Nonostante le difficoltà imposte dalle attuali restrizioni sanitarie mondiali, la missione archeologica al lavoro ad Amarna (l’antica Akhetaton) è riuscita nel suo piccolo a continuare almeno parzialmente il lavoro. Con il sopraggiungere della pandemia nel marzo 2020, un piccolo gruppo del team capitanato da Barry John Kemp era riuscito a trattenersi altri due mesi per catalogare i reperti emersi nei passati scavi, mentre con la primavera 2021, anche se su scala ridotta e con una piccola squadra, aveva preso il via una nuova stagione di lavoro sul campo. Tra gli obiettivi, il completamento della costruzione del muro settentrionale del Tempio Lungo nel Grande Tempio dell’Aton, eretto sia per rendere le forme dell’edificio più “leggibili” (anche per i visitatori della capitale amarniana) che come misura di protezione contro l’espandersi dell’adiacente e moderno cimitero del villaggio di El-Till (un messaggio rivolto quindi alla popolazione locale per far comprendere loro che il tempio è un monumento antico e dovrebbe essere rispettato).

La struttura in muratura eretta in quella primavera ha riempito un vuoto di 75 m lasciato tra il muro costruito nel 2020 e l’angolo nord-est completato nel 2017 (ad oggi il muro ha una lunghezza totale di 185 m. Immagine 1 e 2).

IMMAGINE 1 – Vista sulle fondamenta pronte per il corso finale dei blocchi di calcare di Tura lungo la parete nord del Grande Tempio di Aton. In primo piano i blocchi di Tura che formano l’angolo nord-est già completato. Le fondamenta corrono per una lunghezza di 185 m, fino al pilone nella parte anteriore del tempio. (©Amarna Project)
IMMAGINE 2 – Pianta della parte posteriore del Tempio Lungo che mostra lo stato di avanzamento dei lavori di studio e ricostruzione realizzati nella primavera del 2021. La pianta è quella di Ralph Lavers realizzata per la spedizione dell’Egypt Exploration Society del 1932 (vedi City of Akhenaton III, Tav. III). (©Amarna Project)

La porzione di parete ricostruita è composta da due strati: quello inferiore, costruito con piccoli blocchi di calcare locale, viene interrato e arriva al livello del pavimento originale; quello superiore, che resterà visibile, è costruito con blocchi delle cave di Tura tagliati con le stesse misure di quelli antichi. (Immagine 3)

IMMAGINE 3 – L’angolo nord-est del tempio è un esempio di come la parte posteriore del Tempio Lungo del Grande Tempio di Aton apparirà al pubblico. (©Amarna Project)
IMMAGINE 4 – L’angolo nord-est del Tempio Lungo del Grande Tempio di Aton costruito nel 2017. Dalla foto si distinguono bene i due diversi strati di costruzione della struttura in muratura e l’antica gettata per la posa delle millenarie fondamenta. (©Amarna Project)

Il lavoro di costruzione è sempre preceduto da un iter ben preciso: l’antico strato di fondazione in “calcestruzzo di gesso” (uno strato di gesso misto a frammenti di pietra) deve essere prima pulito, poi fotografato e documentato; successivamente, utilizzando delle corde, si delineano con precisione i corsi delle facce interne ed esterne dell’antico muro; e solo dopo aver ricoperto di sabbia lo strato in calcestruzzo originale si procede con la posa dei nuovi blocchi (Immagine 4 e 5).

IMMAGINE 5 – Un tratto dell’antico strato di fondazione in “cemento” di gesso appena riportato alla luce. Juan Friedrichs registra i dettagli dell’antica pianta conservata sulla superficie in gesso (©Amarna Project)

La spesa per l’acquisto dei blocchi di pietra è stata in parte coperta da donazioni private: chiunque lo desideri può sostenere il lavoro dell’Amarna Project con delle donazioni che possono essere di qualsiasi entità (ad esempio: per donare un blocco sono sufficienti €.7,00, ma puoi contribuire anche all’acquisto di una tavola per le offerte per il Grande Tempio di Aton); chi apporterà il suo contributo vedrà il suo nome (e volendo anche un suo messaggio personale) inciso sul suo monolito (per sponsorizzare click here).

Ma andiamo per ordine e facciamo un passo indietro cercando di capire al meglio questo lavoro e tutte le scoperte che esso ha portato.

Come sappiamo, dopo che Akhetaton fu abbandonata, la città di Akhenaton e Nefertiti venne completamente smantellata e gli edifici vennero utilizzati come cave da cui “estrarre” materiale di costruzione per le città vicine. Ciò che rimase della meravigliosa capitale amarniana fu solo una desolata spianata, dove sparsi qua e là si potevano notare cumuli di frammenti lapidei e delle depressioni poco profonde che segnavano le fondazioni delle strutture in pietra. Questo era tutto ciò che rimaneva degli eleganti edifici.

E’ seguendo proprio quelle depressioni che nel 1932 la missione dell’Egypt Exploration Society ha riportato alla luce le fondamenta del Grande Tempio dell’Aton (quando si parla di “Grande Tempio di Aton” parliamo di tutto ciò che si trova all’interno dell’enorme muro di cinta in mattoni di fango. Immagine 6 e 7). In un solo mese Pendlebury riuscì a scavare l’intero Tempio Lungo, lasciando dietro di sé cumuli di detriti su tutti e quattro i lati. Gli scavi furono condotti su larga scala, ciò permise di esporre e documentare le parti principali del tempio in un tempo relativamente breve e rese possibile una prima planimetria.

IMMAGINE 6 – Veduta aerea del 1935. Foto scattata dall’Egyptian Royal Air Force. Da confrontare l’estensione del cimitero moderno con l’Immagine n.4. (©Amarna Project)
IMMAGINE 7 – Pianta del recinto del Grande Tempio di Aton con al suo interno le strutture principali e, segnato in rosso, l’area di estensione del cimitero moderno. (©Amarna Project)

Un secondo, più approfondito e recente esame si è reso perciò necessario: l’intento del team di Kemp, dunque, è quello di portare alla luce nuove e più dettagliate informazioni utili a comprendere meglio la stranezza dell’antica struttura. Anche se gli strumenti a disposizione non sono poi così cambiati da allora (come nel secolo scorso si può solo lavorare sulla pianta dell’edificio e sulle scene rappresentate nelle tombe rupestri amarniane), il processo di scavo e il costante lavoro di stesura di relazioni portano a considerare gli aspetti pratici su come l’edificio venne utilizzato. Nascono così nuove idee, che man mano vengono avvalorate, scartate o modificate nella speranza che alla fine possa emergere un quadro che corrisponda il più possibile alla realtà, anche se potrebbe non esserci mai la prova definitiva che attesti che una di queste idee sia “vera”. Nel 2012 gran parte del temenos settentrionale era già invaso dall’adiacente cimitero moderno, di conseguenza si doveva agire in fretta per rendere nuovamente visibili i confini del tempio dedicato all’Aton. E’ proprio nel 2012 che prende il via il nuovo progetto dell’Amarna Project con un programma che prevede lo studio dei resti, la pulizia del sito e di segnare con un lavoro in muratura il profilo della struttura principale del Grande Tempio dell’Aton, ovvero dell’edificio lungo e stretto che si trova nella parte anteriore del grande recinto, quello che tutti noi conosciamo come Gem-pa-Aton. Kemp però va cauto con questa identificazione: il nome originale potrebbe essere stato Gem-pa-Aton (“Scoperta di Aton”), ma lui preferisce usare il termine neutro “Long Temple” (Tempio Lungo). Il nome egizio attribuito a questo edificio da Pendlebury (e in seguito da Fairman) risale alla pubblicazione degli scavi del 1932, dove venne ipotizzato l’antico nome della grande struttura in pietra a seguito del ritrovamento di diversi frammenti incisi che riportavano questa denominazione (COA III, 191-192). Tuttavia non siamo sicuri che con quel nome gli Egizi indicassero l’intero edificio né che, se così fosse, il termine fosse stato creato per la prima versione del tempio (quella con le tavole d’offerta in mattoni di fango) e poi mantenuto quando i mattoni di fango furono sostituiti con la pietra. Il termine Tempio Lungo, che intende riferirsi all’intero edificio in pietra iniziato dopo l’anno 12 del regno di Akhenaton, riduce l’incertezza.

All’inizio i lavori si sono concentrati sullo scavo e sulla delimitazione dell’area d’ingresso del tempio, compreso il “Piccolo Palazzo” e le due serie di colonne poste davanti al primo cortile.  Tra queste degna di particolare nota è la piattaforma per le offerte personali di Akhenaton situata nel punto in cui il sovrano poteva osservare il sorgere del sole sulle scogliere orientali.  Di questo rito ne abbiamo testimonianza nelle tombe rupestri dei Sommi Sacerdoti di Aton Meryra e Panehsy (intestatari rispettivamente della TA4 e TA6), le quali forniscono anche preziose informazioni sulle strutture all’interno del recinto del tempio (Immagine 8).

IMMAGINE 8 – Raffigurazioni del Tempio Lungo nelle tombe rupestri di Meryra e Panehsy ad Amarna (©Amarna Project)

Nella stagione primaverile del 2021 l’attenzione si è spostata sul retro del Tempio Lungo, concentrando le energie sulla linea della parete nord. L’intento, comunque, è quello di estendere lo sgombero fino a documentare l’intero complesso.

Con il nuovo progetto sono arrivate le prime nuove considerazioni.

Nel riportare alla luce le originali trincee di fondazione del tempio, e grazie alla conservazione delle impronte dei talatat posati dagli Egizi sulle fondamenta in “cemento”, non solo è stato possibile ricostruire l’impianto definitivo che Akhenaton scelse per il suo più importante monumento dedicato all’Aton, ma sono emerse preziosissime informazioni su come gli antichi costruttori di Akhetaton lo edificarono.

Analizzando la parte posteriore del Tempio Lungo sappiamo che gli antichi costruttori realizzarono le fondamenta stendendo sullo scavo di trincea uno strato di gesso misto a frammenti lapidei (che il team di Kemp chiama appunto “calcestruzzo di gesso” o “cemento”) sul quale posarono i blocchi di pietra. Di questo cemento ne sono sopravvissute ampie sezioni. Il materiale di fondazione si estende su tutta la parte posteriore del tempio e, nonostante sia materiale relativamente fragile, si è ben preservato anche grazie allo strato di sabbia dello spessore di 10 cm che vi si è accumulato sin dal primo sgombero del 1932 da parte dell’Egypt Exploration Society. La superficie di cemento, infatti, conserva ancora i contorni dei blocchi di pietra adagiati sia per l’erezione dei muri e delle tavole d’offerta che i segni di altre parti architettoniche erette su di essa (Immagine 9). Questi dati furono già parzialmente registrati durante la missione del 1932 da Pendlebury e dall’architetto Ralph Lavers e permisero di ricostruire la pianta come pure l’aspetto generale dei due edifici principali racchiusi nell’enorme recinto del Grande Tempio dell’Aton: il Tempio Lungo e il Santuario.

IMMAGINE 9 – L’estremità occidentale delle fondamenta del muro nord pulita nella primavera del 2021. La muratura in pietra sul lato destro dell’immagine è stata completata nel 2020 e poggia su un letto di sabbia pulita che separa il nuovo muro dallo strato originale di calcestruzzo in gesso. (©Amarna Project)
IMMAGINE 10 – Ricostruzione della pianta del Grande Tempio di Aton. (©Amarna Project)

Interessanti sono le fondazioni quadrate del colonnato e i tre cortili del tempio disposti uno dietro l’altro alle spalle dell’area ipostila che segna una netta divisione del luogo di culto a circa 2/3 della sua estensione (Immagine 10), una divisione importante che è stata rimarcata creando un dislivello sul pavimento (vedi lo “step” sull’immagine 2). I primi tre cortili, infatti, contenevano file di tavole per le offerte separate solo dalla linea del corridoio centrale del tempio ed erano circondate da ampi spazi: aree di movimento quasi del tutto assenti nei tre cortili successivi. Questi ampi spazi consentivano un facile accesso alle molte persone che vi affluivano anche attraverso le entrate poste lateralmente. In linea generale, si evince che qui le fondamenta non erano estese da un lato all’altro dei cortili, ma erano concentrate nelle sole aree dove si trovavano le singole tavole d’offerta. La zona calpestabile, invece, era formata da uno strato di cemento versato sulla sabbia e sul quale vennero direttamente adagiate le lastre dei pavimenti in pietra, senza fondazioni inferiori. Le fondamenta, quindi, sono presenti soltanto sotto le pareti e le singole tavole d’offerta.

Nella passata primavera sono stati indagati un tratto della linea di fondazione del muro perimetrale settentrionale e una fascia di cemento adiacente alla parte interna del muro (vedi immagine 2). Questa volta, però, analizzando l’area sulla quale era stata posata la pavimentazione, sono emerse chiare impronte di blocchi in calcare. Qui il pavimento poggiava su delle solide fondamenta in pietra (Immagine 11).

IMMAGINE 11 – La stessa area della figura 5 da un diverso punto di vista e prima che fosse stata posata una qualsiasi delle nuove opere in pietra. Qui la natura delle fondamenta cambia: lo strato di calcestruzzo di gesso è stato applicato da un lato all’altro del tempio, invece di lasciare una striscia vuota accanto al muro nord del tempio. (©Amarna Project)
IMMAGINE 12 – Parte di una pianta a matita in scala 1:25 della piattaforma di fondazione in calcestruzzo di gesso disegnata da Juan Friedrichs nella primavera 2021. In alto i segni dalla parete nord del tempio, in basso i rettangoli che segnano le posizioni delle tavole d’offerta. Le linee in blu tenue rappresentano le linee di inchiostro nere segnate sul gesso. (©Amarna Project)

La superficie dello strato di fondazione in calcestruzzo di gesso ha fornito molti indizi su come gli antichi costruttori avevano operato. Già dall’inizio dei lavori nel 2012 il team di Kemp aveva notato che gli operai egizi erano molto abili nel miscelare gesso e frammenti di pietra così da ottenere una consistenza tale che, asciugandosi, non si spezzava. Indurita, la superficie era però irregolare, sporgevano pezzi di pietra. I muratori avevano bisogno di una superficie più liscia per la posa dei blocchi o delle lastre per la pavimentazione, così stendevano sopra (o versavano) un sottile strato di gesso umido privo di pietre. Una volta asciutto, venivano tracciate delle linee rette sul piano cementato utilizzando spezzoni di spago imbevuto di pigmento nero: seguendo questi segni sarebbero poi state erette le pareti. Sulla gettata a nord sono ben visibili due linee parallele, continue, distanti tra loro tra 1,14 e 1,18 m, a testimonianza di questa pratica. Le tavole delle offerte erano state per lo più disposte utilizzando lo stesso metodo, tracciando linee nere sul gesso delle fondamenta (Immagine 12).

IMMAGINE 13 – Il profilo di una delle tavole per le offerte inciso a scalpello sulla superficie dello strato di fondazione in calcestruzzo di gesso. (©Amarna Project)

Anche se in alcuni punti non è rimasta nessuna traccia visibile di “inchiostro”, possiamo notare che i contorni furono evidenziati segnandoli con uno scalpello (Immagine 13). In alcuni casi si è potuta valutare anche la qualità del lavoro svolto dagli Egizi: in qualche punto è chiaro che un operaio aveva accelerato il suo lavoro segnando solo gli angoli, mentre nell’area dell’angolo nord-est è stata riscontrata una maggiore mancanza di attenzione nel tracciare i contorni.

Le pietre del corso inferiore furono pressate contro la gettata di cemento con le mani, sono inequivocabili le lunghe scanalature lisce lasciate dalle dita nel tentativo di far ben aderire la malta ai blocchi.

IMMAGINE 14 – Uno dei buchi per le impalcature sul lato nord del muro del tempio. Si trova a ridosso delle impronte del corso inferiore dei blocchi di pietra. Una volta rimosso il palo, il foro è stato nuovamente riempito con malta di gesso. (©Amarna Project)

Man mano che il muro si alzava, lungo il bordo dello strato di fondazione in calcestruzzo della facciata esterna venivano praticati dei fori, proprio vicino alla linea del muro. Successivamente questi fori furono riempiti con cemento poi levigato (Immagine 14). Gli archeologi ritengono che questi fori dovessero contenere i pali dei ponteggi in legno sui quali lavorarono i costruttori intenti ad innalzare la parete. Al contrario, in alcune zone sono visibili fila di fori tagliati nel cemento (e vuoti) utilizzati per posizionare le leve che permisero la successiva demolizione del tempio. (Immagine 15)

IMMAGINE 15 – Parte dello strato di fondazione in “cemento”. A sinistra, in diagonale, la linea del muro del tempio; sulla destra le pareti che formavano piccole stanze ciascuna delle quali contenente un’unica tavola delle offerte. In alcuni punti sono ben visibili le impronte lasciate dai blocchi di pietra. (©Amarna Project)

Dai magazzini è stato prelevato un frammento abbastanza grande di una colonna in calcare che adornava la parte più interna del tempio. Comparandolo ad un frammento delle colonne della tomba di Ay gli esperti hanno stabilito che il colonnato dovesse raggiungere circa i 5,5 m di altezza. Alle spalle di questo colonnato, come accennato, si innalzano in successione una serie di piloni che dividono la parte più interna del tempio in tre cortili. In ognuno di essi si può notare una sempre maggiore concentrazione di tavole d’offerta tanto da lasciare libero solo il corridoio centrale, contrariamente a quanto visibile nelle corti precedenti dove c’è una maggior possibilità di movimento sia ai lati che lungo il corridoio centrale (vedi immagine 10). Negli ultimi due cortili alcune di queste tavole sono disposte singolarmente, o in gruppi di tre, all’interno di piccole stanze create appositamente per il culto. Questa parte posteriore del tempio, con portico separato e fitta disposizione degli spazi interni molto diversa dal resto del santuario, rappresenta quasi un edificio a sé stante, con un aspetto unico nel suo genere, anche se le sue dimensioni e proporzioni ricordano la parte posteriore del Tempio di Luqsor (32,5 m contro i 36 m della parte posteriore di quello di Luqsor: quindi, questo di Amarna è di appena 3,5 m più piccolo). Questa somiglianza fornisce un punto di partenza per comprenderne la complessità interna.

Una volta terminata la ricostruzione del muro perimetrale settentrionale, per l’angolo nord-est si è proceduto diversamente: possiamo dire che l’area è stata oggetto di un recupero più completo.  Qui il team di Kemp non si è limitato a ricostruire i soli muri perimetrali del tempio, ma sono state completate anche le pareti interne e le tavole d’offerta così da far emergere quello che dovrebbe essere nel suo insieme l’aspetto finale di questa ricostruzione. Il lavoro della primavera 2021 ha interessato due stanze costruite contro la parete nord e parte della stanza lunga e stretta costruita contro la parete est, ma anche le basi delle tavole d’offerta disposte subito all’esterno di questi spazi “privati” (Immagine 16 e 19).

IMMAGINE 16 – L’angolo nord-est del tempio alla fine della stagione primaverile 2021. (©Amarna Project)
IMMAGINE 17 – Angolo nord-est del tempio: si sta lavorando in una delle stanzette alla costruzione di una tavola delle offerte. Una base in cemento armato sosterrà i blocchi. (©Amarna Project)

Secondo le immagini pervenuteci dalle tombe e le tracce rimaste sullo strato di fondazione in gesso, ciascuna delle piccole stanze doveva contenere un singolo tavolo per le offerte di forma rettangolare, mentre il lungo vano addossato alla parete di fondo doveva essere provvisto di un gruppo di tre altari. Quindi, seguendo le linee e gli altri indicatori visibili sullo strato di fondazione in calcestruzzo di gesso, i moderni operai hanno delineato le pareti delle due piccole stanze e marcato con piccoli blocchi un rettangolo di 112 x 86 cm, che corrisponderebbe alle dimensioni di una tavola per le offerte. I blocchi per gli altari sono stati adagiati su una base di cemento rinforzata con una griglia di ferro (Immagine 17). Al centro del lato sud della stanza orientale è stata segnata una soglia che indica la probabile posizione dell’accesso originario. Purtroppo nella scorsa campagna sono state marcate solo due tavole, in quanto i blocchi di calcare di Tura erano terminati segnando la fine della stagione e rinviando a quella successiva (questa del 2022 appena terminata) il completamento di queste stanze d’angolo.

Ciò che ne è emerso è che si accedeva alla sesta corte tramite una screen door (una sorta di separè) e che l’ambiente ospitava 61 tavole d’offerta disposte attorno a una piattaforma centrale destinata ad accogliere altre donazioni. Mentre i segni delle tavole si sono per lo più conservati, la distruzione della piattaforma ha comportato anche la completa rimozione delle sue fondamenta. Per questo motivo, per avere un’idea su come dovesse presentarsi la corte si è dovuto fare affidamento alle raffigurazioni del tempio dipinte nelle tombe rupestri degli alti funzionari Meryra e Panehsy che si trovano nella falesia orientale di Amarna. Alcuni frammenti architettonici in granito recuperati nell’area circostante potrebbero far pensare ad una massiccia piattaforma realizzata con questo materiale. Delle 61 tavole d’offerta 42 sono “libere”, ovvero disposte seguendo il disegno comune alle due corti precedenti (la quarta e la quinta) e distanziate da spazi molto stretti, mentre le altre, come già accennato, sono distribuite all’interno di piccole stanze edificate lungo le pareti perimetrali della corte in un numero che varia da uno a tre. Non si è sicuri trattasi di cappelle private per la famiglia reale, ma probabilmente le ultime due corti del Pr Itn, che hanno una disposizione identica, dovevano essere aree riservate e accessibili solo ad Akhenaton, alla sua famiglia e ai sacerdoti autorizzati. (Immagine 18 e 19)

IMMAGINE 18 – A sinistra: un’immagine del retro del tempio scolpita nella tomba del sacerdote Meryra ad Amarna. Il grande tavolo delle offerte etichettato “B” è quello che si trovava nello spazio rettangolare vicino alla parte posteriore. L’altra tavola delle offerte “A” si trovava a ovest, nell’area successiva, dove sono stati scavati i resti ma non è ancora iniziata la ricostruzione. A destra: pianta restaurata della corte più orientale del Tempio Lungo del Grande Tempio di Aton. La grande tavola delle offerte in fondo (“B” nella scena di Meryra) verrà ricostruita come una piattaforma su cui si ergerà un grande blocco di granito (qui in rosso); in origine dovrebbe aver avuto una decorazione scolpita sui lati. (©Amarna Project)
IMMAGINE 19 – Veduta dell’area dove sono state ricostruite le fondamenta delle mura e delle tavole d’offerta (©Amarna Project)

La settimana scorsa, come accennato, si è conclusa la prima campagna di questo 2022 che ha visto il completamento delle restanti 59 tavole d’offerta e la rimozione dei cumuli di detriti formatisi con gli scavi del 1932 di John Pendlebury, cumuli che circondavano i quattro lati del tempio principale (Immagine 20 e 21). Per il prossimo autunno è previsto il completamento delle restanti caratteristiche architettoniche della sesta corte e la costruzione della grande piattaforma centrale sempre destinata ad accogliere le offerte per il culto dell’Aton. L’attenzione poi si sposterà più a ovest, così da delineare le fondamenta del pilone che divide le corti cinque e sei e segnare le tavole per le offerte della penultima corte.

IMMAGINE 20 – Le tavole delle offerte della sesta corte in fase di costruzione. Campagna primavera 2022. (©Amarna Project)
IMMAGINE 21 – La corte più a oriente del Tempio, la sesta, come appare alla fine di questa stagione (Primavera 2022). Mancano ancora la grande piattaforma centrale, le pareti sud e ovest e quelle delle piccole stanze occidentali (©Amarna Project)

Questi 10 anni di lavori sono stati davvero proficui e oltre a delineare il profilo del tempio hanno permesso di correggere alcuni errori di rilevazione compiuti in passato.

La pulizia della trincea di fondazione dell’ultimo tratto del muro nord e delle aree adiacenti lo strato in calcestruzzo di gesso ha restituito molti frammenti di pietra scolpita e decorata, principalmente in calcare ma anche in granito. Sono state raccolte circa 50 casse di frammenti che richiederanno un lungo lavoro di documentazione (registrazione, fotografia, disegno e preparazione per la conservazione) al termine del quale verrà redatta una relazione illustrata pubblicata sul sito web dell’Amarna Project. Tra questi frammenti: parte di un basamento di una scultura su cui è ancora conservato un paio di piedi che, per le piccole dimensioni, dovrebbe aver rappresentato una delle figlie di Akhenaton (Immagine 22); inoltre, pezzi di granito provenienti da una spessa cornice e un angolo inscritto su entrambe le facce con i cartigli verticali di Aton (Immagine 23). Messi insieme, i pezzi suggeriscono un naos all’interno del quale si trovava la famiglia reale, mentre il peso dei frammenti fa ipotizzare che questi non dovevano trovarsi lontano dalla loro posizione di origine, quindi, in qualche modo, il naos doveva trovarsi negli spazi meticolosamente organizzati di questa parte dell’edificio. Diversi frammenti di pietra erano probabilmente parti di grandi figure umane, mentre i pezzi di marmo verde probabilmente erano intarsi architettonici. Tra gli oggetti ritrovati anche alcuni strumenti di pietra e frammenti di vasi.

IMMAGINE 22 – S-15692. Uno dei frammenti di un naos di granito che conteneva un gruppo statuario in piedi della famiglia reale. I piedi scolpiti su questo frammento probabilmente appartenevano a una delle principesse. (©Amarna Project)
IMMAGINE 23 – S-15509. Un altro pezzo dello stesso naos che conteneva l’immagine della famiglia reale. Qui il frammento del lato sinistro del naos di granito con inscritto il cartiglio di Aton in verticale. (©Amarna Project)

E’ stata pulita anche l’area del colonnato che si trova di fronte al primo dei piloni a L che dividono la parte più interna del tempio. Quest’area ha rilasciato frammenti di calcare appartenenti alle colonne papiriformi: sono distinguibili i fasci delle piante e le foglie. Sempre da questa area, nel 2017 la spedizione ha recuperato un grosso frammento della base di un capitello di cui si aveva già notizia dal 1932, in quanto appariva già nelle fotografie di quell’anno. Degni di nota sono diversi frammenti decorati che risultano scolpiti su una pietra calcarea di ottima qualità, molto bianca e con grana fine. Questi frammenti mostrano scene di diversa natura: in un pezzo vediamo carri; alcuni frammenti mostrano alberi e sotto uno di questi vediamo un uomo seduto; un altro ancora ha inciso e dipinto di blu un motivo a zig-zag che conduce all’idea dell’acqua e almeno due frammenti raffigurano piante di papiro. L’insieme di questi pezzi danno l’impressione che il colonnato posteriore e il relativo pilone segnassero una divisione importante all’interno del tempio (ne sono quindi un’ulteriore conferma) e che alcune delle superfici presentassero scene diverse da quelle più convenzionali della famiglia reale che fa offerte all’Aton. Documentando alcuni dei frammenti di alabastro provenienti da altri pannelli sono state ricavate le classiche scene della famiglia reale sotto i raggi benevoli del disco dell’Aton, ma anche offerte che includevano grappoli d’uva. Un altro frammento mostra invece l’arco di un arciere (Immagine 24).

IMMAGINE 24 – S-8113. Frammento in alabastro scolpito con il disegno di un arco. (©Amarna Project)

Quest’ultimo è un dettaglio molto significativo perché nel 1932 la spedizione di Pendlebury trovò sei frammenti di una scena di prigionieri, in uno di questi appariva un arco. Il tema rappresentato suggerisce che queste dovessero essere le pietre di un selciato o i gradini delle scale su cui il re avrebbe dovuto camminare, calpestando i suoi nemici, ma il contesto in cui è stato trovato il nuovo frammento suggerisce che il blocco fu incorporato all’interno dello strato di sabbia usato per alzare il pavimento di un tempio costruito in precedenza. Uno dei risultati di questi scavi è stata la dimostrazione che il tempio aveva visto due fasi principali di costruzione: l’edificio precedente (più semplice) fu sostituito durante il regno di Akhenaton da uno con un design più grandioso.

IMMAGINE 25 – I raggi dell’Aton rappresentati in verticale. (©Amarna Project)

Nel rimuovere i detriti accumulati da Pendlebury sono emersi numerosi frammenti calcarei che illustrano le decorazioni delle corti vicine. Alcuni di questi hanno particolarmente attirato l’attenzione degli studiosi: vi sono rappresentati i raggi di Aton che, invece di irradiarsi verso l’esterno, scendono in linee quasi verticali (Immagine 25). Questi frammenti si trovavano nel retro del Tempio Lungo, all’altezza delle piccole stanze che contenevano da una a tre tavole per le offerte. Viste le dimensioni di questi ambienti, gli archeologi hanno dedotto che nel decorare le pareti interne gli antichi artisti si trovarono a lavorare su superfici davvero limitate, di conseguenza, anche la disposizione e la direzione dei raggi di Aton potrebbero essere state adeguate allo spazio. Altra  ipotesi è che i raggi si irradiavano seguendo l’angolazione giusta per raggiungere le offerte presentate sulle tavole a cielo aperto.

Le indagini del team di Kemp non si sono soffermate al solo tempio e non tutto il lavoro della spedizione si svolge all’aperto. La maggior parte del gruppo attualmente in forza è impegnata nello studio dei reperti per i quali il magazzino recentemente costruito grazie alle donazioni fornisce una casa sicura. In questo ultimo periodo l’attenzione è incentrata sulle perle in faience e sugli intarsi del laboratorio M50.14–16 sito nella Main City South e su frammenti di pietra scolpita del Grande Tempio di Aton, in particolare su quelli in alabastro egiziano. Ci si dedica anche allo studio dei sigilli delle giare trovate nelle precedenti campagne che ha già permesso di individuare sigilli nuovi e mai disegnati prima.

Da non dimenticare nemmeno il lavoro di recupero svolto recentemente nei Desert Altars (leggi qui) e l’impegno profuso verso i ragazzi e le famiglie della comunità locale per sensibilizzarli alla salvaguardia dell’antica Akhetaton, un patrimonio culturale locale assolutamente da preservare (leggi qui).

Non resta che sentirsi parte di questo grande progetto e decidere come contribuire alle ricerche e alle opere di salvaguardia in atto ad Amarna. Anche una piccolissima donazione è importante e può fare la differenza!

Che l’Aton brilli su tutti noi!

 

Si ringrazia l’Amarna Project nella persona del prof. Barry John Kemp per tutto il materiale fornito e di cui abbiamo avuto concessione.

Contenuti e immagini di proprietà ©Amarna Project.

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