Sarcofagi riciclati dall’Antico Egitto

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Una sorprendente ricerca su alcuni pezzi in catalogo del Fitzwilliam Museum di Cambridge, rivela che i sarcofagi dell’antico Egitto potevano essere modificati con inserti di legno appartenenti a manufatti funerari più antichi: proprio in alcuni esemplari in esposizione al museo si è notato il riutilizzo di pezzi appartenenti a sarcofagi risalenti a solo poche generazioni prima. “Le persone sapevano, quando sceglievano i loro sarcofagi, che erano di seconda mano? I sarcofagi riciclati erano meno costosi? ” si chiede l’egittologa Helen Strudwick. La materia prima, il legno, poteva essere reperito solamente dai tombaroli che, dopo essersi disfatti dei corpi ed essersi impossessati di gioielli e oggetti di lusso, capirono quanto fosse vantaggioso il commercio di questo bene.

One of Nespawershefyt’s coffins, which x-rays revealed was made from parts from one older coffin. Photograph: Andrew Norman/The Fitzwilliam Museum, Image Li

Strudwick si domanda inoltre quanto fosse diffuso e organizzato questo traffico e se gli stessi produttori conservassero delle scorte di pezzi rotti da cui attingere per nuove produzioni. Alcuni sarcofagi furono commissionato e personalizzati con elaborate iscrizioni che menzionavano e lodavano i morti, mentre altri, che incorporavano materiale riciclato, erano oggetti di alto livello commissionati in vita, come a esempio un set fatto per Nespawershefyt, capo degli scribi nel tempio di Amon-Ra a Tebe: i sarcofagi erano ricoperti da decorazioni e iscrizioni che furono realizzati anni prima della sua morte ma che successivamente furono modificati per mostrare i suoi successi in vita. Tuttavia, le scansioni a raggi X e CT mostrano pezzi di almeno un sarcofago più antico tenuto insieme da molti tasselli di legno: i vecchi fori a mortasa vennero riempiti con cura da bastoncini di lino, argilla e paglia che venivano usati anche per coprire altre fessure. Durante i lavori di conservazione gli studiosi hanno “riscoperto” le impronte digitali e le tracce dei palmi delle mani, dovute alla vernice fresca, che gli artigiani avevano accidentalmente lasciato all’interno del coperchio.

Painted wooden coffin inscribed for a woman with the title ‘Lady of the House’, called Nakht, thought to be dated from 1985-1773 BC. Photograph: Andrew Norman/The Fitzwilliam Museum

Il “lascito” di Nespawershefyt è stato tra i primi oggetti della collezione egittologica del museo, donato da due studenti dell’omonimo college nel 1822. Un altro sarcofago recentemente restaurata ha rivelato un’antica spaccatura che si apriva dalla spalla fino allo stinco del ceppo di legno: l’artigiano tentò di riparare i due pezzi cucendoli con tendini animali che, con il tempo, si sarebbero ridotti e avrebbero tirato più forte i due frammenti. Questa abile riparazione ha stupito persino i conservatori che hanno riaperto il sarcofago quasi un secolo dopo che il reperto è entrato a far parte della collezione. Pakepu era un umile uomo che si occupava di portare l’acqua a Tebe: egli visse intorno al 700-650 a.C. ma sappiamo dalle iscrizioni che lavorava anche nell’industria funeraria. Egli veniva pagato per recitare preghiere e porgere offerte ai morti e verosimilmente poteva essere a conoscenza del commercio illecito che ruotava intorno ai sarcofagi riciclati. La sua cassa è composta da 74 pezzi di legno, ancorati a ben 143 tasselli. Strudwick e Julie Dawson, la restauratrice a capo dei lavori, ritengono che ci possa essere una semplice motivazione alla base di questo commercio: molto probabilmente il legname adatto a questa manifattura scarseggiava molto. Un ulteriore esemplare fu creato grazie ad assi ricurve ricavate da un albero di fico mentre la cassa per una donna di nome Nakht è composta interamente da cedro riciclato, un legno particolarmente ambito che veniva importato dal Libano.

 

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