L’archeologia preventiva è un’attività di ricerca specializzata, effettuata allo scopo di preservare e studiare elementi significativi del patrimonio archeologico minacciato da lavori in programma. Si effettua con interventi diretti nelle aree interessate con sondaggi diagnostici, oppure attraverso studi indiretti e propedeutici alla realizzazione dei progetti.

Tali interventi si rendono necessari nel momento in cui si intraprende la via del progresso, ovvero la costruzione di autostrade, la realizzazione di infrastrutture commerciali o abitabili: si devono quindi avere una serie di informazioni affidabili su qualsiasi elemento archeologico che potrebbe essere localizzato proprio in quelle aree. Di conseguenza, è necessaria anche la presenza di archeologi da campo che prendano parte a queste attività prima di ricerca e poi di intervento.

Va fatta, prima di tutto, una distinzione tra l’archeologia preventiva e l’archeologia d’emergenza: la prima riguarda la fase di progettazione, quindi prima di iniziare il lavoro di costruzione di una zona residenziale o di un cavalcavia, ad esempio, gli archeologi vengono chiamati per effettuare le cosiddette VPIA Verifica Preventiva dell’Interesse Archeologico. In questo modo, la ditta appaltatrice del progetto ha una chiara e precisa conoscenza della storia del territorio, dei vincoli già presenti in seguito ai rinvenimenti effettuati nella zona in cui vorrà edificare e potrà impostare i lavori con minor pericolo di distruggere o danneggiare eventuali evidenze archeologiche.

L’archeologia d’emergenza, invece, riguarda già la fase di scavo: durante i lavori può capitare che emergano delle strutture o dei reperti archeologici, in questo caso si richiedono degli interventi d’emergenza perché il patrimonio archeologico venga salvato e studiato in una situazione non “usuale”, come spesso è accaduto a Roma durante gli scavi della linea C della metropolitana negli scorsi anni.

Entrambe le attività di scavo archeologico sono di fondamentale importanza, in quanto permettono di accedere a conoscenze archeologiche che altrimenti resterebbero sconosciute, sfuggendo all’indagine scientifica. Molto forte è poi il legame con l’archeologia urbana, ovvero quella branca dell’archeologia definita come “una ricerca archeologica globale in una città tutt’ora esistente, ossia dalla fondazione fino ai nostri giorni, senza privilegiare un periodo rispetto a un altro e utilizzando come strumento d’indagine lo scavo stratigrafico” (Dizionario di Archeologia, R. Francovich e D. Manacorda)

Per meglio comprendere quali sono le fasi di lavoro e gli interventi effettuati da un archeologo che si occupa di archeologia d’emergenza e preventiva, sono stati intervistati il Dott. Francesco Giovinetti e il Dott. Luca Restelli, che da anni sono attivi nel settore. Entrambi confermano l’importanza di uno studio antecedente alla realizzazione dei lavori, in fase di progettazione, seguiti da un’attenta assistenza archeologica durante le operazioni effettive di scavo.

“Ovviamente la situazione non è sempre chiara e nitida, anche in fase di progettazione possono esserci dei dubbi, o per la mancanza di dati o per la conformazione del territorio. Per questo motivo, anche senza la certezza di imbattersi in ritrovamenti, quando si procede con lo scavo e inizia, in parallelo, quella che viene chiamata attività di assistenza” afferma il Dott. Restelli. Tale attività è molto complessa, in quanto si svolge in un contesto particolare, dovendosi rapportare non solo con il terreno, la cui stratigrafia non è sempre facilmente visibile, ma anche con gli escavatoristi e gli altri operatori impegnati nel cantiere.

“Se durante l’attività di assistenza ci si accorge della presenza di un’evidenza archeologica, in seguito ad una iniziale pulizia per accertare l’entità del ritrovamento, si contatterà il funzionario della Soprintendenza dello specifico territorio. Il Dott. Giovinetti è molto chiaro sulla questione: sarà quest’ultimo, a rapportarsi con le ditte di costruzione e a proporre una strategia che consentirà di effettuare uno scavo scientifico ben documentato, anche se ci si trova in una situazione di emergenza.

Naturalmente non è raro che in queste operazioni subentrino numerosi imprevisti e infinite variabili, dovute all’entità dell’evidenza e dei progetti, oltre alle possibili differenze di valutazione tra le ditte appaltatrici e la Soprintendenza.

Comunque, non va dimenticato che proprio grazie all’archeologia preventiva e all’archeologia d’emergenza sono venuti alla luce una serie di importanti reperti, come il Tesoretto di Como nel 2018 – un tesoretto di circa 1000 monete romane rinvenuto durante gli scavi per la costruzione di alcune palazzine -, oppure il celeberrimo mosaico romano del II sec d.C. rinvenuto nelle scorse settimane nei pressi del London Bridge in un cantiere per l’edificazione di case e uffici.

 

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Mara Zoppi

Appassionata fin da piccola alla storia e all’archeologia, dopo la maturità classica si iscrive alla facoltà di Lettere – curriculum Scienze dell’Antichità – presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nel 2019 con una tesi di carattere archeologico-egittologico dal titolo Imhotep scriba e medico: dall’Egitto del III millennio a.C. ad oggi. Si iscrive successivamente alla facoltà di Archeologia dell’Università degli Studi di Milano dove si laurea nel 2021 con votazione 110/110 e lode sviluppando una tesi in ambito egittologico dal titolo La Casa della Vita nell’Egitto Antico: luoghi, riti, funzionari.

Ha partecipato a due laboratori di scavo archeologico: il primo sul sito di Urvinum Hortense a Collemancio di Cannara (PG) di epoca romana con l’Università degli Studi di Perugia; successivamente sul sito archeologico di Nora (Pula, CA) nella sezione competente all’Università degli Studi di Milano, quindi di epoca romana, contribuendo anche alle operazioni di post-scavo.

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