Nella giornata di domenica è stato eretto a Karnak l’obelisco della regina Hatshepsut che giaceva a terra vicino al lago sacro al centro del grande complesso templare dedicato al dio Amon.

Dopo il restauro effettuato dagli specialisti del Consiglio Supremo delle Antichità, l’erezione di questo “ago” si era reso necessario non solo per ridonargli “dignità” e continuare l’opera di recupero del complesso templare, ma proprio per la sua salvaguardia.  Infatti gli studi condotti sull’obelisco avevano dimostrato che il luogo dove era stato adagiato in passato poteva influire negativamente sulla sua integrità.

Mostafa Waziri, segretario generale dello SCA, ha fatto sapere che l’erezione dell’obelisco rientrava comunque nei lavori di restauro e sviluppo previsto per i siti archeologici dell’antica Tebe, anche se dobbiamo dire che in origine l’obelisco non si trovava affatto dove è stato ricollocato.

L’operazione, approvata dal Comitato Permanente delle Antichità Egizie, ha visto la collaborazione delle Autorità di Ingegneria delle Forze Armate per l’utilizzo delle attrezzature necessarie per innalzare ed erigere l’obelisco secondo i più recenti metodi scientifico-tecnologici.

L’obelisco di granito rosa proveniente dalle cave di Aswan è alto circa 11 metri e pesa circa 90 tonnellate. Si tratta della parte superiore di uno dei due obelischi di 30 metri circa (29.5 m) che la regina della XVIII dinastia fece erigere simmetricamente tra il IV e il V pilone in onore del padre divino Amon. Infatti nelle decorazioni, come pure nel pyramidion, sono presenti raffigurazioni e iscrizioni che rappresentano Hatshepsut e la sua devozione verso il dio tebano.

L’obelisco di Hatshepsut appena eretto a Karnak. Per avere un’idea sulle proporsioni. (ph. MoTA)

Il monolite appena recuperato era caduto in tempi antichi, frammentandosi in diverse parti, forse a seguito di un devastante terremoto che travolse il paese, mentre il basamento rimase saldo al suo posto, come pure l’altro obelisco, quello a nord, che risulta ancora integro e con la sua imponenza trafigge il cielo sopra Karnak (ricordiamo che si tratta del secondo obelisco più alto giunto a noi). I resti dell’ago caduto rimasero a terra tra le macerie delle altre strutture coinvolte nel crollo, all’altezza della Sala di Uadjet (chiamata così per le immagini che decoravano le colonne e usata per l’incoronazione del re e i giubilei periodici, gli Heb-Sed) che fu costruita dal padre di Hatshepsut, Thutmose I (1504 – 1492 a.C.), nei pressi del santuario principale, tra il IV e il V pilone appunto, di cui oggi non resta quasi più nulla.  Questo fin quando all’inizio del XX secolo l’archeologo francese Georges Legrain iniziò a sgombrare l’area e trasferì la parte superiore del monolite adagiandola nella posizione attuale, vicino al lago sacro.

Dettaglio dell’obelisco di Hatshepsut ancora adagiato a terra. Vista la possibilità di osservazione così ravvicinata, sono perfettamente leggibili sia le raffigurazioni che le iscrizioni (ph. dal web)

Penso che molte delle persone che hanno visitato Karnak ricordino il grande e affascinante frammento steso a terra, appoggiato su dei blocchi per evitare il contatto con il terreno. Era possibile osservarlo e ammirarne i dettagli da vicino. Ora, sulla cima dell’obelisco, non potremo più apprezzare così nitidamente Amon che benedice Hatshepsut, ma visitando Ipet-sut in prossimità del grande scarabeo sacro potremmo scorgere quel che sembra una figura tozza puntare verso l’alto. Con un po’ di poesia, osservandolo, dobbiamo solo provare ad immaginare con quanta magnificenza e con quanta fierezza quel monolite si innalzava affusolato verso la sommità del cielo 3500 anni fa.

L’obelisco di Hatshepsut eretto vicino al grande scarabeo sacro a Karnak (ph. MoTA)

Source: MoTA

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