 15 Marzo riapriranno al pubblico 5 nuove domus e una serie di mostre sono state organizzate con varie istituzioni nazionali e non; tra queste sicuramente spicca la tappa campana di “Mito e Natura” che tanto successo ha avuto nella precedente sede di Palazzo Reale a Milano in occasione di EXPO 2015. Il tema è quello della natura, molti sono i mosaici e gli affreschi con scene di ville e paesaggi che documentano il lusso delle ville campane. Tra questi, celebri e bellissimi sono gli affreschi della ”Casa del bracciale d’Oro” che lanciano un nuovo genere pittorico, quello delle nature morte. Il cibo oltre a divenire soggetto di pittura è anche uno dei reperti che maggiormente abbonda nei magazzini della Soprintendenza e che è diventato motivo di fascino non solo per la qualità della conservazione ma anche perché mette in dubbio la data dell’eruzione del 79 d.C. Le correnti di pensiero vedono infatti studiosi propendere per un’eruzione nel mese di agosto, quella tramandata anche dai codici, ma molti con la presenza delle melagrane e della vendemmia già ultimata propongono una data più tarda, verso il mese di ottobre. Pompei quindi è si un cantiere, ma ha restituito attraverso i lavori effettuati tesori meravigliosi grazie alle varie operazioni di restauro degli affreschi delle domus, non da ultimo sono tornati alla luce i meravigliosi colori originali delle celebri scene misteriche nella Villa dei Misteri .La Pompei del Grande Progetto vuole aprirsi sempre più alla fruizione creando anche percorsi speciali per disabili e anziani che sono stati finora impossibilitati a visitare questo complesso sito archeologico. Il progetto si chiama “Pompei per tutti” e oltre alla creazione di questi speciali percorsi ha dato possibilità, attraverso gli scavi dei marciapiedi, di restituire nuove informazioni sulle fasi più antiche della città.
Prima della conferenza ho avuto modo di essere accolta dalla Direttrice del Museo Salinas, Francesca Spatafora, che ringrazio per la disponibilità e la gentilezza che ha rilasciato per Mediterraneo Antico questa intervista :
La presenza del prof. Osanna sarà motivo di future collaborazioni con Pompei?
Si ,questa è stata un’occasione particolare un po’ anche per riannodare questi rapporti che ci legano a Pompei da epoca borbonica. Speriamo che questa serata possa avere anche degli sviluppi futuri , sia con passaggi di materiali , quindi con l’esposizione di reperti che possono rientrare a Pompei per future mostre temporanee o anche da Pompei ricevere qualcosa per esporre qui al Museo . Ci auguriamo quindi che questo possa avere davvero uno sviluppo futuro .
La mostra “Nutrire la città. A tavola nella Palermo antica” ha avuto grandissimo successo con tanto di proroga, si aspettava questo boom tenendo conto che l’archeologia in Sicilia è un po’ sopita?
Da molti anni si aspetta la riapertura del Museo e ogni occasione che viene offerta al pubblico viene accolta con molto entusiasmo. C’è pure la centralità del luogo dove passano molti turisti che entrano e hanno la possibilità di visitare la mostra . Il 2015 lo chiamerei l’anno dei Musei, perché non si è mai parlato così tanto di musei ,nel bene e nel male . Ricordiamo la citazione del Papa che parla dei musei come di strutture aperte e di accoglienza , o la riforma Franceschini con il rilancio di queste istituzioni , con il valore che si è restituito a molti di questi grazie anche all’autonomia.
Come nasce questa mostra?
Il 2015 è stato l’anno dell’EXPO e siamo stati spinti a creare iniziative inerenti al tema del cibo . Avevo previsto di fare una mostra su Palermo antica semplicemente, poi nel momento in cui è sorta questa spinta verso il tema dell’alimentazione ho pensato di vedere Palermo attraverso questa angolazione, che rappresenta benissimo questa commistione culturale, tipica della nostra città. Palermo è una città aperta dove si sono incontrati tanti popoli, dove c’è stata una convivenza in vari periodi della sua storia, dall’età più antica fino al periodo arabo-normanno , ricostruendo quindi la storia attraverso il cibo.
In che stato versano i musei?
L’autonomia ai fini di una propria gestione più snella, di una loro valorizzazione più piena credo sia un fatto assolutamente positivo , però io cercherei un meccanismo per legare i musei alle Soprintendenze non dal punto di vista della direzione o della gestione, ma attraverso uno sbocco per le ricerche che si svolgono sul territorio , perché altrimenti si rischia di avere i musei immobili con le loro collezioni e le Soprintendenze risultare delle fortezze che non hanno degli spazi espositivi dove poter valorizzare i reperti dei nuovi ritrovamenti.
Il Museo Salinas è un museo archeologico, che rapporti ha con le Università?
Noi facciamo decine di tesi di laurea, i docenti dell’università di Palermo collaborano con noi ma anche altre università . C’è una grande attività di ricerca per i materiali del museo . Il limite della riforma del MIBACT non sta nel fatto di avere dato autonomia a questi istituti , perché secondo me è l’unica soluzione per potersi sviluppare , ma non hanno trovato un meccanismo per far rimanere la ricerca legata al museo , perché la ricerca deve avere poi uno sbocco di valorizzazione ed è giusto che lo abbia nel museo di ambito territoriale più ampio possibile.
Nell’era dei social quale strategia comunicativa deve avere un museo?
La strategia studiata è quella dell’apertura anche se siamo chiusi fisicamente. Attraverso una serie di messaggi giornalieri in cui soprattutto facciamo vedere oggetti delle nostre collezioni cerchiamo di raccontare delle storie , non delle semplici didascalie per lo più incomprensibili a quelli che non sono del settore , ma ci sforziamo grazie a tutti i nostri archeologi e a tutto il personale che opera dentro al museo di fare delle schede in cui viene raccontata la storia di quel reperto attirando così pubblico , anche se la struttura è temporaneamente chiusa.
Cosa dovremmo aspettarci alla riapertura?
Non ci dobbiamo aspettare effetti speciali, perché noi abbiamo delle collezioni straordinarie senza dover ricorrere ad effetti strategici . C’è troppo abuso di virtuale e vorrei dare la giusta attenzione al reperto , dando anche un apparato didattico comprensibile alla maggior parte della gente che visiterà il museo , che non è fatto di archeologi che eventualmente potranno avere accessi ad altri livelli, ma fatto di gente comune.
Anche Massimo Osanna, Soprintendente e Professore di Archeologia Classica , si è fermato con me a parlare prima della conferenza in maniera più ampia del Grande Progetto Pompei che da quasi 2 anni lo vede protagonista del rilancio del sito vesuviano più famoso al mondo .
Prof. Osanna, da quando è Soprintendente è la prima volta che viene in Sicilia a parlare di Pompei… a Palermo tra l’altro che ospita alcuni prestigiosi reperti… la sua presenza sarà motivo di future collaborazioni con il Salinas?
Spero che la Direttrice abbia risposto di si perché ci tengo molto a questa collaborazione. Tra l’altro il Museo Salinas ospita dei materiali pompeiani straordinari, a cominciare dal famoso bronzo di Eracle e la Cerva di Cerinea che mi piacerebbe portare a Pompei temporaneamente per una mostra e poi mi piacerebbe puntare anche qui a delle mostre temporanee su Pompei, quindi siamo impazienti della riapertura proprio perché si possano attivare delle belle collaborazioni tra queste due istituzioni.
È a capo della Soprintendenza da quasi due anni, che esperienza è stata fino ad ora?
È un’esperienza faticosa innanzitutto, ma allo stesso tempo anche esaltante perché in fondo in questi due anni ho visto veramente cambiare Pompei ; ovviamente non è merito mio o solo mio, ma è merito anche di una equipe che ha funzionato e non è solo quella dei tecnici della Soprintendenza , ma anche lo staff del Grande Progetto Pompei. Per la prima volta ci sono state due strutture che hanno funzionato nel dialogo, quella diretta dal Generale Nistri che era il direttore generale del GPP e la Soprintendenza a cui si sono affiancati anche 20 professionisti della segreteria tecnica voluta dalla legge speciale per Pompei da Franceschini , e poi tutto il personale che abbiamo assunto a tempo determinato grazie ad un accordo con la società in house del Ministero che si chiama Ales, che sono finalmente operai che ci permettono anche di avviare la manutenzione ordinaria. In primis restauratori. In un posto come Pompei è assurdo che ci siano solo tre restauratori, ne abbiamo assunto altri sei e con loro si fanno dei lavori davvero straordinari , proprio perché sono quotidianamente sul campo e possono supplire a tutte quelle emergenze che un sito come Pompei offre quotidianamente. Quindi diciamo che è stata una struttura solida che ha funzionato e questa volta ha funzionato anche l’approccio del governo dove non si sono avute misure straordinarie come commissariamenti , ma si è voluta fornire la Soprintendenza di quelle risorse di personale adeguato senza il quale nessun progetto può essere portato a buon fine.
In una realtà come Pompei che trova il mondo accademico scontrarsi con una realtà complessa come quella campana, non da ultimo le reticenze del sindaco e dei politici locali nel non volere un sistema ferroviario adeguato all’importanza del sito, come si trova a dialogare la città antica con le istituzioni moderne?
È una situazione complessa, io sono un ottimista di natura e poi credo molto nei rapporti umani oltre che in quelli istituzionali. Ho cercato di instaurare con le autorità che operano nel territorio un rapporto costruttivo . Anche per la questione dell’ hub ferroviaria mi sembra che adesso anche da parte delle istituzioni che operano sul territorio si stia prendendo una nuova direzione , più conciliante con le esigenze del sito. Non si può rinunciare ad una possibilità di avere un’alta velocità che arriva di fronte agli scavi, con la stazione che tornerebbe dove era già nell’800 , da dove era stata spostata negli anni ’50 per privilegiare il Santuario rispetto agli scavi e tra l’altro poco usata dai pellegrini, che arrivavano ed arrivano in pullman o con altri mezzi . Quindi una stazione tutto sommato poco usata quella di Pompei e che avrebbe più senso se fosse in prossimità degli scavi, dove arrivano tre milioni di persone all’anno , con grandi disagi per quelli che arrivano singolarmente. La circumvesuviana è uno strumento molto folkloristico però non adeguato alle esigenze di oggi, e poi in un luogo che è stato quello della prima ferrovia Napoli/Portici sembra proprio assurdo che non si colga questa occasione di aprirci alla contemporaneità. A parte questo il nodo resta veramente il territorio, massacrato nel corso dei decenni scorsi e in particolare a partire dal dopoguerra ; un territorio fra i più belli del mondo, come si legge nei resoconti dei viaggiatori del 700, ma che ancora fino agli anni ’50 era un paradiso. Purtroppo la politica del territorio è stata devastante e si è salvato solo, e nemmeno tutto, ciò che è stato vincolato dalle Soprintendenze; quindi un’opera c’è stata, di tutela, e le uniche isole che si conservano di questo territorio sono proprio quelle salvate dall’archeologia.
Questa nuova primavera pompeiana porterà a nuove collaborazioni con altre Università italiane oltre ai team stranieri che collaborano già da tempo?
La cosa che mi ha fatto proprio piacere, sulla scia di questo cambiamento negli ultimi due anni, è che molte università si sono proposte nel portare non solo le proprie ricerche su Pompei che negli anni ‘90 avevano caratterizzato particolarmente il suolo pompeiano, ma nel voler collaborare a questa nuova “rinascita” mettendo le proprie professionalità a disposizione della Soprintendenza , per cui abbiamo fatto accordi con la Federico II per un progetto interdisciplinare dove partecipano ingegneri, geologi, architetti oltre che archeologi , per tutto un settore di Pompei . Un altro accordo lo abbiamo fatto con l’Università di Padova sempre per un approccio interdisciplinare che coinvolge tutte le professionalità e con loro stiamo davvero lavorando in quelle aree di criticità rimaste ,che nonostante il GPP, hanno ancora problemi seri da risolvere, per esempio quello dei fronti di scavo esterni, per quelli interni abbiamo un progetto in bando adesso, spero che si chiuda la gara al più presto. Resta invece proprio da fare il progetto per la messa in sicurezza del fronte meridionale sotto il teatro e il foro triangolare fino al tempio di Venere , una zona molto complessa in cui collabora l’Università di Padova. Con Napoli stiamo lavorando sul fronte dell’Insula Occidentalis, che è un’altra zona invasa da vegetazione dove ci sono le ville che si affacciavano sul mare ; e poi ancora abbiamo progetti con la Sapienza , con la Seconda Università di Napoli, con il Politecnico di Bari, con l’Istituto archeologico Germanico. Sono tutte convenzioni avviate e poi con il Laboratorio di restauro della Venaria, con cui abbiamo uno scambio molto interessante. Gli studenti vengono da noi e poi noi mandiamo a loro anche i reperti da restaurare che usano per le tesi di laurea. Abbiamo mandato loro i reperti di Pompei che furono bombardati nel ’43, che erano ancora in magazzino così come erano stati estratti dalle macerie, in modo da poterli esporre entro breve tempo. È bello restituire anche questi oggetti che erano rimasti così a lungo nei magazzini ancora danneggiati.
Si era parlato tempo fa di una Scuola archeologica in collaborazione con la scuola di Atene… può dirci di più?
Abbiamo poco lavorato sui contenuti, anche perché si stava elaborando al Ministero un percorso che si chiamerà “ Scuola del Patrimonio” e che dovrebbe essere un post specializzazione o un dottorato , che è una sorta di scuola/concorso a numero chiuso, per cui chi riesce ad entrare trova anche uno sbocco professionale. Si pensava di agganciare quindi la scuola di Pompei a questo percorso di Scuola del Patrimonio e avviare anche collaborazioni istituzionali tra Pompei ed Atene per dare la possibilità di fare stage anche a chi fa la scuola lì, gli studenti avrebbero così da studiare aspetti più specifici che si possono trovare a Pompei e non.
Ercolano diventerà presto un parco archeologico autonomo, ma alla Soprintendenza Pompei spetta la tutela anche dei siti di Stabia e Oplontis . Che progetti ci sono in corso per rivalutarli?
Mentre su Pompei posso dire con cognizione di causa che la situazione va molto bene, per quanto riguarda Oplontis e Stabia siamo ancora agli inizi di un percorso; sono luoghi straordinari ma che hanno problemi non solo di conservazione ma soprattutto di fruizione. Non ci sono mezzi adeguati che permettono di raggiungere i siti e un altro problema ,soprattutto a Stabia, è che da alcuni decenni è molto radicato un intenso abusivismo che rende la situazione molto complessa. L’azione che abbiamo fatto anche in collaborazione con il Dott. Foglietta, il direttore generale, è quella di risolvere dei contenziosi di chi aveva fatto abusi e aveva poi ricorso al TAR. Queste situazioni si erano trascinate a lungo per mancanza anche di un serio ufficio legale; ci siamo impegnati allora a risolvere tutte quelle cose lasciate un po’ in sospeso da anni e devo dire che questo fronte sta andando molto bene; lì il lavoro da fare è davvero enorme .
Quanto è importante una buona comunicazione per un sito come Pompei che fa sempre notizia ?
Quando sono arrivato ero un po’ preoccupato perché ogni giorno ero sui giornali, con cose peraltro catastrofiche. Abbiamo lavorato molto sulla comunicazione perché è importante far sapere quello che di positivo si è fatto, e va comunicato bene per evitare incomprensioni e fraintendimenti. Ho avuto un riscontro positivo anche nel dare notizia delle scoperte avvenute nel sito, informazioni che prima rimanevano solo nel circolo degli specialisti . Fare comunicati stampa e convocare i giornalisti come abbiamo fatto per le TAC ai calchi o le scoperta della tomba Sannitica, si è rivelata essere un’ottima scelta. Non sono informazioni che devono rimanere nella cerchia degli addetti ai lavori, ma piuttosto devono essere diffuse perché Pompei è un sito che appartiene a tutti.
Oltre che Soprintendente lei è anche Professore, qual è lo stato di salute dell’archeologia in Italia che molti definiscono noiosa e morta?
Io che sono un ottimista direi che oggi c’è un’inversione di tendenza. Un grande problema è stato quello di un boom di iscrizioni che si è registrato presso le università che proponevano il percorso in Beni culturali, seguito poi da un collasso fisiologico, dovuto anche ad una mancanza di dialogo tra il Ministero dei Beni Culturali e quello dell’Istruzione, che li rendeva quindi due mondi diversi. Ho diretto per più di 10 anni una scuola di specializzazione in archeologia a Matera , che avrebbe dovuto formare funzionari, allievi che poi mi sono trovato anche in Soprintendenza , però senza avere nessun contatto con il Ministero dell’Istruzione; ora invece mi è sembrata una cosa molto positiva che Franceschini e la Giannini abbiano fatto un accordo tra MIBACT e MIUR con una serie di attività collaterali. A Pompei per esempio abbiamo fatto un progetto pilota che partirà a breve con il MIUR per l’alternanza scuola-lavoro , portando a Pompei gli ultimi anni delle scuole superiori a fare degli stage e a lavorare insieme ai nostri tecnici , così da rendersi conto quanto complesso è il mondo del lavoro e quali sono anche le possibilità di accedervi. Se poi ci fosse un’ oculata politica locale … Vedo ad esempio per Pompei: un grosso bilancio di 28 milioni all’anno e nonostante la gestione sia autonoma , con un nostro CdA e un bilancio autonomo, noi non possiamo assumere perché queste sono tutte cose che vengono decise e gestite a livello centrale. Se l’autonomia fosse totale non avremmo alcun problema a destinare anche 5 milioni di euro da utilizzare per le assunzioni ogni anno, e questo potrebbe aiutare anche a sbloccare la situazione dell’archeologia in Italia. Pompei non è l’unico posto dove si possono fare queste cose, si pensi al Colosseo , agli Uffizi… e tra l’altro il 20% del nostro bilancio viene rimesso in un calderone per finanziare gli altri istituti e quei musei che sono poco frequentati.
Che Pompei lascerà a fine mandato? Si ricandiderà come Soprintendente?
Ad inizio anno il mio contratto è stato rinnovato per altri 3 anni, dopo gradirei tornare all’Università. Per il 2019 il GPP sarà terminato e Pompei dovrebbe essere messa in sicurezza al 100%, tutti i Piani della Conoscenza che abbiamo avviato, quello della fruizione ecc … saranno completati. Pompei dovrebbe essere in grado di camminare con le proprie gambe.
A Pompei si sente più Soprintendente o archeologo?
L’archeologo mi piacerebbe farlo di più devo dire, anche se con la Soprintendenza stiamo facendo degli scavi con delle scoperte molto fortunate. Sono molto fortunato , questo si può dire, quando scavo ; a Fondo Iozzino, un santuario extra urbano ampiamente scavato già negli anni ’60-90 tutto inedito, abbiamo trovato uno strato tutto con ceramiche etrusche inscritte ed è diventato il sito che ha restituito più iscrizioni etrusche di tutto il Sud Italia.
Termina qui la piacevolissima chiacchierata con il Soprintendente Osanna, il cui entusiasmo e positività fanno davvero ben sperare che la nostra perla archeologica – Pompei – abbia trovato chi sappia accudirla con competenza e passione. Non possiamo che esserne lieti.
E’ la stessa impressione che ci lascia la Dottoressa Spatafora, direttrice del Museo Archeologico “Antonio Salinas” e gentilissima padrona di casa. Non ci resta che attendere i frutti di questa sinergia, pronti a raccoglierli e a raccontarveli.