Continua la pubblicazione di M. Chioffi e G. Rigamonti dei “decreti reali” dell’antico Regno

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Chioffi, G. Rigamonti, Antico Regno, “I Decreti Reali”, Decreto dell’Horo Netjerybau (Copto I), 2 Voll., Editrice La Mandragora, 2021, 2022.

Gli autori dei due succitati volumi hanno al loro attivo una lunga e impressionante serie di pubblicazione di testi relativi a monumenti e iscrizioni dell’Antico Regno (dinastie III – VII) e del Primo Periodo Intermedio (dinastie VIII-XI), lavori che ne fanno degli esperti a livello mondiale di questo periodo storico poco conosciuto e poco studiato, in particolare dal punto di vista linguistico.

Questi due volumi sono la continuazione di un precedente volume, pur esso dedicato ai “Decreti Reali”:

Chioffi, G. Rigamonti, Antico Regno, “I Decreti Reali”, vol. 1, Decreti del II Pepy: Decreto 24 Copto B, Decreto 28 Dakhla; Decreto dell’Horo Demedjibtaui (Decreto Copto R)., Editrice La Mandragora, 2020

Il termine “decreto reale” è l’usuale traduzione dell’espressione egizia wḏ-nsw “ordine del re”, termine che designa una decisione del potere esecutivo che acquisisce un valore normativo. Si tratta, pertanto, di un caso particolare di atto legislativo.

Non sempre, tuttavia, l’espressione wḏ-nsw deve essere tradotta con “decreto”; a volte, infatti, testi così definiti, pur emanando dalla cancelleria reale, mancano di valore normativo e contengono indicazioni relative a procedure di istruzione, a decisioni esecutive o amministrative; in tal caso una traduzione letterale “ordine del re” è infatti raccomandata. Tale, per esempio, è la famosa lettera inviata dal giovane faraone Pepy II a Herkhuf relativa alle precauzioni da prendersi per la custodia del pigmeo che questi riportava dal cuore dell’Africa.

La traduzione “decreto” si applica in particolare a quei testi nei quali si ha a che fare con un privilegio (esenzioni da corvè, da obblighi fiscali, …) di cui beneficiano una o più persone, o delle istituzioni (come i Templi).

E un “decreto” è in effetti il testo di cui Chioffi e Rigamonti ci offrono un particolareggiato e approfondito studio, indirizzato non solo agli specialisti ma anche al grande pubblico, curioso di conoscere le bellezze dell’antico Egitto. Tale decreto promana da un sovrano della VIII dinastia, l’Horus Netjerybau Neferkauhor, il cui nome di nascita era Khu-ui Hapy. “Protagonista” di questo decreto, noto convenzionalmente in letteratura come Coptos I, è un certo Shemai (la cui tomba si trova a Kom al-Koffar, a sud di Coptos), che il predecessore di Netjerybau , l’Horus Khabau Neferkaure, aveva promosso alla carica di vizir.

Successivamente, Shemai aveva sposato la principessa Nebet, figlia di Netjerybau, ciò che aveva rafforzato la sua posizione nell’amministrazione del Paese. Ne è testimonianza, infatti, il decreto in oggetto, grazie al quale a Shemai, “Sovrintendente dell’Alto Egitto” (imy-r Šm‘w) viene attribuita la responsabilità dei 22 nomi dell’Alto Egitto: è la più antica lista ufficiale dei distretti dell’Alto Egitto, numerati da sud a nord, secondo il principio abituale dell’orientazione egiziana. Di questi 22 distretti i nostri autori danno una descrizione particolareggiata: nomi I-IV per primo volume, nomi V-XXII per il secondo volume. Il testo, inoltre, ci informa su quali erano i poteri del potente vizir: “comandava i funzionari reali delle scritture e dei sigilli, i proprietari terrieri, i servi della tenuta reale, gli artigiani; era, inoltre, soprintendente dei sacerdoti e giudice della Porta, sorvegliava la riscossione delle imposte, l’esecuzione dei lavori e assumeva, all’occasione, il comando delle truppe arruolate in tutto il Sud. Shemai era, dunque, un effettivo vizir / viceré che centralizzava su di sé tutto il potere sull’Alto Egitto, dal punto di vista giudiziario, finanziario, religioso, amministrativo e militare” (dalla Introduzione degli autori).

Sembrerebbe che i re menfiti, che risiedevano nel nord del Paese, avessero voluto, nominando un viceré dell’Alto Egitto (carica che risale ai tempi di Djedkara Isesi, della V dinastia), opporsi alle forze centrifughe delle potenti famiglie locali, così da poterle sorvegliare e mantenere il controllo della regione. Ma l’estensione dei poteri conferiti a Shemai non mancò di fomentare la sua ambizione personale e, sembrerebbe, la carica di Sovrintendente dell’Alto Egitto divenne ereditaria nella sua famiglia, ciò che era contrario alla politica del faraone. E alla fine dell’VIII dinastia l’Alto Egitto si frazionerà in tanti “principati”, con a capo i rappresentanti dell’aristocrazia locale

Degna di nota è, tra le tante belle cose di questi volumi, la particolarmente ricca iconografia, con più di 330 fotografie inedite e più di 80 figure.

Non possiamo che essere grati ai nostri due studiosi per la documentazione particolarmente preziosa che hanno saputo metterci a disposizione, che ci offre un vivo spaccato dell’amministrazione dell’Egitto in questo periodo antico.

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