Dalla pianta al foglio. La scrittura su papiro

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Per quanto il foglio di carta sia stato ampiamente superato dai numerosi supporti tecnologi non dobbiamo dimenticare che è il materiale scrittorio più diffuso dall’antichità ad oggi. Gli antichi Egizi usavano il papiro da cui attraverso un lungo processo di lavorazione ne ricavavano un rotolo. Per ironia della sorte la pianta di papiro è completamente scomparsa dall’Egitto e la si può vedere solo all’Orto Botanico del Cairo, nell’Africa tropicale e in Sicilia, presso Siracusa.

Papiro è una parola di origine egiziana che significa “regale” e il termine ne connota la pianta, il Cyperus Papyrus Linneana, una specie di canna a stelo alto che può arrivare fino a 5 metri, con sezione triangolare che culmina con una corolla. Un tempo era una pianta che prosperava molto in Egitto, soprattutto nelle zone acquitrinose del Delta e nelle paludi dell’Arsinoite, l’odierno Faiyum, e secondo testimonianze antiche,  la si poteva trovare anche in Etiopia, Palestina e Babilonia. La larga diffusione ne favorì diversi usi nella vita quotidiana, soprattutto grazie al basso costo: alimentare, ornamentale, artigianale, medicinale, ecc.; tuttavia l’impiego più diffuso lo si ebbe dalla lavorazione del midollo per la produzione della carta, invenzione questa tutta egiziana. Sono tante anche le testimonianze artistiche che raffigurano papiri, soprattutto rappresentazioni di scribi con rotoli tra le mani.

Al Museo del Cairo si conserva un rotolo in bianco destinato ad un defunto, trovato a Saqqara, nel basso Egitto, nella tomba di un visir della prima dinastia (3000 a.C.). I più antichi papiri scritti trovati in frammenti invece, provengono da un tempio funerario della quinta dinastia (2500-2350 a.C.) e contengono conti.

foglio di papiro

Ma come si ricavava un foglio di papiro? Tagliata la pianta, lo stelo veniva tagliato in pezzi la cui lunghezza determinava l’altezza del rotolo che se ne voleva ricavare. Ai pezzi ottenuti veniva tolta la corteccia e dalla parte morbida interna venivano tagliate per il lungo delle striscioline sottili; una volta tagliate le striscioline queste venivano poste una accanto all’altra, leggermente accavallate, e  appoggiate su una superficie dura e bagnata con acqua del Nilo. Un secondo strato poi veniva sovrapposto in modo che le altre strisce corressero perpendicolari con quelle del primo strato. Terminato questo processo, i due strati venivano pressati sotto torchio e poi lasciati ad essiccare. Un certo numero di fogli venivano poi incollati con colla di farina ed andavano a formare lunghe strisce che poi venivano arrotolate: ecco pronto il rotolo di papiro.

Dobbiamo pensare che esistevano qualità diverse di carta per uso e destinazione diversa! La carta per pacchi era sicuramente molto più grossolana e grezza rispetto alla carta destinata per la scrittura, e questa a sua volta, era più o meno pregiata a seconda di cosa doveva essere scritto, delle esigenze degli editori e del pubblico a cui il rotolo era destinato.

Scriba del Louvre/ph Paolo Bondielli

La data dell’invenzione del papiro è ignota, ma la sua utilizzazione in Egitto si attesta sin dal IV millennio a.C. Il papiro inoltre, mantenne una posizione di predominio nel paese anche dopo la conquista araba del 640-645. Benché il declino e la fine dell’industria del papiro in Egitto sia generalmente attribuita alla concorrenza con la carta, che lo sostituì nel X o XI secolo d.C., è a tutti gli effetti difficile stabilire se la sua scomparsa si debba attribuire alla sostituzione del materiale scrittorio o alla scomparsa stessa della pianta. Durante questo lungo periodo di tempo non si può riconoscere nessun mutamento di metodo di fabbricazione, ma solo un progressivo declino della qualità. Dall’Egitto il papiro era esportato, fin da epoca molto antica e prima dell’era cristiana, in molti luoghi del mondo antico, e l’unica ragione per cui così pochi papiri sono stati trovati fuori dall’Egitto ( a parte poche eccezioni come i ritrovamenti papiracei nelle grotte del Mar Rosso), è che in Egitto soltanto e in particolare solo in alcune zone del paese le condizioni climatiche sono sufficientemente secche da permetterne la conservazione.

In Assiria il papiro fu certamente in uso verso la fine dell’VIII secolo a.C., poichè la parola assira per indicare il papiro venne trovata in testi di tale data. Il papiro era senza dubbio importato dall’Egitto, anche se alcuni secoli dopo, forse dai Seleucidi, la pianta venne introdotta in Mesopotamia e presumibilmente fabbricata lì. Anche in Siria e in Palestina il papiro doveva essere ben noto, visto che la grotta di Murabba’at ha restituito un papiro ebraico, in scrittura fenicia, che su basi paleografiche è stato datato al VII secolo a.C. e che rappresenta il più antico papiro semitico esistente. Nei secoli successivi, le conquiste di Alessandro Magno e la conseguente incorporazione della Palestina nell’impero dei Tolomei, che la governarono dal 304 al 200 a.C., deve aver grandemente incrementato l’uso del papiro importato dall’Egitto, come testimoniano un discreto numero di papiri greci scritti in Palestina, venuti alla luce in Egitto verso la metà del III secolo a.C.

Particolare dello Scriba del Louvre/ph Paolo Bondielli

Quali erano gli strumenti scrittori? Gli strumenti scrittori variavano a seconda del materiale su cui si doveva scrivere, non c’era solo la carta ma spesso si scriveva anche su materiale come metallo, pietra e osso dove, invece dell’inchiostro, si poteva incidere a rilievo o a sgraffio tramite degli appositi arnesi appuntiti. Sulla terracotta, sui mattoni, sull’intonaco e sul legno, oltre che incidere, si poteva dipingere ad inchiostro con il pennello oppure scrivere con il calamo. Sul papiro, sui cocci di ceramica e sulla carta pergamena si scriveva esclusivamente con inchiostro. Come per il papiro dobbiamo tornare sempre in Egitto per avere idea di come doveva essere strutturata un’antica penna, la quale era costituita da un esile giunco la cui estremità era tagliata in maniera appuntita e poi masticata, così da ottenere un pennellino molto sottile. Con questo semplice metodo gli Egiziani produssero dei veri e propri capolavori di scrittura. In epoca greca questa “penna” venne sostituita dal calamo, una canna con stelo più grosso, la Phragmites Aegyptica, la cui estremità veniva tagliata a punta per formare un pennino, nel quale poi veniva praticata una fessura dal quale era possibile regolare la quantità di inchiostro e il tipo di scrittura, più o meno chiara o scura. Nell’Occidente medievale si scriveva anche con piume d’oca o di uccello oltre che con il calamo fino a quando verso la fine del Medioevo il calamo venne rimpiazzato dalla penna metallica.

Parliamo di inchiostri. Quello più antico era quello usato dagli Egiziani sulla carta di papiro ed era a base di nerofumo, gomma arabica e acqua, molto resistente. Successivamente vennero sperimentate composizioni metalliche a base di noce di galla e solfato di rame o ferro ma soggetti ad alterazioni chimiche e corrosivi. A questa base si aggiungevano anche dei pigmenti per variare il colore dell’inchiostro ed è così che si ornavano molti manoscritti medievali con inchiostro rosso per miniare le lettere iniziali o per colorare dei fregi.

 

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

2 Commenti

  1. Il Papiro Chirurgico di Edwin Smith, datato al XVII° secolo prima di Cristo, è il più antico esempio di papiro chirurgico della storia. Descrive osservazioni anatomiche con uno straordinario livello di dettaglio, facendo riferimenti a meningi, suture craniche, fluido cerebrospinale e pulsazioni intracraniche, senza contare dettagli anatomici su cuore, reni, tendini, vasi sanguigni e fegato.
    http://www.vitantica.net/2017/09/09/papiro-chirurgico-di-edwin-smith/

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