I Lupercalia erano una festività romana che si celebrava nel mese di febbraio, dal 13 al 15, in onore del dio Fauno, qui nella sua accezione di Luperco, remota divinità laziale alla quale veniva sacrificata una capra dentro una grotta. Il suo compito era quello di proteggere il bestiame caprino ed ovino dall’attacco dei lupi, anche se Plutarco da alla festa un’accezione purificatrice. Secondo un’altra ipotesi fornitaci da Dionigi d’Alicarnasso, i Lupercalia erano un ricordo del miracoloso allattamento dei gemelli Romolo e Remo da parte di una lupa dentro una grotta. Nelle Vite Parallele, Plutarco, descrive minuziosamente gli elementi del rito; la festa veniva infatti celebrata all’interno di una grotta chiamata “lupercale”, sul colle Palatino dove, secondo il mito, sarebbero stati allattati i gemelli.
Il culmine della festa ricadeva il 15 febbraio perché, in questo mese, i lupi affamati dall’inverno, si avvicinavano agli ovili per divorarne le bestie e l’origine sembra perdersi agli albori dell’Urbe; Properzio nel quarto libro delle sue Elegie ne descrive l’origine collocandola proprio agli albori della città.
Sempre secondo gli autori Dionigi di Alicarnasso e Plutarco, i Lupercalia potrebbero essere stati introdotti a Roma da Evandro, recuperando un antico rito arcadico; nella trasposizione, il rito consisteva in una corsa ai piedi del Palatino senza vesti. Secondo Ovidio, al tempo di Romolo, ci sarebbe stato un lungo periodo di sterilità femminile, tanto da indurre uomini e donne a chiedere suppliche alla dea Giunone nel suo bosco sacro ai piedi dell’Esquilino. La dea rispose alla richiesta agitando le fronde degli alberi ma il responso inizialmente lasciò le donne sgomente. Queste, secondo la prima interpretazione errata, dovevano essere penetrate da un capro sacro per recuperare la fecondità ma, successivamente, un augure etrusco tradusse l’oracolo nel modo corretto. Bisognava sacrificare un capro e tagliarne la pelle a striscioline con la quale le donne sarebbero state flagellate e rese così feconde.
I Lupercalia furono una delle ultime feste ad essere abolite dai cristiani, esattamente nel 494 d.C. da papa Gelasio I, il quale scrisse una lettera ad Andromaco, princeps senatus, rimproverando il fatto che molti cristiani partecipavano a questa festa pagana.