Qualche mese fa era stato annunciato un “monumentale” recupero in terra d’Assiria: il Consiglio di Stato per le Antichità e il Patrimonio dell’Iraq aveva ufficializzato di aver riportato definitivamente alla luce un imponente Lamassu-ortostato di oltre 2500 anni nell’importantissimo sito di Khorsabad. Ma cos’è un Lamassu? Cos’è un ortostato? E dove si trova questa famigerata Khorsabad? Approfondiamo qui alcuni dei termini e degli aspetti fondamentali dell’antica civiltà degli Assiri.

Ricostruzione del Palazzo di Sargon II a Khorsabad

La città di Khorsabad (nome arabo moderno) fu una delle tre capitali del grande Impero Assiro, ricordato anche nella Bibbia. Fu fondata dal sovrano Sargon II nel 717 a.C., da cui il nome antico Dur-Sharrukin, “Fortezza di Sargon”. Questo grande imperatore decise di edificare la città pressocché dal nulla, a nord di quella che fino ad allora era stata la storica capitale assira (Nimrud/Khalkhu), per poterla organizzare in maniera totalmente razionale e scegliendo per la sua realizzazione un’area facilmente difendibile. I lavori per la sua realizzazione si protrassero per poco più di un decennio (fatto stupefacente per un insediamento fortificato esteso per oltre 300 ettari), e l’inaugurazione ufficiale avvenne nel 706 a.C. Tuttavia, l’anno successivo, in maniera improvvisa e del tutto inaspettata, Sargon II trovò la morte in battaglia lontano dal suo regno, durante uno scontro di secondaria importanza con un’oscura popolazione dell’Anatolia orientale. Questo fatto sconvolse gli Assiri, che lo interpretarono come una divina punizione per l’arroganza del sovrano, reo di aver troppo osato nella realizzazione della nuova città. Così il figlio ed erede al trono, Sennacherib, abbandonò Dur-Sharrukin per spostarsi nella città santa dell’Impero: Ninive.

Replica di un ingresso protetto da Lamassu da Khorsabad

Khorsabad/Dur-Sharrukin fu così rapidamente costruita e altrettanto rapidamente abbandonata all’azione degli elementi, e mai più intensamente abitata: solo modesti villaggi (oggi in rapida espansione, ma politicamente del tutto secondari) avrebbero continuato a sorgere nei pressi dell’antica capitale. In questo contesto opera oggi una missione congiunta franco-irachena, guidata da Ahmed Fakak Al-Badrani e Pascal Butterlin, responsabile del recupero del Lamassu-ortostato. Torniamo quindi alle domande cruciali: cos’è un Lamassu? Cos’è un ortostato?? Presto detto: un ortostato è una lastra di pietra, di dimensioni variabili e spesso decorata a basso- o alto-rilievo, con funzione di sostegno, contenimento o abbellimento di una parete. Spesso si trovavano nei corridoi o a delimitare gli stipiti delle porte monumentali, esattamente come quello rinvenuto. Interamente realizzato da un blocco di calcare bianco, pesante 19 tonnellate e alto 3,8 metri, questo ortostato rappresenta ad altissimo rilievo (e in parte “a tutto tondo”) un Lamassu, creatura mitologica benigna mesopotamica dal corpo di toro, coda di leone, ali d’aquila e testa umana.

Il Lamassu di Khorsabad, in piena fase di scavo. Credits to SBAH, State Board of Antiquities and Heritage

Realizzato circa 2700 anni fa, in occasione della costruzione della città, questa monumentale opera d’arte decorava una delle porte d’accesso alla città, tipico segno di protezione. Entusiasta dell’eccezionale scavo si era mostrato lo stesso Butterlin: “Non ho mai portato alla luce nulla di così grande in vita mia prima! Normalmente, è solo in Egitto o in Cambogia che si trovano pezzi così grandi. L’attenzione ai dettagli è incredibile”. Una scoperta che ha avuto dell’eccezionale anche a causa dei numerosi saccheggi e delle distruzioni che il Lamassu ha evitato nel corso dell’ultimo secolo e mezzo. Da una parte, la recente furia iconoclasta dell’Isis è stata inefficace nei suoi confronti solo grazie all’intervento degli abitanti del villaggio moderno, i quali all’avvicinarsi delle truppe islamiche hanno ben pensato, prima di fuggire, di interrarne una parte affiorante per evitarne la distruzione. Dall’altra, il saccheggio forse più avido a cui la scultura è scampata fu perpetrato addirittura dai Francesi: vi siete mai chiesti da dove provengano le sculture simili che arricchiscono le collezioni del Louvre (come, in maniera del tutto analoga, il British Museum o altre grandi istituzioni culturali d’Europa)? Ecco, la risposta vi verrà spontanea nell’apprendere della sincera e sollevata sorpresa che l’archeologo francese ha provato nel rinvenire in situ qualcosa di “scampato” all’avidità dei suoi predecessori otto-novecenteschi.

Il Lamassu di Khorsabad, totalmente liberato dalla terra. Credits to SBAH, State Board of Antiquities and Heritage

Le condizioni della statua sono perfette, ad accezione della testa, volontariamente asportata e quindi, al momento, mancante. Eppure, questo “cavaliere senza testaante-litteram potrebbe essere destinato a ritrovare presto il capo perduto. Abbiamo già accennato al fatto che gli abitanti del luogo fossero da tempo a conoscenza dell’esistenza della scultura: questo perché l’asportazione della testa avvenne negli anni ’90, ad opera di alcuni ladri d’antichità (in quel frangente, gli archeologi avevano occultato la scultura in attesa di un momento più propizio per il recupero). Essi “decapitarono” con precisione la bestia, con l’intenzione di rivendere il trofeo sul redditizio mercato nero dell’arte; tuttavia, furono scoperti dalle autorità, che recuperarono il pezzo e lo esposero nel Museo dell’Iraq di Baghdad. Tutti i pezzi sono quindi finalmente tornati pubblicamente alla luce: non resta che sperare che si possano presto riunire, senza timore di nuovi saccheggi o traversie.

 

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Giulio Vignati

Nato nel 1997, grande appassionato di storia antica e storia in generale, frequenta il Liceo Classico a Milano diplomandosi nel giugno del 2016. Si iscrive poi al corso di laurea in Lettere con indirizzo Antichista presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nell’ottobre del 2019 con una tesi in Epigrafia Latina dal titolo “Gli equites nella documentazione epigrafica di Brixia”. Passa poi al corso di laurea magistrale in Archeologia presso la medesima università, specializzandosi in storia e archeologia del Vicino Oriente Antico e conseguendo la laurea con una tesi di ambito vicino-orientale dal titolo “Produzione e circolazione di manufatti d’argento tra Anatolia e Mesopotamia Settentrionale durante il Bronzo Medio”. Dal 2020 è membro della missione italiana in Turchia PAIK, che scava presso l’antico sito anatolico di Kaniš/Kültepe, e della missione italiana nel Kurdistan Iracheno MAIPE, che scava presso gli antichi siti di Tell Aliawa e Tell Helawa, partecipando alle operazioni di scavo, documentazione e post-scavo di entrambi i progetti.
 

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