Livia Drusilla Claudia nacque a Roma nel 58 a.C. da Marco Livio Druso Claudiano e Alfidia, figlia del potente magistrato italico Marco Aufidio Lurcone. Intorno ai quindici anni andò in moglie a Tiberio Claudio Nerone,il quale combatteva assieme al suocero Claudiano nel partito dei congiurati, comandato da Cassio Longino e Bruto, contro Marco Antonio e Ottaviano.
Dopo la Battaglia di Filippi del 42 a.C., quando i congiurati furono sconfitti, Livia dovette seguire il marito in esilio per evitare la proscrizione dichiarata da Ottaviano giungendo dapprima in Sicilia, che era sotto Sesto Pompeo, e poi in Grecia. Nel 39 a.C., quando un’amnistia permise il rientro in patria dei congiurati, Ottaviano conobbe Livia ad una cena e secondo i più romantici se ne innamorò perdutamente tanto da chiedere il divorzio dalla prima moglie Scribonia e “costringendo” Nerone a fare lo stesso, cioè a lasciare libera la moglie già madre di Tiberio e incinta del secondo figlio Druso. Sebbene il romanticismo è stato più volte utilizzato come scusa per giustificare la repentinità, è più plausibile che dietro ci siano stati solo interessi politici ben specifici.
Ad Ottaviano faceva comodo avere la protezione della gens Claudia, così come ai Claudii Nerones, una figura in ascesa come Ottaviano, faceva comodo per continuare a sopravvivere sulla scena politica. Malgrado il pettegolezzo, il matrimonio tra i due durò ben 51 anni senza mai avere figli propri. Livia si mostrò sempre una donna devota e fedele, tenuta in grande considerazione dal marito stesso e formando con questo una famiglia modello per Roma e l’impero.
Dopo la battaglia di Azio del 31 a.C.,Ottaviano divenne il padrone incontrastato di Roma ma, nonostante il potere acquisito e la ricchezza, continuò a vivere in maniera modesta e impeccabile accanto alla nuova moglie sul Palatino. Livia dal canto suo, volendo essere modello per le matrone romane, non indossava né vesti sontuose né gioielli, si prendeva personalmente cura del marito, cucendogli le vesti, e fu sempre premurosa nei suoi confronti nonostante le continue voci di tradimento.
Dopo la morte del marito, avvenuta nel 14 d.C.,Livia entrò a far parte a pieno titolo della gens Iulia. Il testamento di Augusto, oltre a renderla figlia del proprio marito grazie all’atto inusuale di adozione, le lasciava un terzo del patrimonio e il titolo di “Iulia Augusta”.
Livia morì nel 29 d.C. e il figlio Tiberio rifiutò di partecipare ai funerali e ne negò la sepoltura, al punto che, con il cadavere ormai in decomposizione, inviò Caligola a declamarne l’elogio funebre e le negò la divinizzazione. Fu poi l’imperatore Claudio, nel 42 d.C. a divinizzare la propria nonna. La Diva Augusta (“Divina Augusta”) veniva onorata in occasione dei giochi pubblici da un carro trainato da elefanti che portava la sua immagine; nel tempio di Augusto le venne dedicata una statua; corse di carri vennero indette in suo onore, mentre le donne dovevano nominarla nei loro giuramenti.