Dopo la conquista del 572 d.C., Pavia divenne la capitale del regno Longobardo e i sovrani vi costruirono il loro palazzo reale e una serie di chiese, con cripte e cunicoli sotterranei che verosimilmente collegavano diverse zone della città. L’associazione culturale “Lombardia Segreta” e il sig. Pierluigi, guida turistica abilitata, ci hanno accompagnati in questo viaggio negli ambienti di fondazione longobarda.

In epoca medievale Pavia ospitava circa 130 chiese con annesse cripte sotterranee, di cui oggi ne resta qualche decina, tra le quali la cripta di San Giovanni Damnarum, la cripta di San Teodoro, la cripta di San Michele Maggiore e infine la celeberrima cripta di Sant’Eusebio. Hanno tutte in comune l’origine longobarda e la politica architettonica di riciclo dei materiali, ma mostrano in modo diverso e originale il rapporto con il dio cristiano e la devozione dei fedeli.

La prima cripta si trova nell’omonima Chiesa di San Giovanni Damnarum di cui parla anche Paolo Diacono nella sua “Historia Longobardorum” (789 d.C.): la regina Gundeperga, figlia della celebre regina Teodolinda che aveva promosso e attuato la conversione al cristianesimo dei Longobardi, decise di fondare una chiesa dedicata a san Giovanni Battista. La dedica non è casuale: prima di tutto segue il percorso già tracciato dalla madre e, in secondo luogo, in quella stessa zona sono stati trovati i resti di un battistero per donne a suggerire quindi il profondo legame con l’acqua come elemento purificatore.

La cripta è rimasta sconosciuta fino al 1914 quando don Faustino Gianani, appassionato di arte e di archeologia, promuove uno scavo archeologico dietro la chiesa che lo porta in un vano rettangolare contenente ossa. Procedendo oltre, riesce ad arrivare alla cripta e ne ammira prima di tutto la pianta centrale e poi il ciclo di affreschi. Probabilmente, la cripta è rimasta inutilizzata a seguito dei rimaneggiamenti subiti dalla chiesa in epoca barocca, quando lo stile sobrio e semplice non aveva di certo la meglio.

Vi sono due cicli di affreschi: il primo risale al 1200 e raffigura i santi universali della Chiesa e i santi locali, come san Siro patrono di Pavia; poi vi è un secondo ciclo risalente al 1400 di carattere più gioioso e meno ieratico.

La seconda cripta è visitabile nella chiesa di San Teodoro, situata nel cosiddetto “quartiere popolare longobardo”. Si sviluppa al di sotto delle tre navate della chiesa, di cui riprende il colonnato, evidente è il riutilizzo di due capitelli corinzi che fungono da basi per le colonne. Ricorrenti sono i bassorilievi di aquile, leoni, lupi e sirene a doppia coda. Quest’ultima rappresenta la volontà di utilizzare dei simboli pagani per veicolare messaggi cristiani, quali la rinascita e il legame con l’acqua battesimale. A differenza delle precedente, questa cripta è stata utilizzata fino ad anni recenti.

La basilica di san Michele Maggiore offre la possibilità di immergersi nell’omonima cripta: di originaria fondazione longobarda, la chiesa stessa e la cripta sono state ristrutturate nel corso dei secoli, seguendo gli stili dell’epoca e soprattutto beneficiando del ruolo di “Chiesa del Palazzo dei Re” (IX sec d.C.). Originali sono le colonne con i capitelli, prodotti dai Maestri Comacini – artisti e artigiani probabilmente originari di Como.

Infine, la celeberrima cripta di Sant’Eusebio ha una storia del tutto particolare: era collegata ad una chiesa di origine molto antica, poi ristrutturata in epoca longobarda e trasformata in un ospedale dal re Rotari (636-652 d.C.). Era un edificio molto semplice, visibile fino al 1923 quando l’area venne riprogettata per accogliere i palazzi della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, l’Ufficio Postale e gli Uffici di Poste Italiane. Venne presa la decisione di abbattere la chiesa e altri edifici fatiscenti, ma di conservare la cripta.

In quest’ultima è visibile una suddivisione in navate che doveva verosimilmente rispecchiare quella della chiesa sovrastante e un pavimento molto rustico in cocciopesto. Evidenti sono altri due livelli con variazioni di quote e di stili, che fanno pensare almeno a tre rifacimenti della struttura. Per altro, la decorazione a triangoli dei capitelli rimanda ai gioielli longobardi in oro e pietre preziose: questa caratteristica e i resti di pigmenti colorati sulle volte fanno ipotizzare che la cripta fosse colorata.

La cripta di sant’Eusebio rappresentava uno spazio molto importante: era infatti l’unico luogo dedicato al culto ariano dopo che la regina Teodolinda promosse la conversione dei longobardi al cristianesimo. Era una sorta di rifugio, di casa, per tutti coloro che avevano mantenuto la fede ariana.

Oggi appartiene al Comune di Pavia, a differenza delle altre tre cripte che si trovano in tre Chiese Parrocchiali.

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Mara Zoppi

Appassionata fin da piccola alla storia e all’archeologia, dopo la maturità classica si iscrive alla facoltà di Lettere – curriculum Scienze dell’Antichità – presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nel 2019 con una tesi di carattere archeologico-egittologico dal titolo Imhotep scriba e medico: dall’Egitto del III millennio a.C. ad oggi. Si iscrive successivamente alla facoltà di Archeologia dell’Università degli Studi di Milano dove si laurea nel 2021 con votazione 110/110 e lode sviluppando una tesi in ambito egittologico dal titolo La Casa della Vita nell’Egitto Antico: luoghi, riti, funzionari.

Ha partecipato a due laboratori di scavo archeologico: il primo sul sito di Urvinum Hortense a Collemancio di Cannara (PG) di epoca romana con l’Università degli Studi di Perugia; successivamente sul sito archeologico di Nora (Pula, CA) nella sezione competente all’Università degli Studi di Milano, quindi di epoca romana, contribuendo anche alle operazioni di post-scavo.

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