Il tragico conflitto in corso nella Striscia di Gaza sta producendo, come noto, una grave crisi umanitaria. Si moltiplicano i report delle organizzazioni internazionali circa la terribile situazione dal punto di vista sanitario, sociale e della mera sussistenza. Anche l’UNESCO, tramite alcuni suoi collaboratori, ha stilato un report (disponibile online e in continuo aggiornamento) dei danni subiti dal patrimonio culturale materiale della regione. Non certo il più drammatico dei problemi sofferti in quella parte di mondo, ma altrettanto certamente un elemento da non trascurare.

Ciò che resta di uno dei principali luoghi di ritrovo di Gaza, i Samaritan Hammam Bath. Credits to NPR

Le indagini degli emissari UNESCO, essendo impossibile recarsi fisicamente nella zona di guerra, sono state condotte attraverso un monitoraggio da remoto grazie alle immagini satellitari e alle analisi fornite da UNITAR/UNOSAT; i risultati, perciò, sono solo preliminari. Al 23 febbraio 2024, sono ventidue i siti per i quali siano stati accertati danni causati dal conflitto scoppiato nel mese di ottobre: venti nel cuore della regione, il Governatorato di Gaza vero e proprio, e uno a testa nel Governatorato di Gaza Settentrionale e nel Governatorato di Rafah.

Ciò che resta della Grande Moschea di Gaza

Di questi siti, cinque sono di natura religiosa, tra moschee ed edifici cristiani. Particolarmente dolorose da un lato la situazione della Grande Moschea di Gaza (edificio dalla storia tormentatissima, sul cui sito si sono avvicendati tantissimi luoghi di culto di natura differente fin dall’epoca filistea), che è stata rasa al suolo dai bombardamenti aerei israeliani e di cui sopravvive solo il minareto; dall’altro, le condizioni del Complesso della Chiesa Ortodossa di San Porfirio, anch’essa di grande valore storico e simbolico e vittima di bombardamenti aerei.

Ciò che resta del complesso monasteriale ortodosso di San Porfirio

Danneggiati anche tre siti archeologici. Anzitutto, l’antichissimo porto di Antedone, afferente alla città di fondazione Neo-Assira (800 a.C.) e da allora frequentato e riabitato per secoli da popolazioni diverse (dai Babilonesi ai Mamelucchi, dai Persiani ai Romani); il sito aveva già subito gravi danni nel 2013 da parte dei miliziani di Hamas, intenti all’allestimento di un campo d’addestramento, ed era già da anni nella Tentative List dell’UNESCO. Oltre a questo, il Cimitero Romano di Gaza (dove appena cinque mesi fa, nel settembre 2023, venivano rinvenute nuove sepolture di età imperiale) e il sito archeologico di Tell Rafah, nel sud della regione.

Ciò che resta del cd. “Palazzo del Pasha”, sopravvissuto a Napoleone ma non al recente conflitto. Credits to NPR

Inoltre, numerosi monumenti ed edifici di interesse storico/artistico di tutte le epoche, dalla Fontana ArRifaiya al “Mercato d’Oro” di Gaza, d al Cimitero di Guerra di Gaza al “Palazzo del Pasha”, hanno riportato distruzioni e danneggiamenti di grave entità. Sembrerebbe invece non rientrare ancora tra i “danni collaterali” del conflitto il Monastero di St Hilarion, che già dalla metà del mese di dicembre era stato oggetto delle preoccupazioni dell’UNESCO, che ne aveva decretato la “protezione rafforzata provvisoria”, il più alto livello di immunità stabilito dalla Convenzione dell’Aia del 1954 e dal suo Secondo Protocollo. Il complesso monasteriale, uno dei più antichi dell’intero Medio Oriente, è una preziosissima testimonianza della comparsa del Cristianesimo nella regione, nonché della storia del monachesimo e dei virtuosi scambi interculturali della regione.

Le condizioni dello straordinario “hotel-museo” Al Mathaf. Credits to NPR

Purtroppo non solo i siti e i monumenti, ma anche le istituzioni museali e culturali sono state vittima dei bombardamenti. Danni non meglio quantificabili sono stati accertati infatti per un museo e altri due siti di conservazione di oggetti e reperti di interesse storico/artistico/archeologico, uno dei quali all’interno di una struttura (l’Hotel Al Mathaf) ritenuta di per sé stessa vincolata. Da segnalare, infine, che risultano irrimediabilmente compromessi 402 edifici scolastici, pari almeno ai tre quarti di quelli esistenti nel paese.

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