Un caso di conoscenze iniziatiche nell’antico Egitto: le prove richieste al defunto per traghettare il “fiume delle curve“
di Gilberto Modonesi1
Premesse
I riti a carattere iniziatico hanno lo scopo di introdurre determinati individui di un gruppo sociale in un nuovo periodo di esistenza2. Si passa da una fase di vita ad un’altra fase ritenuta oscura e incerta. I “riti di passaggio” consentono di fare superare ai soggetti interessati le fasi di transizione: l’individuo viene preparato ad affrontare l’ignoto e gli ostacoli che si presenteranno. Il passaggio dalla vita terrena alla vita ultraterrena è stato avvertito dagli egizi come un problema cruciale e ad esso si sono applicati definendo un complesso di liturgie di varia natura, ma complementari allo scopo di raggiungere l’aldilà, di superare il giudizio morale sui loro comportamenti in vita e di essere ammessi come beati nei Campi di Ialu, il paradiso egizio3.
I testi che ci sono pervenuti sono difformi ed eterogenei a causa della loro continua elaborazione e accumulazione dovuta al lungo processo storico e ai diversi apporti delle tradizioni locali. E non va trascurata anche la “logica” delle concezioni magiche, per cui approcci differenziati che individuano la casistica possibile rendono più certo il risultato.
Nell’ampia panoramica di conoscenze iniziatiche che l’Egitto antico ci ha lasciato ci limiteremo qui ad analizzare una minima sequenza di testi: quelli che si riferiscono alle prove richieste al defunto per traghettare il “fiume delle curve” e così trasferirsi dalla terra dei vivi al mondo dei defunti, il primo passo verso la beatitudine.
1) Coordinatore del gruppo egittologico del Centro Studi Archeologia Africana (CSAA).
2) Sui concetti generali dei riti iniziatici: Guilmot, Iniziati e riti iniziatici nell’antico Egitto. Silenzio-Sapere-Potere, Edizioni Mediterranee, Roma 1999, pagg. 16-23.
3) Assmann si sofferma ampiamente sui riti di passaggio di carattere funerario: Mort et au-delà dans l’Egypte ancienne, Editions du Rocher, Paris 2003: “La morte è qui trapasso nel senso di passaggio,…” (pag. 185); “la processione funebre come passaggio attraverso il mondo della morte verso il luogo delle vita eterna” (pag. 215), ecc.
Gli antecedenti: i Testi delle Piramidi
I Testi delle Piramidi presentano vari accenni alle conoscenze iniziatiche richieste al re4 che per ascendere al cielo deve traghettare il “fiume delle curve“5. Nella piramide di Aba (VIII dinastia) si trova già abbastanza sviluppato un dialogo tra il re defunto e il traghettatore. Ma è soprattutto nei Testi dei Sarcofagi che il tema diventa centrale6 ed è su di essi che ci soffermeremo, ignorando però le lunghe repliche di certe formule, le analoghe formulazioni del Libro dei Morti7 e ulteriori sviluppi che si riscontrano in alcune tombe del Periodo Tardo8.
4) I TdP compaiono per la prima volta nella piramide del re Unas, ultimo re della V dinastia (Circa 2380-2350 a. C.). Questi testi erano a uso esclusivo del re defunto per garantirgli di superare vari pericoli nel suo percorso verso le stelle circumpolari e per inserirsi a pieno titolo nel pantheon delle divinità. Le prove che deve affrontare il re defunto per il “fiume delle curve” si trovano in alcuni passaggi di queste formule dei TdP: 270-359-475-505-520.
5) Ho adottato la traduzione del Donadoni; il Faulkner traduce invece Winding Waterway.
6) Bickel, D’un monde à l’autre: le thème du passeur et de sa barque dans la pensée funéraire, in Textes des Pyramids & Textes des Sarcophages. D’un monde à l’autre, IFAO, Le Caire 2008, pagg. 91-118.
7) Le formule 397 e 404 dei TdS sono riutilizzate tali e quali nel LdM, rispettivamente nei capitoli 99A e 99B.
8) Ad esempio nella tomba di Pediamenipet (TT 33), un prete lettore della fine della XXV dinastia.
Le prove richieste al defunto nei Testi dei Sarcofagi
La caduta dell’Antico Regno, il Periodo delle Grandi Piramidi, è dovuta a varie concause. È stato affermato che il più importante fattore di crisi è stato un cambiamento climatico generalizzato che ha determinato un insufficiente livello delle acque di inondazione del Nilo per numerosi anni, con conseguente grave carestia9: la metamorfosi di questo periodo, che è conosciuta come Primo Periodo Intermedio, si manifesta in rivolte e successivamente in guerra civile, fino a determinare i nuovi equilibri politici e sociali del Medio Regno.
La situazione economica del Primo Periodo Intermedio costringe in generale a contenere le spese per la costruzione di tombe. Le decorazioni delle pareti della tomba si riducono o si evitano del tutto. Si provvede alle necessità e al benessere del defunto con modellini in legno di barche e di scene della vita quotidiana, mentre i testi e le immagini che servono al defunto per il suo passaggio e per la vita nell’aldilà sono ora dipinti sulle pareti lignee dei sarcofagi.
I Testi dei Sarcofagi riprendono, sviluppandoli in lunghe formule spesso ripetitive, i temi dei Testi delle Piramidi. I Testi dei Sarcofagi sono i testi funerari che si trovano inscritti sulle pareti dei sarcofagi di una élite di funzionari del Medio Regno, quindi nel periodo successivo alla caduta dell’Antico Regno e alla rivoluzione sociale conseguente. La diffusione di questi testi, e perfino l’uso dei Testi delle Piramidi in tombe civili, ci documenta significativamente sulle metamorfosi sociali intervenute tra la fine dell’Antico e gli inizi del Medio Regno. Questo processo viene usualmente indicato come un avvio di “democratizzazione” che si riflette anche sulle concezioni dell’aldilà10.
9) Hassan, Ancient Apocalypse: The Fall of the Egyptian Old Kingdom, in www.bbc.co.uk/cgi-bin/history/renderplain.pl?file=/history/ancient/egyptians/apocalypse_egypt1.shtml. Anche di recente Hassan, professore all’università di Londra, è tornado sull’argomento con un articolo: Droughts, Famine and the Collapse of the Old Kingdom: Re-reading Ipuwer, in , vol. I, Le Caire 2007, pagg.357-378. Da molti anni il Dr. D. Jeffreys (EES) indaga direttamente sul terreno intorno a Menfi gli effetti degli antichi cambiamenti climatici. Questo argomento è sempre all’ordine del giorno, tanto che a Londra, il prossimo 17 ottobre, lo stesso Dr. Jeffreys terrà un seminario: “Climate change in ancient Egypt“.
10) Willems, Les Textes des Sarcophages et la démocratie: eléments d’une histoire culturelle du Moyen Empire Egyptien, Cybele, Paris 2008, pagg. 133-228.
In sintesi, razionalizzata e depurata di tortuosità e ripetizioni, la vicenda iniziatica si svolge secondo questa sequenza di fasi riguardanti il rapporto defunto-traghettatore:
- Il defunto giunge sul bordo di un canale sinuoso che egli deve attraversare per giungere ai Campi di Ialu.
- Il traghettatore, il cui nome è Mahaf11 (=Colui che guarda all’indietro – Colui la cui faccia è la sua nuca), dorme e deve essere svegliato e incalzato anche con le minacce perché è recalcitrante a dare seguito alla richiesta del defunto.
- Il defunto chiede di essere traghettato con la barca che traghettò Horus e Seth ai tempi del loro mitico combattimento. Il defunto fa anche riferimento al risanamento dell’occhio di Horus12.
- Il traghettatore Mahaf è subordinato a una divinità di nome Aqen, che a sua volta dorme e che il defunto chiede di risvegliare13.
- La barca è stata composta dal dio Khnum, il creatore degli esseri umani14. Questa barca è “quella che fa vivere colui che è all’interno” (formula 397).
- Nell’interrogatorio iniziatico, esiziale per lo scopo del defunto, il traghettatore chiede di identificare ogni parte concreta della barca. Nella formula 396 si afferma che la barca è smontata e che va ricomposta. La trasfigurazione del defunto in un essere beato avviene grazie all’espediente magico della ricomposizione della barca.
L’identificazione delle diverse parti della barca è riferita a fatti mitologici: il defunto testimonia così la sua conoscenza del mondo divino e la sua legittima aspirazione a integrarsi ad esso.
11) Già nei TdP il traghettatore si chiama mA HA=f. Si può vedere una bella immagine di Mahaf in Faulkner, The Book of the Dead, British Museum Press, London 1985, pag. 94, qui riportata in fig. 2.
12) Bresciani, Il racconto della disputa tra Horo e Seth, in Letteratura e poesia dell’antico Egitto, Einaudi Tascabili, Torino 1999: sull’accecamento di Horus e il risanamento dell’occhio si veda in particolare pag. 370. Nella religione egizia l’occhio di Horus assume vari significati, ma qui prevale quello che assicura l’integrità fisica e psichica del defunto.
13) Nel Libro delle Porte, ad esempio nella versione della tomba del re Merenptah (XIX dinastia), nella Valle dei Re, è rappresentato un dio Aqen che inghiotte le ore nella forma di una corda che dodici figure maschili tirano per fare rinascere le ore. Non ci sono elementi che confermino che questo dio Aqen è lo stesso dei TdS.
14) Quindi anche la barca è un essere divino vivente, come è dimostrato dalla formula 404, in cui le parti stesse della barca interrogano il defunto. Ogni parte costitutiva della barca si rivolge al defunto imperiosamente: “Dì il mio nome!“.
L’interrogatorio sulle parti costitutive della barca15
Le formule dei Testi dei Sarcofagi che ci hanno tramandato l’interrogatorio sono differenti tra loro per diversi aspetti.
- per il soggetto che interroga, che può essere il traghettatore o i singoli componenti della barca;
- per la formulazione delle domande, di tipo sostanzialmente colloquiale o elencate in liste formali;
- per il numero di domande relative alla barca;
- per la citazione, da parte del defunto, di fatti mitologici diversi in risposta alla stesse domande.
I due ultimi aspetti dell’interrogatorio sono particolarmente interessanti e meritano qualche ulteriore osservazione.
Le domande sulle parti costitutive della barca sono 18 nella formula 405, sono 25 nella formula 404 e addirittura 51 nella formula 398.
Quasi sempre i riferimenti mitologici sono del tutto diversi allo stesso tipo di domande. Quindi domande e risposte non erano strettamente codificate, vale a dire che i concetti prevalevano sulle formulazioni che potevano essere scelte in un largo ventaglio di possibilità.
Le differenze mostrano che la trasmissione di questi non avveniva tramite un modello unico
predisposto, ma che era importante anche l’esistenza di una tradizione concettuale che consentiva al defunto di manifestare le sue conoscenze culturali-religiose con espressioni e parole diverse, conseguendo comunque lo scopo della traversata trasformativa.
Non sappiamo quali fossero le conoscenze sull’aldilà di un individuo colto, potenziale utilizzatore di questi testi. Può darsi che per magia fosse sufficiente al defunto avere alcune di tali formule riportate all’interno del proprio sarcofago, ma può anche darsi che le angosce suscitate dall’esistenza futura nell’aldilà inducessero gli individui a una specifica preparazione in vita. È però importante stabilire che il dominio del sapere religioso era la condizione indispensabile per l’ammissione a una nuova esistenza dopo la morte.
15) In alcune tombe private dell’Antico Regno è rappresentata la costruzione di barche: ad esempio nella tomba di Ti (V dinastia) a Saqqara e nelle tombe di Djhau e Ibi a Deir el-Gebrawi (VI dinastia). Forse non è casuale che si ritrovino le prime scene di costruzione di barche alla fine dell’Antico Regno in tombe di personaggi che si trovavano al più alto livello della gerarchia sociale. A questi funzionari non era concesso di utilizzare i Testi delle Piramidi come tali. Ma la decorazione delle loro tombe poteva riprendere in forma figurativa, probabilmente per concessione regale, alcune immagini ritenute particolarmente utili ai fini del rituale funerario. Come indizio di tale possibilità si può
considerare il rito funerario del sacrificio dei bovini rappresentato nelle tombe dell’Antico Regno che trova la sua massima espressione drammatica nell’Inno Cannibale dei Testi delle Piramidi, come dimostra Eyre in: The Cannibal Hymn. A Cultural and Literary Study, Liverpool University Press, Liverpool 2002. Per la lettura in lingua italiana dell’Inno Cannibale si rinvia a Donadoni, La religione dell’antico Egitto, Laterza, Bari 1959, pagg. 113-115.
“Contare sulle dita”
Un aspetto particolare delle conoscenze iniziatiche, già espresso nella formula 359, § 601 dei Testi delle Piramidi16, è la capacità del defunto di contare sulle proprie dita.
Nel corso del colloquio Mahaf, il traghettatore, teme che il suo superiore Aqen esprima dubbi sulla capacità del defunto di sapere contare sulle proprie dita. Il defunto supera la prova: conta sulle 5 dita di una mano nelle formule 396 e 398 e sulle 10 dita delle due mani nella formula 397. Il conteggio, certamente in rapporto con l’Occhio di Horus17, si risolve in un testo criptico per i giochi di parole che intendono mascherare il nome usuale dei numeri. Anche nel caso del conteggio il defunto deve manifestare una conoscenza di tipo culturale (il conteggio) associata a una conoscenza religiosa (i vari significati mistici connessi all’Occhio di Horus): queste conoscenze si riflettono sul defunto per garantirgli magicamente l’integrità personale e il passaggio-traghettamento nell’aldilà. La formula 398 accenna a una tariffa da corrispondere al traghettatore, naturalmente in natura: “Portagli la barca! Egli è uno spirito attrezzato; egli ha portato il prezzo del viaggio. Scendi nella barca, perché tu conosci il numero delle tue dita”18. Quindi il pagamento del viaggio non è sufficiente: sapere contare sulle dita è condizione indispensabile per essere accolti sulla barca.
16) Donadoni, op. cit., pag. 84.
17) Questo rapporto è espressamente indicato nei Testi delle Piramidi: nota 13.
18) Faulkner, op. cit, vol. II, formula 398, § 154, pag. 36.
L’approdo nell’aldilà
I Testi dei Sarcofagi riferiscono di numerosi altri tipi di barche con cui il defunto compie viaggi celesti interpretando anche un ruolo discretamente attivo. Il passaggio del “fiume delle curve” è invece del tutto trascurato: evidentemente con il colloquio iniziatico il defunto ha superato la prova dimostrando di possedere le competenze che gli danno diritto di raggiungere l’altra sponda in tutta tranquillità e sicurezza.
La barca giunge così sull’altra riva e qui essa viene fissata solidamente a due picchetti di ormeggio, uno di prua e uno di poppa19. I Testi dei Sarcofagi dedicano solo pochi accenni ai picchetti di ormeggio, ma la formula 234 riferisce che ad essi viene presentata una offerta. Inoltre essi parlano (formula 404) chiedendo al defunto di fare il loro nome.
Nella tomba del visir Rekhmira (XVIII dinastia) questi picchetti sono rappresentati con testa umana, confermando che anch’essi sono entità divine viventi.
19) “Essere fissato al picchetto di ormeggio” ed espressioni equivalenti vengono spesso usate con il senso metaforico di “morire”: Jequier, Matériaux pour server à l’établissment d’un dictionnaire d’archéologie égyptienne, BIFAO 19, 1922, pag. 117; Doyle, Iconography and interpretation of ancient Egyptian watercraft, Texas A & M University 1998, pagg. 219-226; Moret, La légende d’Osiris à l’époque thebaine d’aprés l’hymne à Osiris du Louvre, BIFAO 30, 1931, pag. 742, n. 61; Faulkner, A Concise Dictionary of Middle Egyptian, Griffith Institute, Oxford 1964, pag. 107 mnit=mooring-post, pag. 108 mni=death.
Conclusione. Il tema del traghettatore e della sua barca configura il complesso di conoscenze iniziatiche che il defunto deve dimostrare di possedere per realizzare la sua trasfigurazione nel passaggio da questo all’altro mondo.
Bibliografia generale
- Faulkner, The Ancient Egyptian Pyramid Texts, Clarendon Press, Oxford 1969
- Faulkner, The Ancient Egyptian Coffin Texts, Vol. I-III, Aris & Phillips, London 1973-1978
- Barguet, Textes des sarcophages egyptiens du Moyen Empire, Les Editions du Cerf, Paris 1986
- Jacq, Le Voyage dans l’autre monde selon l’Egypte ancienne. Epreuves et métamorphoses du mort d’après les Textes des Pyramides et les Textes des Sarcophages, Editions du Rocher, Paris 1986
- Jéquier, Essai sur la nomenclature des parties de bateaux, BIFAO 9, 1911, pagg. 37-82
- Rogers, An Analysis of Tomb Reliefs Depicting Boat Construction from Old Kingdom Period
in Egypt, 1996: http://nautarch.tamu.edu/Theses/pdf-files/Rogers-MA1996.pdf