Ermafrodito: metamorfosi del mito

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Grazie all’invito di Electa Editore, giorno 10 ottobre ho avuto il piacere di assistere ad uno degli eventi della rassegna Mito-Mania che chiudono la mostra Amori Divini tenutasi presso il Museo archeologico di Napoli per quattro mesi. L’esposizione, a cura di Anna Anguissola e Carmela Capaldi, con Luigi Gallo e Valeria Sampaolo propone un percorso nel mito greco e nella sua fortuna attraverso storie che da sempre hanno affascinato antichi e moderni, intrise di due elementi narrativi molto forti: seduzione e trasformazione. A partire dalla letteratura e dall’arte greca, attraverso poi la fortuna dell’opera di Ovidio, Le Metamorfosi, i miti di Danae, Leda, Europa, Narciso, Ermafrodito ecc. sono entrati nell’immaginario collettivo degli antichi, costituendo poi materia di riflessione anche per la moderna psicologia.

La mostra è stata suddivisa in quattro sezioni e grazie ad Anna Anguissola le visita tematica si è concentrata sull’ultima sezione, quella degli “amori negati”, approfondendo uno dei miti più complessi e affascinanti dell’antichità, quello di Ermafrodito. I miti di Dafne ed Apollo, Narciso ed Eco, Ermafrodito e Salmacide, sono pressoché sconosciuti nel mondo greco arcaico e classico ma cari ad Ovidio che, affascinato, recupera fonti orientali e rielabora i racconti che divennero poi straordinariamente amati dai Romani. La loro fortuna, in letteratura così nell’arte, è legata alla materia del mito che offre uno spunto di riflessione per l’esplorazione dell’animo dell’adolescente e del passaggio verso la maturità sessuale. La metamorfosi rappresenta il punto di rottura e il contrasto tra un animo proiettato verso la maturità sessuale, esplicitato da un corpo attraente e un animo ancora fanciullesco e riluttante verso le lusinghe dell’amore. Questo tema che tratta della tensione tra aspetto fisico e disposizione dell’animo, è punto di arrivo dell’ultima tappa del percorso della mostra Amori Divini ed ha al centro il caso affascinante ed emblematico di Ermafrodito.

La storia di Ermafrodito e Salmacide, nella memoria collettiva, è quella che ci viene trasmessa da Ovidio nel libro IV delle Metamorfosi. Protagonista del racconto è un giovane di quindici anni, figlio di Ermes ed Afrodite, nel cui volto si riconoscono i tratti di entrambi i genitori, dai quali trasse anche il nome che Ovidio non dirà se non al termine dell’episodio del mito. Il giovane, bramoso di avventure, decide di abbandonare il luogo natio per viaggiare e scoprire il mondo.

In una grotta dell’Ida le Naiadi allevarono un fanciullo

che Mercurio aveva avuto dalla dea di Citera:

il suo volto era tale da potervi ravvisare i lineamenti

di entrambi i genitori; persino il suo nome era tratto dai loro.

Non appena compì quindici anni abbandonò i monti

della terra natia e, lasciata l’Ida che l’aveva allevato,

si divertiva a vagare per luoghi ignoti, a scoprire torrenti

sconosciuti, alleviando con la curiosità la fatica.

Giunto in Caria, nel territorio di Alicarnasso, si imbatte in uno stagno d’acqua limpidissima dove vive una ninfa di nome Salmacide. A differenza delle altre compagne, la ninfa disdegna le attività venatorie e si dedica prevalentemente alle arti di Venere. Un giorno, mentre raccoglie fiori, vede presso la fonte il bel figlio di Hermes e Afrodite. L’incontro tra i due mette in moto una precipitosa catena di eventi che vede la ninfa invaghirsi all’istante del giovane. Mossa dalla sua natura frivola, la ninfa dapprima prova a sedurlo con le parole che Odisseo rivolge a Nausicaa poi passa direttamente all’azione eccitata dall’inesperienza del ragazzo che sa solo arrossire davanti alle avance della ragazza.

“O ragazzo, che tanto appari

degno d’essere un dio, se sei un dio, puoi essere Cupido,

se sei un mortale, beati quelli che ti generarono,

felice tuo fratello, fortunata in verità

tua sorella, se ne hai una, e quella nutrice che ti porse il seno;

ma di gran lunga più beata e più di tutti la tua sposa,

se ne hai una, o la donna che riterrai degna d’esserlo.

Se già la possiedi, resti il mio un desiderio segreto,

diversamente scegli me e uniamoci nel medesimo letto”.

Questa ormai in preda all’eros tenta in più modi di gettarglisi al collo, ma la minaccia del contatto fisico sembra scuotere il giovane che la respinge. Il culmine dell’azione deve ancora arrivare. Il giovane, pensandosi al sicuro, si immerge nello stagno e nel momento in cui si denuda scatena ancora di più il folle desiderio di Salmacide che non sapendo più dominarsi si getta nuda in acqua. Segue una lotta che capovolge ogni aspettativa e rovescia i ruoli. Il ragazzo resiste e continua a respingerla, la giovane lotta e cerca di avvinghiarsi a lui, lo bacia, lo tocca e rivolge un’inaspettata preghiera agli dei affinché mai la separino dall’amato. Sorprendentemente gli dei esaudiscono la preghiera in favore dell’assalitrice e a discapito della vittima. I corpi avvinghiati si fondono e assumono un “unico aspetto”, una duplice forma né donna né fanciullo eppure simile ad entrambi. La nuova creatura è una fusione di due generi anche se ad uscire dalle acque è in effetti il solo fanciullo di cui Ovidio svela finalmente il nome, Ermafrodito, entrato in acqua uomo ed uscitone uomo a metà.

Con ostinazione il pronipote di Atlante rifiuta alla Naiade

il piacere che sogna; lei lo incalza e, avvinta a lui

con tutto il corpo, lo stringe a sé dicendo: “Dibattiti, dibattiti,

tanto, infame, non mi sfuggirai! Fate che mai venga il giorno,

o dei, che da me lui si stacchi ed io da lui!”.

A differenza però degli altri amori negati, la metamorfosi di Ermafrodito non riguarda solo l’aspetto fisico, ma anche la personalità che unisce e fonde due creature con animi ben distinti tra loro; quella del timido e irrequieto Ermafrodito e quello della ribelle e aggressiva Salmacide.

La vicenda non è un’invenzione ovidiana, ma nasce in ambito greco dove però tuttavia i riferimenti alla storia sono abbastanza rari. Ermafrodito ricorre più volte in contesti legati ad Afrodite, Pan e le Ninfe, è celebrato come eroe civilizzatore, inventore del matrimonio legale, protettore della fecondità maschile. È invece in ambito ellenistico che la figura perde la sua valenza mascolina e il termine “ermafrodito” comincia a connotare figure effeminate e sessualmente passive, spostando quindi la problematica del mito su un terreno erotico con valenza dispregiativa. In linea con questa tradizione ma assolutamente originale è quello che Ovidio scrive del mito nelle Metamorfosi, nelle quali accentua l’immagine erotica ma aggiungendo dei particolari assolutamente originali e innovativi nel contesto del poema. La figura di Salmacide è quella che più di tutte rompe gli schemi tradizionali del rapporto uomo-donna. Ninfa ribelle e aggressiva, dedica il suo tempo, come una matrona dell’alta società romana, alle cure di bellezza e inoltre tenta in tutti i modi di conquistare Ermafrodito usando la forza e le stesse strategie che solitamente usano gli dei per conquistare le ninfe. Dapprima usa le parole seduttive di Odisseo, poi, agendo sotto una forte carica sessuale incontenibile, tenta l’assalto fisico. A questo stravolgimento dei ruoli, risponde anche la metamorfosi che non interviene per salvare la vittima che implora aiuto ma agisce per esaudire le richieste capricciose del carnefice, la ninfa, che chiede di divenire con il malcapitato un unico essere. La trasformazione che ne deriva snatura di fatto l’identità della vittima condannata ad essere unita per sempre al suo assalitore.

Nel mondo delle immagini, Salmacide non appare mai. Di Ermafrodito, invece, vi sono due differenti repertori di immagini; una legata alla versione più antica del mito dove Ermafrodito appare come divinità protettrice della fertilità maschile, l’altra invece dove il giovane è investito di tutta la nuova carica erotica derivata dalla seconda versione del mito. Questo filone iconografico sembra già potersi collocare in contesto tardo ellenistico, come attestano alcune rappresentazioni del giovane addormentato di II-I secolo a.C. Tuttavia, è durante il periodo Imperiale romano che si enfatizza maggiormente l’aspetto erotico con la diffusione di una certa tipologia di statue sia in ambito privato che pubblico, soprattutto nelle terme e nei teatri. Le immagini adottano sia il tipo dell’Ermafrodito dormiente sia quella in cui il giovane tenta di liberarsi dall’assalto di un Satiro che lo avvinghia strettamente con una gamba. Queste immagini rispondono ad un gusto tipicamente voyeuristico dell’epoca, soprattutto in ambito vesuviano, dove il corpo addormentato di Ermafrodito viene svelato da Pan.

In queste scene la meraviglia sta nello scoprire la duplice natura sessuale del giovane, uomo a metà. L’ambiguità del corpo viene sapientemente celata agli occhi di chi guarda dalla maestria dell’artista. Nel casi delle realizzazioni plastiche, la composizione impone una certa partecipazione dello spettatore che deve girare a 360° attorno all’opera per scoprire l’ambiguità del corpo che viene svelata non da una visione frontale bensì solo da una fruizione a tutto tondo.

Emblema di questo genere erotico è il gruppo con symplegma di Satiro ed Ermafrodito proveniente da Oplontis, Torre Annunziata. Il tipo, derivato dalla tradizione ellenistica, raffigura il giovane Ermafrodito che tenta di difendersi dall’aggressione di un satiro. Solo girando attorno alla scultura lo spettatore potrà scoprire la reale natura della vittima. Ermafrodito veste i panni di una ninfa, con corpo seducente e profilo femmineo. Questo è il risultato di un’evoluzione iconografica al quale si aggiunge l’insidia di un satiro attratto dal seducente corpo.

Accolsero gli dei i suoi voti: i due corpi uniti

si fondono annullandosi in un’unica figura.

Come vedi saldarsi, mentre crescono, due rami e svilupparsi

insieme, se li unisci sotto la medesima corteccia,

così, quando le loro membra si fusero in quel tenace abbraccio,

non furono più due, ma un essere ambiguo che femmina non è

o giovinetto, che ha l’aspetto di entrambi e di nessuno dei due.

Quando Ermafrodito s’accorge che il corso d’acqua, in cui uomo

s’era immerso, l’aveva reso maschio a metà e aveva infiacchito

le sue membra, tendendo le mani, ma con voce che ormai

più non è virile, esclama: “Padre mio, madre mia, a vostro figlio,

che porta il nome di entrambi, concedete una grazia:

ogni uomo che scende in questa fonte ne esca dimezzato,

s’infemminisca non appena s’immerge in queste sue acque!”.

 

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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