Nel cortile del Museo Egizio del Cairo è esposto un sarcofago di granito nero1 della XXVI dinastia, ritrovato nel 1992 ad Athribis, appartenuto a Ir-Hr-wdja-n-nfw, chiamato più semplicemente Horudja2. Il personaggio era di certo eminente, come dimostrano i suoi titoli civili3, militari4 e religiosi5.

1) Nel 2009 il sarcofago era ancora nel cortile del Museo.
2) Gomaà F. & Hegazy el-S. Il resoconto e il significato della scoperta di questo sarcofago sono presentati da Guermeur I, pagg. 147-156. La scoperta e il trasporto del sarcofago di Horudja al Museo sono descritti anche da Hawass Z. (2002) pagg. XI-XIII. In un successivo volume, Hawass Z. (2005) chiama Irethorudja il proprietario del sarcofago.
3) Principe, nobile, portatore di sigillo del Basso Egitto, amico unico, grande intendente del palazzo.
4) Capo della carreria, capo di soldati (generale).
5) Profeta, preposto alle 5 fasce [di lino], profeta di Sobek, profeta di Batyt, profeta del pilastro Djed nella dimora del dio (Osiri).

Fig. 1: Parete esterna di fondo del sarcofago di Horudja (foto dell’autore)

Il sarcofago è di grande interesse perché presenta formule funerarie che riportano numerose varianti rispetto alle formule standard. La rappresentazione sul lato destro del sarcofago è molto originale e senza paralleli conosciuti: Horudja compare due volte sotto un albero di incenso con ai lati due fratelli e i genitori6.

Oggetto di questo articolo è la rappresentazione che si trova sul fondo esterno del sarcofago, dal lato dei piedi. Sotto una riga di 38 stelline compaiono due figure affrontate del dio Anubi nella sua forma animale accucciato su due simulacri di tempietto. Dietro le due figure del dio sono espressi i consueti epiteti di Anubi in caratteri geroglifici. Al centro, sotto la rappresentazione dei due Anubi, sono scolpiti alcuni segni apotropaici. Sui lati estremi di destra e di sinistra sono rappresentati 4 ventagli a forma di foglia di loto. I ventagli sono due per lato e l’asta di sostegno è inserita nel segno Snw (Gardiner, V 9). All’interno delle “foglie di loto” dei ventagli sono scolpite numerose stelline a cinque punte:

  • 12 stelline in ciascuno dei due ventagli di destra
  • 16 e 14 stelline rispettivamente nei due ventagli di sinistra7

6) Gomaà F. & Hegazy el-S., tav. 67 e un commento in Guermeur I., pagg. 153-156.
7) Il lato esterno del sarcofago, che è oggetto di questo articolo, è illustrato nella tavola 70 del volume di Gomaà F. e Hegazy el-S. Gli autori descrivono le rappresentazioni della tavola e traducono i testi, ma non danno alcuna interpretazione della presenza dei 4 ventagli e delle stelline in essi racchiuse. Anche Guermeur I. descrive e spiega le scene del sarcofago, ma non quella oggetto di questo articolo.

Tav. 1: I 4 ventagli rappresentati sul sarcofago con le relative stelline (rielaborazione della tav. 67 del volume di Gomaà & Hegazy)

Si tratta di una rappresentazione unica ed è indubbio che questa scena racchiuda un messaggio simbolico. Già la presenza dei ventagli in un monumento della XXVI dinastia è una eccezione, un arcaismo tipico di questo periodo. Infatti i ventagli tendono a sparire dalle rappresentazioni a partire dal Terzo Periodo Intermedio8, fatte salve alcune eccezioni che sono il risultato di restauri o di riproduzioni di modelli precedenti in omaggio alla tradizione9.

8) La scomparsa dei ventagli dalle decorazioni a partire dal Terzo Periodo Intermedio va in parallelo con la scomparsa del titolo “flabellifero alla destra del re”: Pomorska I., pag. 20.
9) Esempi di tardi rifacimenti-restauri di antiche rappresentazioni di ventagli sono riportati in Traunecker C., Le Saout F. & Masson O., pagg. 78-80.

Il sarcofago di Horudja è stato pubblicato, ma non è stata avanzata finora una interpretazione della scena descritta. Obiettivo di questo articolo è ipotizzare il significato di questa particolare rappresentazione.
Non conosciamo analoghe rappresentazioni che possano indicare con discreta sicurezza il significato da attribuire alla scena scolpita sul sarcofago di Horudja.

Fig. 2: Le 36 stelline racchiuse nel segno Gardiner O 49, dal naos tolemaico del tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari (foto dell’autore)

La rappresentazione di 4 ventagli, che si è certamente resa necessaria per contenere un così elevato numero di stelline, già ci propone importanti significati magici e simbolici. Il numero 4 ha un significato religioso: “il y a expression d’un espace divin et au centre de cet espace prend place la matérialisation du démiurge, le symbole de sa présence donc de la vie10. Spesso questo numero è riferito agli “dei guardiani” che si identificano con le 4 direzioni cardinali11.
Per quanto concerne il numero delle stelline, la nostra ipotesi è che le 12 stelline dei due ventagli di destra rappresentino le ore del giorno e i 12 mesi dell’anno12.
Le stelline dei due ventagli di sinistra danno complessivamente il numero 30, i giorni del mese. Il differente numero di stelline dei due ventagli intende conseguire obiettivi magici. Il numero 16 ha come base il numero 4 (= 4×4), un numero di valore cosmico; il numero 14 è un multiplo di 7 (=2×7), il numero magico per eccellenza13. Ma il numero 14 è particolarmente significativo, nella sequenza di ventagli e stelline della rappresentazione di Horudja, perché nel ciclo lunare tale numero indica la progressione di giorni necessari affinché la luna diventi piena, con il significato mistico riconducibile al defunto14.

10) Goyon J-C. (1987), pag. 58. L’articolo di Goyon elenca anche una vasta bibliografia. Sul significato dei numeri nell’Egitto antico si veda anche un volume recente: Wilkinson R., pagg. 126-147. Si veda anche la successiva nota 13.
11) Goyon J-C. (1987), pag. 58. Sugli “dei guardiani”: Goyon J-C. (1985).
12) I due ventagli di destra potrebbero contenere le 12 ore del giorno e le 12 ore della notte; oppure rappresentare le ore della notte, o in alternativa le ore del giorno, e i mesi dell’anno. Riteniamo più probabile che la rappresentazione sia da intendere come una sineddoche, una formula retorica molto usata dagli egizi, in cui le 12 stelline nei due ventagli simboleggiano le 12 ore del giorno, le 12 ore della notte e i 12 mesi dell’anno.
13) Goyon J-C. (1987), pagg. 60-68. A seguito di un’ampia disamina dei disparati contesti in cui compare il 7 e numeri costituiti dal 7 ripetuto più volte, l’autore conclude che tali numeri “contiennent et expriment à eux seuls les origines du cosmos, sa durée, sa protection et la présence du principe de la vie en permanence manifestée aux hommes” (pag. 68). Il numero 16 continua a richiamare l’attenzione di molti autori che gli attribuiscono, come significato principale, la misura ottimale del livello delle acque dell’inondazione espressa in cubiti: così Desroches-Noblecourt Ch., nella nota 566 delle pagg. 227-230. Un articolo di Preys R., pagg. 259-268, collega al numero 16 anche un richiamo al “ritorno della dea lontana”; Derchain Ph., pagg. 199-200, afferma che “seize est le symbole de ce dont la desse adoré ainsi est la dispensatrice par excellence, la volupté”. Anche Zivie A., a pag. 28, nel riportare le misure della tomba di Maia, misurate in cubiti, segnala l’importanza che per gli egizi avevano i numeri 16 e le sue suddivisioni 8 e 4. In nota 2 Zivie ricorda anche che 16 cubiti era la misura ideale dell’inondazione a Menfi. Tillier A., nella nota 21 di pag. 170, cita e sintetizza un articolo di Goyon J-C., De seize à quatorze, nombres religieux. Osiris et Isis-Hathor aux portes de la Moyenne Egypte, SAK Beiheft 9, 2003, pagg. 155-159, che non sono riuscito a reperire: l’oggetto di questo scritto, che collega il numero 16 ai riti di ricostituzione del corpo di Osiri, si adatta perfettamente alle finalità di un sarcofago.
Vale la pena di segnalare che i numeri 4 e 8 erano densi di significati anche nel Medioevo e nel Rinascimento europei: Appiano A., pag. 205.
14) Il ruolo lunare di Anubi è ben noto: Ritner R., pagg. 149-155. Sui significati del numero 14 si esprime anche Meeks D., pagg. 253-254: dopo avere elencato alcuni specifici riferimenti religiosi al numero 14 l’autore nota che “Le chiffre 14 est probablement en relation avec le cycle lunaire et répresente la moitié d’un mois” (pag. 253) e nella pagina successiva conclude: “Les quatorze jours sont à la fois ceux de la gestation, de la durée de vie et de la recomposition, en un cycle que se répète”.

Ora, esposte le nostre ipotesi sul significato dei ventagli e delle stelline di questo monumento eccezionale, si tratta di dimostrare il nostro assunto.
Sulle pareti di alcuni templi di epoca tolemaica e romana esistono rappresentazioni che valgono come indizi per decifrare il significato della scena scolpita sul sarcofago di Horudja.
Nel naos tolemaico del “tempio dei milioni di anni” della regina Hatshepsut, a Deir el-Bahari, è rappresentato un grande segno geroglifico di città niwt (Gardiner, O 49) sopra il tipico sostegno usato per le immagini regali e divine. All’interno del segno della città sono scolpite 36 stelline che indicano le regioni celesti che fanno capo ai decani. “Les décanes existent comme des hypostases en lesquelles s’incarnent leurs dieux ou les ames des dieux ainsi que les ames des divinités des décades15. Quindi le stelline di questa unica rappresentazione simboleggiano le divinità dei 36 decani espresse dai loro ba (= “les ames”).
Altre immagini significative, che provengono dalle pareti dei templi di epoca greco-romana, mostrano teorie di divinità che si dirigono verso l’astro notturno, portando ciascuno un frammento del disco lunare corrispondente a un giorno del mese lunare.
Questi frammenti-giorni del mese lunare possono essere associati a minerali o a vegetali fino a riempire l’occhio sinistro di Horus, la luna16. Lo scopo di queste divinità è di fare progredire le fasi lunari per ottenere la luna piena17. Sono discretamente numerose queste rappresentazioni templari18, ma per l’economia di questo articolo è sufficiente riferirci a una sola rappresentazione del tempio di Dendera19. La tavola rappresenta 14 divinità20 che salgono una scala sulla cui sommità si staglia la figura di Thot che adora il disco lunare collocato su una colonna papiriforme21. Brevi leggende sono inscritte verticalmente vicino al braccio sinistro di ciascuna divinità per indicare la materia con cui viene gradualmente riempita la luna. In realtà sono le stesse divinità a entrare nel disco lunare per riempirlo, contribuendo alla sua crescita22.

15) Laskowska-Kusztal E., pag. 84. La rappresentazione del segno di città con le 36 stelline compare già nella copertina del volume e poi nella fig. 37 e nella tav. VI; le traduzioni dei testi sono nelle pagg. 36-37 e il commento si trova alle pagg. 83-87.
16) Aufrère S.(1991), vol. I, pagg. 205 e seguenti e interpretazione alle pagg. 281-303. Aufrère S. (2007), pagg. 237-243.
17) Labrique F., pagg. 107-134 e tavv. XIV-XXI. La scena del tempio di Deir el-Bahari è statica, i decani come stelline sono rappresentati nel segno di città, niwt. La scena del tempio di Edfu è dinamica: le divinità sono rappresentate secondo la progressione con cui esse contribuiscono a integrare l’astro lunare fino a conseguire la fase di luna piena.
18) Labrique F. segnala i vari templi che riportano le immagini delle divinità che procedono all’arricchimento progressivo della luna e la relativa bibliografia.
19) Denon V., pl. 131. Questa rappresentazione è riportata anche in Champollion, Description de l’Egypte, vol. IV, pl. 18. Una analoga rappresentazione al tratto si trova anche nell’articolo di Herbin F-R., in fig. 1 a pag. 240, e nell’articolo di Labrique F., tav. XXI. La stessa rappresentazione si trova anche nel volume di Franci M.: fig. 14 a pag. 32.
20) In questa rappresentazione le divinità sono, dall’alto verso il basso della scala: Montu-Ra-Harakhti, Atum, Shu, Tefnut, Geb, Nut, Osiri, Isi, Horus figlio di Isi, Nefti, Hathor di Dendera, Horus d’Edfu, Tanent, Iunyt. In altri templi questa sequenza mostra qualche variante. Labrique, a pag. 108 del suo articolo, scrive a proposito del numero di divinità: “Le nombre des ses membres varie peu, généralment de quatorze à seize” e prosegue citando i templi e le rappresentazioni in cui compaiono 14, 15 o 16 divinità. È probabile che queste varianti siano dovute al tentativo di conciliare il differente numero di giorni dei calendari lunare e solare.
21) Herbin F-R.: a pag. 240 l’autore nota che la colonna papiriforme simbolizza la giovinezza e il rinnovamento (wAD) e quindi si adatta perfettamente alla luna.
22) Labrique F., pag. 108.

Fig. 3: Le 14 divinità che salgono la scala per ottenere la fase di luna piena, dalla parete esterna a sud del pronao del tempio di Dendera – dal volume di Denon, pl. 131

Alcune rappresentazioni mostrano anche la fase successiva alla luna piena: le divinità escono dal disco lunare per provocarne la decrescita.
Da notare che il lungo corteo delle divinità che compaiono sul lato nord del pronao del tempio di Edfu prosegue con gli dei che rappresentano i dodici mesi dell’anno23. Ritroviamo così nelle rappresentazioni astronomiche dei templi tardivi teorie di divinità che con il loro numero ci riportano alle stelline racchiuse nei ventagli del sarcofago di Horudja.
Sulla scorta della rappresentazione del tempio di Deir el-Bahari possiamo concludere che le stelline del sarcofago di Horudja sono ipostasi di divinità e il fatto che esse siano inserite in ventagli ne è prova ulteriore. Infatti in ambito religioso il ventaglio viene rappresentato per significare “l’ombra del dio”, Swt, la manifestazione sensibile della divinità24.
Così diventa esplicito il significato delle rappresentazioni del sarcofago di Horudja: i ventagli di destra con le loro 12 stelline alludono alla manifestazione sensibile delle divinità che rappresentano le ore e delle divinità tutelari dei mesi dell’anno25. Uno dei ventagli di sinistra con le sue 14 stelline richiama invece le divinità che entrano nel disco lunare per renderlo integro nella forma della luna piena; l’altro ventaglio con le sue 16 stelline allude alle divinità che escono dal disco lunare e nel contempo ai giorni che completano il mese solare, oltre a significati connessi con i riti di ricostituzione del corpo di Osiri che si svolgevano in 16 fasi e che terminavano nel XVI nomo dell’Alto Egitto26.

23) Labrique F., tav. XV.
24) Bell L.: dopo avere riportato numerose esempi di rappresentazioni che, in quanto accompagnate da ventagli, si manifestano ricolme del potere divino, l’autore afferma a pag 34: “The carrying of fans in processions would seen to have a public declaration that the person or sacred object on display had an indwelling divine presence; the bht-fan itself thus becomes the physical manifestation of the abstract shade”. Traunecker C., pag. 41: a proposito dei templi solari l’autore scrive che “L’ appare una metafora dell’irraggiamento solare in quanto potenza di comunicazione, la proiezione visibile che emana dal disco solare”.
25) Secondo l’ipotesi di base avanzata nella nota 10. Ricordiamo che le immagini divine delle ore figurano in alcuni “libri” funerari rappresentati nelle tombe della Valle dei Re. Oltre alla foto riportata in fig. 4, la stessa immagine si può ammirare in Hawass Z. & Vannini S., pag. 193. Per la rappresentazione delle divinità tutelari dei mesi dell’anno si veda la nota 19. I nomi dei mesi spesso sono nomi teofori perché contengono nomi divini: ciò indica il loro carattere religioso. Depuydit L.: nel capitolo sui nomi dei mesi (pagg. 109-136), l’autore esamina a questo proposito 11documenti di carattere astronomico.
26) Vedi la nota n. 20 con l’osservazione di Labrique F. sul numero variabile di divinità, da 14 a 16, rappresentate nei templi tardivi a proposito delle diverse fasi del ciclo lunare.

Fig. 4: La clessidra con la nascita delle ore, dalla camera funeraria di Ramesse VI nella Valle dei Re: le ore sono rappresentate da stelline associate a figure femminili (foto dell’autore)

Con questa rappresentazione Horudja ha voluto ricreare con le immagini dei ventagli e delle stelline i cicli dei due luminari celesti, il sole e la luna, per assicurare a se stesso un destino cosmico, garanzia di vita eterna.


Bibliografia

Appiano Ave
2006 – Anima e forma. Studi sulle rappresentazioni dell’invisibile. Ananke, Torino.

Aufrère Sidney
1991 – L’Univers minéral dans la pensée ègyptienne, 2 vol, Insitut Français d’Archeologie Orientale, Le Caire
2007 – Thot Hermès l’égyptien. De l’infinement grand à l’infinement petit, L’Harmattan, Paris.

Bell Lanny
1985 – Aspects of the Cult of the Deified Tutankhamun. In: Mélanges Gamal Mokhtar, vol. I, Institut Français d’Archeologie Orientale, Le Caire.

Denon Vivian
1802 – Planches du voyage dans la Basse et la Haute Egypte, Paris

Depuydit Leo
1997 – Civil and Lunar Calendar in Ancient Egypt, Peeters, Leuven.

Derchain Philippe
2009 – Le jeu de 16: un discret hommage à Hathor, Revue d’Egyptologie, vol. 60.

Desroches-Noblecourt Christiane
1968 – Le petit temple d’Abou Simbel. I. Etude archéologique et épigrafique. Essai d’interpretation, Ministère de la Culture, Centre de Documentation et d’Etude sur l’Ancienne Egypte, Le Caire.

Franci Massimiliano
2010 – Astronomia egizia, EdarC Edizioni, Bagno a Ripoli.

Gomaà Farouk – Hegazy El-Sayed
2001 – Die neuentdeckte Nekropole von Athribis, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden.

Goyon Jean-Claude
1985 – Les dieux gardiens et la genèse des des temples, I-II, Institut Français d’Archeologie Orientale, Le caire.
1987 – Nombre et Univers: réflexions sur quelques données numériques de l’arsenal magique de l’Egypte Pharaonique. In: Roccati A. & Siliotti A., La Magia in Egitto al Tempo dei Faraoni, Arte e Natura Libri, Milano.

Guermeur Ivan
2007 – Une nouvelle nécropole à Athribis, Chronique d’Egypte, vol. LXXXII, 163-164.
Hawass Zahi
2002 – Hidden Treasures of the Egyptian Museum, The American University in Cairo Press, Cairo.
2005 – I tesori nascosti dell’antico Egitto, National Geographic/White Star, Vercelli.
Hawass Zahi – Vannini Sandro
2006 – Le tombe reali di Tebe. Un ponte verso l’eternità, Istituto Geografico DeAgostini, Novara.

Herbin François-René
1982 – Hymne à la lune croissante, Bulletin de l’Institut Françcais d’Archeologie Orientale, vol. 82.

Labrique Françoise
1998 – L’escorte de la lune sur la porte d’Evergète à Karnak, Revue d’Egyptologie, vol. 49.

Laskowska-Kusztal Ewa
1984 – Deir el-Bahari. Le sanctuaire ptolemaique de Deir el-Bahari, PWN—Editions Scientifiques de Pologne, Varsovie.

Meeks Dimitri
2006 – Mythes et legendes du Delta, Insitut Français d’Archeologie Orientale, Le Caire.

Pomorska Irena
1987 – Les flabellifères à la droite du roi en Egypte ancienne, Editions Scientifiques de Pologne, Varsovie.

Preys René
1999 – Hathor, maitresse des seize et la fete de la navigation à Dendera, Revue d’Egyptologie, vol. 50.

Ritner Robert
1985 – Anubis and the lunar disc, Journal of Egyptian Archaeology, vol. LXXI.

Tillier Anais
2010 – Notes sur l’icherou, ENIM 3

Traunecker Claude
1994 – Gli dei dell’Egitto, Xenia Edizioni, Milano.

Traunecker Claude – Le Saout Françoise – Masson Olivier
1981 – La chapelle d’Achoris à Karnak, Editions A.D.P.F., Paris.

Wilkinson Richard
1994 – Symbol & Magic in Egyptian Art, Thames & Hudson, London.

Zivie Alain
2009 – La tombe de Maia, mère nourricière du roi Toutankhamon et grand du harem, Caracara Edition, Touluse.

Advertisement
Articolo precedenteL’acquedotto di Patara: una pregevole opera di ingegneria idraulica romana
Prossimo articoloEFR e Academia Belgica presentano il seminario: Ostia prima del II sec. d.C. Un porto, una città, un territorio
Gilberto Modonesi

Ho iniziato a interessarmi dell’Egitto antico nel 1960. Nel 1964 mi sono sposato e il viaggio di nozze è stato il mio primo viaggio in Egitto. A metà ottobre il primo cortile del tempio di Luxor era allagato dall’acqua dell’inondazione del Nilo e anche le basi dei colossi di Memnon erano in acqua. Ad  Aswan i russi stavano costruendo la Grande Diga.

Nel 1980, dopo la nascita di due figli, ho effettuato la navigazione sul Nilo con tutta la famiglia. Nel 1985 ho partecipato con mia moglie a un viaggio organizzato dal Dr. Mario Tosi. Da allora e fino al dicembre del 2010 sono stato in Egitto almeno 35 volte. Agli inizi ho visitato i vari siti archeologici in taxi solo con mia moglie.. Quando sono iniziati gli attentati contro i turisti ho organizzato viaggi turistici in modo da avere una scorta militare. In questi viaggi io avevo il ruolo di “responsabile culturale”. Grazie a tutti questi viaggi ho potuto visitare i siti archeologici dal nord al sud dell’Egitto, quelli di tutte le oasi e i monumenti del Lago Nasser. Ho fatto un viaggio anche nel Sinai per visitare il tempio di Serabit el-Khedim.

Il viaggio del dicembre 2010 è stato il mio ultimo viaggio a causa della rivoluzione egiziana, poi per miei problemi di salute e successivamente anche di mia moglie.

Per arricchire la mia conoscenza dell’antico Egitto e per seguire gli sviluppi delle ricerche mi sono iscritto a varie associazioni internazionali e nazionali:

  • International Association of Egyptologists
  • Amici del Museo Egizio di Torino
  • American Research Center in Egypt
  • Fondation Egyptologique Réine Elisabeth
  • Egypt Exploration Society
  • Associazione Culturale Harwa 2001
  • Centro Egittologico Comasco F. Ballerini

Dal 2020 non ho più rinnovato la mia iscrizione a queste associazioni a causa della mia situazione personale e famigliare.

Il mio antico interesse per l’Egitto si è alimentato anche partecipando come uditore a diversi incontri internazionali:

  • Convegno sulla Magia Egizia – Milano 29-31 ottobre 1985
  • Convegno sulla Valle dei Re – Tucson (Arizona) 26-27 ottobre 1994
  • International Congress of Egyptologists : Torino 1991 – Cambridge 1995 – Cairo 2000 – Grenoble 2004 – Rodi 2012 –  Firenze 2016

Grazie alla mia esperienza di visite in Egitto e alla documentazione raccolta in migliia di diapositive ho per anni diffuso la conoscenza dell’antico Egitto presso varie “Università della Terza Età”. Poi, nel 2006, il Centro Studi Archeologia Africana, che ha sede nel Civico Museo di Storia Naturale di Milano, mi ha offerto la possibilità di organizzare e tenere conferenze sull’antico Egitto presso l’aula magna dello stesso Museo. Ho svolto questa attività dal 2007 fino al gennaio del 2020, con conferenze mensili sull’Egitto antico. Il 2020 è un anno fatidico a causa del Covid e dei miei problemi personali e di mia moglie.

Ho scritto alcuni articoli e due libri :

  • All’ombra del divino – Il significato dei ventagli nelle rappresentazioni dell’antico Egitto (2016)
  • La longeva vitalità di fiabe e racconti mitici egizi – Alla ricerca di tracce di racconti mitici e fiabe egizi in fiabe moderne europee (2018)

Nel tempo ho raccolto centinaia di articoli e acquistato tanti (troppi) libri di egittologia di varii formati e dimensioni: mignon-normali-grandi-enormi (il formato imperiale).

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here