Come promesso iniziamo a parlare delle scoperte archeologiche finaliste al premio indetto dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (BMTA), l’International Archaeological Discovery Award dedicato all’archeologo Khaled al-Asaad.
L’ordine con cui presentiamo i ritrovamenti in lizza è del tutto casuale e, come vedrete, ogni candidato al premio meriterebbe di vincere. Cominciamo con la prima tappa di questo “viaggio” nell’archeologia che ci porta nel Kurdistan, più precisamente nel sito archeologico di Faida, a 50 Km da Mosul.
Proprio in questa località il team di archeologi della “Land of Niniveh Archaeological Project, capitanato da Daniele Morandi Bonaccosi dell’Università di Udine e la Direzione delle Antichità di Duhok coordinata da Ahsan Ahmed Qasim hanno rinvenuto ben 10 rilievi rupestri assiri che risalgono all’VIII-VII secolo a. C. La scoperta rientra nell’ambito del Kurdish-Italian Faida Archaeological Project.
A proposito della scoperta Daniele Morandi Bonacossi ha dichiarato: “L’inserimento della scoperta dei rilievi assiri di Faida nella rosa delle candidature al premio intitolato a Khaled Al-Asaad è un traguardo molto importante per il nostro progetto, frutto di una stretta collaborazione con i colleghi e le autorità del Kurdistan iracheno e di una sinergia sistemica fra il nostro Ateneo, il Ministero degli Affari Esteri, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Fondazione Friuli ed ArcheoCrowd nella convinzione condivisa che l’Università di Udine, sede del primo dipartimento in Italia dedicato alla storia e tutela dei beni culturali, possa e debba competere con le più importanti istituzioni scientifiche internazionali nella protezione e valorizzazione del patrimonio culturale dell’umanità”.
I rilievi di Faida, trovati nel 2019 in un canale di irrigazione lungo 7 metri e largo 4, sono stati creati su pannelli alti 5 metri e larghi 2. Finora l’erosione del fianco di collina in cui è avvenuto il ritrovamento e i conseguenti strati di terra accumulatisi nel canale avevano celato al mondo l’esistenza di questi straordinari esempi d’arte assira. Secondo gli archeologi il canale, alimentato grazie a risorgenti carsiche, fu forse fatto costruire dal sovrano assiro Sargon II (721-705 a. C.). Un piccolo dettaglio a proposito del luogo della scoperta: il canale a cui abbiamo accennato si compone di numerose diramazioni studiate proprio per ottimizzare l’irrigazione dei campi dell’entroterra di Ninive, la capitale dell’impero dal 700 a.C. a 626 a.C.
Veniamo alle raffigurazioni dei rilievi. Sui pannelli sono chiaramente identificabili le figure degli dei principali del pantheon assiro. Vi è il dio Assur, la divinità più importante e sua moglie Mullissu, il dio della Luna, Sin, il dio della sapienza, Nabu, poi Shamash divinità legata al Sole, il dio della tempesta Adad e, infine, Ishtar, la dea dell’amore.
Assur è riconoscibile dalla presenza del dragone e del leone con le corna accanto alla sua immagine. Mullissu è seduta su un trono sorretto da un leone. Anche Sin si trova su un leone, ma dotato di corna, mentre Nabu cavalca un dragone e Shamash un cavallo. Il motivo del leone con corna ritorna poi nella rappresentazione di Adad, ma in questo caso troviamo anche un altro simbolo, cioè il toro. Perfino Ishtar è accompagnata da un leone, ma senza corna. Tra tutti questi nomi forse i più familiari per noi sono quelli di Assur, Shamash, Sin e Ishtar.
Assur era considerato il padre di tutti gli dei, una sorta di Zeus ma assiro. Le prime tracce del culto a lui dedicato risalgono alla terza dinastia sumera di Ur (III millennio a.C.). Questo divinità non è altro che l’essenza divina della città omonima, Assur appunto, che fu la prima capitale dell’impero assiro (dal 1950 al 1270 a.C.). Spesso nell’iconografia il dio è accostato al Sole attraverso un disco con corna o alato.
Ishtar, invece, è la divinità dell’amore, della fertilità, ma anche della guerra. Si tratta di una divinità che ha, dunque, due aspetti, due volti in evidente contraddizione tra loro. Gli assiri ne hanno associato l’immagine e il potere al pianeta Venere. Nell’iconografia Ishtar viene rappresentata con una stella a 8 punte che dovrebbe rimandare al ciclo sinodico di Venere (le fasi del pianeta), completato in circa 8 anni terrestri.
Shamash era la divinità solare per eccellenza e nelle raffigurazioni viene identificato con un disco solare che ha al suo interno una corona a 4 punte. La luce del Sole rappresenta la vittoria del bene e della giustizia sul male, della luce, appunto, sulle ombre. Sin, il dio della Luna, è invece associato al numero 30 (ovvero i giorni del ciclo lunare con una certa approssimazione, poiché sappiamo che sono circa 29). Il simbolo di questa divinità è il lapislazzulo e spesso Sin viene raffigurato con le sembianze di un vecchio dalla barba lunga, seduto su un trono. Sin, Shamash e Ishtar formano una triade sacra nel pantheon delle antiche divinità mesopotamiche.
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