Articolo di Mario Grimaldi Fotografie di Paolo Bondielli
“L’antichità ci interessa perché è diversa” con queste parole Filippo Coarelli presentò ad un pubblico ansioso e trepidante l’apertura della splendida Mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” al Museo Archeologico Nazionale di Napoli il 29 maggio 2023 curata dallo stesso e da Eugenio Lo Sardo. Le parole dell’illustre Professore aprono infatti una discussione ampia sul non dover volere a tutti i costi cercare di creare dei ponti improbabili tra la vita attuale e quella dei tempi storici, diversi infatti per molteplici aspetti sociali, tecnologici e antropologici. Ma il concetto dell’interesse per l’antico ha subito e subisce delle costanti iperboli di attenzione quando ci si pone davanti ad alcune figure immortali quale quella di Alessandro il Grande.
Esiste infatti una “storia” prima e dopo la comparsa della figura di Alessandro Magno; la sua vita, la sua storia e il suo mito hanno infatti da un lato segnato un enorme differenza tra quanto pensato e fatto prima di lui e influenzato poi dall’altro, ogni persona nata dopo di lui sino ai giorni nostri. Ciò spiega come mai egli sia il “soggetto storico” con il più alto numero di mostre ad egli dedicate (ricordo qui brevemente quella a cura di Paolo Moreno “Alessandro Magno. Storia e Mito” a Roma nel 1995/1996 e quella a cura di Katsumi Tanabe “Alexander the Great. East-West cultural contacts from Greece to Japan” a Tokyo nel 2003) così come ancora oggi ricerche vengono condotte in diverse aree geografiche e dalla sua Macedonia sino addirittura in Cina, per trovare nuove testimonianze del suo passaggio.
Ma qual è la vera grandezza di Alessandro Magno allora? Le sue conquiste? I suoi immensi tesori? Ribaltando quanto gli disse personalmente il saggio Dandami, così come riferisce Plutarco, egli non agiva in preda al furore del suo desiderio di accumulare terre o tesori ma in funzione di quello di conoscere e apprendere sempre qualcosa di nuovo, di ampliare la propria conoscenza degli esseri umani e farsi conoscere da un numero sempre più grande di uomini e donne. Il suo desiderio era essere il centro del mondo allora conosciuto.
La Mostra curata da Filippo Coarelli e da Eugenio Lo Sardo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, voluta fortemente dal Direttore Paolo Giulierini con il prezioso contributo di Laura Forte e di Marialucia Giacco e con il meraviglioso allestimento curato dagli architetti Andrea Mandara e Claudia Pescatori, aldilà delle “nuove” e più o meno concordanti attribuzioni iconografiche, si propone come una visione completamente nuova nell’analisi di alcuni aspetti che portano il giovane Re macedone ad uscire dai propri confini geografici ed etnici per misurarsi con un mondo sempre più grande e vasto, spingendosi all’opposto delle colonne d’Ercole dove nessun uomo (occidentale) era mai arrivato ma che solo una divinità come Dioniso, aveva avuto modo di visitare.
Quello che infatti lascia sempre attoniti nella lettura delle diverse fonti che trattano della vita di Alessandro, è questa descrizione trasversale di un uomo che non riusciva a darsi un punto definitivo di arrivo ma che al contrario spostava il suo traguardo sempre un passo più in là alla ricerca di un altro limite da superare. Un furore agonistico che non conosceva senso di appagamento se non ponendosi un nuovo obiettivo. Se però tale “furore” apparve da sempre essere una caratteristica del giovane re macedone ciò che stupiva era soprattutto la sua capacità di coinvolgere e convincere altri a condividere il suo sogno e la sua utopia in virtù del suo esempio e delle sue idee.
Tale sistema di vita era basato su una disciplina di condivisione marziale da un lato e grande inclusione sociale dall’altro. Questi erano i due capisaldi della politica conquistatrice di Alessandro. La grandezza del giovane Alessandro, ben delineato nella parte iniziale della mostra al primo piano, consisteva nell’essere il centro di una serie di anelli concentrici di uomini stretti a lui in diversi gradi e modi sempre più larghi fino a comprendere una vastità di popolazioni, usi e costumi mai raggiunti prima.
La Mostra che si è appena conclusa ha avuto il merito eccezionale di raccogliere da grandi realtà museali diverse, coinvolgendo un ampio numero di paesi prestatori, un vastissimo panorama di esempi iconografici, più o meno noti al grande pubblico, all’interno di un linguaggio storico artistico e sociale che pone l’accento non sull’aspetto militare delle operazioni di Alessandro ma sul loro valore sociale per l’intreccio interculturale cui esse porteranno diverse popolazioni, con usi e costumi diversi. Un esempio di quanto detto è sicuramente la meravigliosa raccolta qui visibile per la prima volta del grande gruppo equestre di Lanuvio proveniente dal Santuario di Giunone Sospita.
L’allestimento della mostra non ha fatto altro che rendere ancora più maestoso il concetto scultoreo del prototipo originale lisippeo della Turma Alexandri destinato a celebrare Alessandro e i suoi 25 hetàiroi (compagni) morti nell’attraversamento del fiume Granico. Un colpo d’occhio storico e artistico che colpisce con tutta la sua potenza evocativa e rende unica questa esperienza di ricerca e divulgazione sulla vita di Alessandro Magno.
“Il lascito più importante, che viene anche da questa grandiosa iniziativa culturale, sarà un mondo nuovo, ma stavolta per i musei: in questo mondo nessuno avrà più paura di avere visioni, di osare, di dialogare con il diverso.” Queste le parole che concludono la presentazione del catalogo breve edito da Electa della mostra, del Direttore Paolo Giulierini, che secondo lo scrivente meglio incarnano il senso del dove eravamo e dove vogliamo andare. Alessandro aveva una concezione di vita per i suoi tempi diversa perché con una visione che andava al di là dei limiti sociali e naturali che gli erano attorno e allo stesso modo anche la mostra di “Alessandro Magno e l’Oriente” si propone come l’esempio di una visione metodologica espositiva che permetta ai suoi interpreti di osare nell’avere una visione aldilà di ogni limite.
“Questo era il sogno di Alessandro e questo è il nostro sogno.”, scrive ancora Paolo Giulierini in modo lapidario e sintetico cui noi aggiungiamo che questo sogno di visione di un nuovo corso fatto di interconnessioni tra realtà e figure diverse, visto e goduto nella mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” ma anche in tutto il percorso del nuovo corso temporale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, non finisca con questa esperienza ma continui al di là del tempo e dei limiti verso nuovi orizzonti e nuovi progetti.
G A L L E R Y: