Le impronte di piedi come segno duraturo di presenza in luoghi sacri
È sempre esistito il desiderio di lasciare un segno che prolunghi indefinitamente nel tempo il senso della propria presenza nei luoghi sacri. L’uomo primitivo ha lasciato spesso le impronte delle sue mani in aree misteriose di alcune grotte1.
Nel periodo storico dell’Egitto antico2, e di riflesso anche in Nubia, si è preferito usare le impronte di piedi graffite nella pietra come segno per comunicare indefinitamente nel tempo alla divinità di essere stati presenti in quel luogo sacro3. Il tempio era per elezione il monumento in cui lasciare le orme dei propri piedi e il terrazzo era il luogo privilegiato a tale scopo.
Per l’Egitto il caso meglio documentato si riferisce al tempio del dio Khonsu4 nel complesso di Karnak. Sul terrazzo di questo tempio, nei pressi della cappella solare, sono stati censiti 334 graffiti che per la gran parte rappresentano orme di piedi, sia il destro che il sinistro, accompagnate da iscrizioni che di solito si limitano a specificare le generalità del dedicante. Un limitato numero di graffiti è accompagnato da testi un po’ più estesi che recano un messaggio di devozione al dio del tempio. I testi possono essere in geroglifico, in ieratico o in demotico.
Le impronte dei piedi e i testi relativi del tempio di Khonsu sono stati incisi da preti, come è ovvio considerando che l’accesso al tempio e in particolare al terrazzo era riservato al personale in servizio nelle zone consacrate.
Le note del volume alla figura 6 documentano che questo blocco e altri simili sono stati ritrovati tra i resti del tempio meroitico M 720 e dimostrano la pietà personale dei pellegrini verso le divinità del tempio.
Un recente articolo di P.van Pelt & N. Staring, pubblicato pe la Rivista del Museo Egizio di Torino nel 2019, dal titolo Interpreting Graffiti in the Sqqara New Kingdom Necropolis as Expressions of Popular Customs and Beliefs, gli autori documentano l’esistenza di orma di piedi anche a Saqqara nelle tombe di Maia e Merit e di Horemheb5. L’articolo non si limita a segnalare le orme dei piedi, ma considera tutti i tipi di graffiti presenti in queste due tombe dando loro un significato di pietà personale da parte dei visitatori per i defunti delle tombe.
Gilberto Modonesi
1) Questa usanza non è perduta in Egitto anche nel presente. Nella festa del santo che si celebra nella moschea che si trova sopra il secondo pilone del tempio di Luxor, i pellegrini intingono le mani nel sangue dell’agnello e della capra sacrificati per lasciare poi tracce fresche delle loro mani sulle colonne del tempio inserite nella moschea: Wickett, Archaeological Memory, the Leitmotifs of Ancient Egyptian Festival Tradition, and Cultural Legacy in the Festival Tradition of Luxor: the mulid of Sidi Abu’l Hajjaj al-Uqsori and the Ancient Egyptian “Feast of Opet”, in <Journal of ARCE>, vol. 45, 2009, pag. 413. Questa usanza è confermata, come rito sacrificale, anche per la fondazione di edifici: Di Marco, Egitto inedito. Taccuini di viaggio nella necropoli musulmana del Cairo, Ananke, Torino 2010, pag. 118. In questo stesso volume è documentato l’uso di lasciare l’impronta delle mani sulle porte o sulle pareti esterne delle case. In questo caso si fa riferimento alla “mano di Fatima” con i suoi rimandi a vari aspetti della religione musulmana e alla virtù apotropaica di questo simbolo: Di Marco, op. cit., pag. 117.
2) Orme di piedi sono segnalate in uno dei luoghi più remoti dell’Egitto: Peroschi & Cambieri, Noteworthy stone structures and monoliths recently found in Wadi Abd el-Malik (Gilf Kebir, Egypt), in <Sahara>, 21/2010, pag. 209.
3) Tale usanza è documentata a iniziare dal periodo di regno di Ramesse III. Si sono trovati graffiti di piedi anche in siti frequentati da pellegrini che visitavano luoghi ritenuti sacri.
4) Jacquet-Gordon, The Graffiti on the Khonsu Temple Roof at Karnak. A Manifestation of Personal Piety, The University of Chicago Press, 2003. Tutti i templi dal Periodo Tardo in poi riportano simili segni ritenuti efficaci per preservare per l’eternità i nomi e la presenza fisica dei devoti dedicanti.
5) Le orme dei piedi nelle tombe di Maia e Merit e di Horemheb sono documentate nelle figure 1 e 2 dell’articolo.