Gebel el-Silsila, esattamente a metà tra Edfu e Kom Ombo, è al centro delle indagini del Gebel el Silsila Project – progetto congiunto della Lunds Universitet con la Kungl. Vetenskapsak Akademien – sin dal 2012 per la presenza di un importante tempio dedicato al dio Sobek. A partire dal 2015 la Missione ha scoperto una struttura del tempio collegata direttamente al Nilo, con fondamenta in arenaria, un ambiente circostante in mattoni di fango e un pozzo noto come “pozzo di Sobek”.
Il tempio, risalente all’Antico Regno, fu completamente smantellato durante l’antichità, fino ai suoi blocchi di fondazione. Ma durante gli scavi sono emerse le fondamenta e le impronte del substrato roccioso, rivelando una struttura del tempio di circa 35 x 18 m, che comprendeva quattro livelli di pavimento rivestiti, basi di colonne e indicazioni di pareti interne ed esterne. Ad est delle basi delle colonne si trovano due zone squadrate che presumibilmente indicano la presenza del pronao. Una delle caratteristiche più interessanti è la presenza sul muro esterno settentrionale di graffiti di piedi, adiacenti a cupole predinastiche.
L’area ovest però non era mai stata scavata prima: l’obiettivo della Missione è quello di stabilire i confini assoluti del tempio, le varie fasi cronologiche e i potenziali usi che ne sono stati fatti nel corso del tempo e capire per quale motivo il tempio è stato abbandonato e smantellato. Lo studio poi si collega strettamente con lo scavo della necropoli adiacente.
Inoltre, gli archeologi si stanno servendo del preziosissimo aiuto degli agricoltori locali i quali hanno confermato che l’area veniva inondata ogni anno dal Nilo fino agli anni ’70, provocando l’accumulo di limo e detriti di sabbia attorno a delle tamerici, dove erano evidenti cocci di ceramica romana. Tali cocci sono stati trovati proprio dalla Missione prima dello scavo, assieme a frammenti di arenaria e calcare dipinti e lavorati, molto simili al materiale documentato nel tempio principale già scavato.
L’area centrale conteneva testimonianze di una fornace romana, risalente al regno di Antonio Pio, circondata da grandi quantità di cocci di ceramica di questo periodo. Con la ceramica sono emersi anche oggetti di uso quotidiano, come ami da pesca, chiodi, ossa di animali, in particolare di pesce gatto. Lo strato romano conteneva anche una importante quantità di frammenti del tempio originale, inclusa l’arenaria decorata, frammenti di pavimentazione in arenaria e un piccolo ex voto di un coccodrillo. Sono emerse anche iscrizioni geroglifiche dei regni di Amenhotep III e Ramesse II: un frammento di arenaria dello stipite sinistro di una porta conteneva il nome di Horus di Ramesse II, mentre su un altro appariva il titolo di Sobek, come “Signore di Kheny”.
Nella Missione 2022 si sta continuando l’indagine all’interno di questa parte del tempio di Sobek, concentrandosi in modo particolare sulla comprensione dei confini orientali del tempio. Sono già stati scoperti i blocchi di fondazione dell’angolo sud-est, i frammenti della statua di culto di Sobek e il volto statuario di un faraone della XVIII dinastia.