Le impronte di piedi come segno duraturo di presenza in luoghi sacri

È sempre esistito il desiderio di lasciare un segno che prolunghi indefinitamente nel tempo il senso della propria presenza nei luoghi sacri. L’uomo primitivo ha lasciato spesso le impronte delle sue mani in aree misteriose di alcune grotte1.

Fig. 1 – Impronte di mani in una grotta preistorica (immagine tratta da Google)

Nel periodo storico dell’Egitto antico2, e di riflesso anche in Nubia, si è preferito usare le impronte di piedi graffite nella pietra come segno per comunicare indefinitamente nel tempo alla divinità di essere stati presenti in quel luogo sacro3. Il tempio era per elezione il monumento in cui lasciare le orme dei propri piedi e il terrazzo era il luogo privilegiato a tale scopo.
Per l’Egitto il caso meglio documentato si riferisce al tempio del dio Khonsu4 nel complesso di Karnak. Sul terrazzo di questo tempio, nei pressi della cappella solare, sono stati censiti 334 graffiti che per la gran parte rappresentano orme di piedi, sia il destro che il sinistro, accompagnate da iscrizioni che di solito si limitano a specificare le generalità del dedicante. Un limitato numero di graffiti è accompagnato da testi un po’ più estesi che recano un messaggio di devozione al dio del tempio. I testi possono essere in geroglifico, in ieratico o in demotico.
Le impronte dei piedi e i testi relativi del tempio di Khonsu sono stati incisi da preti, come è ovvio considerando che l’accesso al tempio e in particolare al terrazzo era riservato al personale in servizio nelle zone consacrate.

Fig. 2 – Il tempio del dio Khonsu all’interno del complesso dei templi di Karnak (foto dell’autore)
Fig. 3 – Impronte di piedi sul terrazzo del tempio di Khonsu (immagine tratta dal volume di Jacquet-Gordon, 2003, citato in nota)
Fig. 5 – Un blocco di calcare con impronte di piedi esposto nel Museo di Khartum (immagine tratta dal volume di D.Welsby and J. Anderson, Sudan, Ancient Treasures, 2004, pag. 169, fig. 151)

Le note del volume alla figura 6 documentano che questo blocco e altri simili sono stati ritrovati tra i resti del tempio meroitico M 720 e dimostrano la pietà personale dei pellegrini verso le divinità del tempio.
Un recente articolo di P.van Pelt & N. Staring, pubblicato pe la Rivista del Museo Egizio di Torino nel 2019, dal titolo Interpreting Graffiti in the Sqqara New Kingdom Necropolis as Expressions of Popular Customs and Beliefs, gli autori documentano l’esistenza di orma di piedi anche a Saqqara nelle tombe di Maia e Merit e di Horemheb5. L’articolo non si limita a segnalare le orme dei piedi, ma considera tutti i tipi di graffiti presenti in queste due tombe dando loro un significato di pietà personale da parte dei visitatori per i defunti delle tombe.

Gilberto Modonesi

1) Questa usanza non è perduta in Egitto anche nel presente. Nella festa del santo che si celebra nella moschea che si trova sopra il secondo pilone del tempio di Luxor, i pellegrini intingono le mani nel sangue dell’agnello e della capra sacrificati per lasciare poi tracce fresche delle loro mani sulle colonne del tempio inserite nella moschea: Wickett, Archaeological Memory, the Leitmotifs of Ancient Egyptian Festival Tradition, and Cultural Legacy in the Festival Tradition of Luxor: the mulid of Sidi Abu’l Hajjaj al-Uqsori and the Ancient Egyptian “Feast of Opet”, in <Journal of ARCE>, vol. 45, 2009, pag. 413. Questa usanza è confermata, come rito sacrificale, anche per la fondazione di edifici: Di Marco, Egitto inedito. Taccuini di viaggio nella necropoli musulmana del Cairo, Ananke, Torino 2010, pag. 118. In questo stesso volume è documentato l’uso di lasciare l’impronta delle mani sulle porte o sulle pareti esterne delle case. In questo caso si fa riferimento alla “mano di Fatima” con i suoi rimandi a vari aspetti della religione musulmana e alla virtù apotropaica di questo simbolo: Di Marco, op. cit., pag. 117.
2) Orme di piedi sono segnalate in uno dei luoghi più remoti dell’Egitto: Peroschi & Cambieri, Noteworthy stone structures and monoliths recently found in Wadi Abd el-Malik (Gilf Kebir, Egypt), in <Sahara>, 21/2010, pag. 209.
3) Tale usanza è documentata a iniziare dal periodo di regno di Ramesse III. Si sono trovati graffiti di piedi anche in siti frequentati da pellegrini che visitavano luoghi ritenuti sacri.
4) Jacquet-Gordon, The Graffiti on the Khonsu Temple Roof at Karnak. A Manifestation of Personal Piety, The University of Chicago Press, 2003. Tutti i templi dal Periodo Tardo in poi riportano simili segni ritenuti efficaci per preservare per l’eternità i nomi e la presenza fisica dei devoti dedicanti.
5) Le orme dei piedi nelle tombe di Maia e Merit e di Horemheb sono documentate nelle figure 1 e 2 dell’articolo.

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Gilberto Modonesi

Ho iniziato a interessarmi dell’Egitto antico nel 1960. Nel 1964 mi sono sposato e il viaggio di nozze è stato il mio primo viaggio in Egitto. A metà ottobre il primo cortile del tempio di Luxor era allagato dall’acqua dell’inondazione del Nilo e anche le basi dei colossi di Memnon erano in acqua. Ad  Aswan i russi stavano costruendo la Grande Diga.

Nel 1980, dopo la nascita di due figli, ho effettuato la navigazione sul Nilo con tutta la famiglia. Nel 1985 ho partecipato con mia moglie a un viaggio organizzato dal Dr. Mario Tosi. Da allora e fino al dicembre del 2010 sono stato in Egitto almeno 35 volte. Agli inizi ho visitato i vari siti archeologici in taxi solo con mia moglie.. Quando sono iniziati gli attentati contro i turisti ho organizzato viaggi turistici in modo da avere una scorta militare. In questi viaggi io avevo il ruolo di “responsabile culturale”. Grazie a tutti questi viaggi ho potuto visitare i siti archeologici dal nord al sud dell’Egitto, quelli di tutte le oasi e i monumenti del Lago Nasser. Ho fatto un viaggio anche nel Sinai per visitare il tempio di Serabit el-Khedim.

Il viaggio del dicembre 2010 è stato il mio ultimo viaggio a causa della rivoluzione egiziana, poi per miei problemi di salute e successivamente anche di mia moglie.

Per arricchire la mia conoscenza dell’antico Egitto e per seguire gli sviluppi delle ricerche mi sono iscritto a varie associazioni internazionali e nazionali:

  • International Association of Egyptologists
  • Amici del Museo Egizio di Torino
  • American Research Center in Egypt
  • Fondation Egyptologique Réine Elisabeth
  • Egypt Exploration Society
  • Associazione Culturale Harwa 2001
  • Centro Egittologico Comasco F. Ballerini

Dal 2020 non ho più rinnovato la mia iscrizione a queste associazioni a causa della mia situazione personale e famigliare.

Il mio antico interesse per l’Egitto si è alimentato anche partecipando come uditore a diversi incontri internazionali:

  • Convegno sulla Magia Egizia – Milano 29-31 ottobre 1985
  • Convegno sulla Valle dei Re – Tucson (Arizona) 26-27 ottobre 1994
  • International Congress of Egyptologists : Torino 1991 – Cambridge 1995 – Cairo 2000 – Grenoble 2004 – Rodi 2012 –  Firenze 2016

Grazie alla mia esperienza di visite in Egitto e alla documentazione raccolta in migliia di diapositive ho per anni diffuso la conoscenza dell’antico Egitto presso varie “Università della Terza Età”. Poi, nel 2006, il Centro Studi Archeologia Africana, che ha sede nel Civico Museo di Storia Naturale di Milano, mi ha offerto la possibilità di organizzare e tenere conferenze sull’antico Egitto presso l’aula magna dello stesso Museo. Ho svolto questa attività dal 2007 fino al gennaio del 2020, con conferenze mensili sull’Egitto antico. Il 2020 è un anno fatidico a causa del Covid e dei miei problemi personali e di mia moglie.

Ho scritto alcuni articoli e due libri :

  • All’ombra del divino – Il significato dei ventagli nelle rappresentazioni dell’antico Egitto (2016)
  • La longeva vitalità di fiabe e racconti mitici egizi – Alla ricerca di tracce di racconti mitici e fiabe egizi in fiabe moderne europee (2018)

Nel tempo ho raccolto centinaia di articoli e acquistato tanti (troppi) libri di egittologia di varii formati e dimensioni: mignon-normali-grandi-enormi (il formato imperiale).

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