Centro del pianeta per un mese, durante lo svolgimento del Campionato del Mondo di calcio, il Qatar sta facendo molto parlare di sé non solo per la manifestazione sportiva, ma anche per tutte le polemiche sollevate attorno ad essa. Ma dove si trova il Qatar? Da quanto tempo è abitato? È veramente una nazione senza storia, fatta di deserto e città futuristiche finanziate dai petroldollari, come spesso viene immaginata?

La posizione del Qatar. Credits to LifeGate
La posizione del Qatar. Credits to LifeGate

Grande poco più dell’Abruzzo, con una popolazione inferiore a quella della città di Roma, il Qatar è una piccola penisola di forma allungata, che confina a sud con l’Arabia Saudita ed è circondata dalle acque del Golfo Persico per il resto dei suoi confini. Poco a nord-ovest si trova l’isola di Bahrein, con la quale da sempre il piccolo emirato ha giocato un ruolo centrale nello svolgimento dei commerci marittimi nel Golfo Persico.

I principali siti archeologici del Qatar
I principali siti archeologici del Qatar

Nonostante il clima desertico abbia da sempre reso gran parte del paese inospitale, soprattutto nell’interno, fin dalla Preistoria si hanno testimonianze archeologiche di insediamenti umani. Un chiaro esempio è l’insediamento di Ras Abrouq, grande centro neolitico di carattere nomadico, situato sulla costa occidentale al limite della Penisola Zekreet. Quest’area è oggi in gran parte una Riserva Naturale tutelata dell’UNESCO, che ospita animali in pericolo come il cervo selvatico, la gazzella e l’orice. Circondato da formazioni rocciose dalla caratteristica forma a fungo, e vicinissimo a una spiaggia meravigliosa, il sito ha restituito materiali e contesti di epoche differenti, cominciando proprio da grandi quantità di ceramica preistorica di tipo Ubaid (6500-3800 a.C.). Il più grande insediamento Ubaid del paese invece, Al-Da’asa, è stato indagato fin dagli anni ’60 da una missione archeologica danese. Il sito presenta oltre cinquanta focolari, tanta ceramica dipinta di tipo Ubaid, e altri interessanti reperti. Prima fra tutti, una perla di cornalina, materiale notoriamente di provenienza indiana, che testimonia come già all’epoca i commerci marittimi di lunga distanza fossero attivi e la penisola qatarina fosse direttamente coinvolta in questi traffici. Dopo il ritrovamento di questo ornamento venne ipotizzato che mercanti sumeri della Mesopotamia meridionale potessero frequentare il sito e risiedervi almeno stagionalmente. Tuttavia, i numerosi strumenti in pietra rinvenuti sembrano appartenere a una cultura assimilabile a quelle coeve della Penisola Arabica, e al contrario non c’è nessuna evidenza di materiali simil-mesopotamici. L’ipotesi, quindi, è che si trattasse di un insediamento costiero, forse stagionale, di una comunità semi-nomade che qui si dedicava alla pesca, e che veniva visitata da mercanti provenienti dall’est diretti verso l’isola di Bahrein.

Le scogliere di Ras Abrouq, Penisola Zekreet. Credits to Discover Qatar
Le scogliere di Ras Abrouq, Penisola Zekreet. Credits to Discover Qatar

Proprio in Bahrein, durante il III millennio, si sviluppò la fiorentissima civiltà di Dilmun, che sfruttando la sua posizione privilegiata e le condizioni naturali favorevoli dell’isola, si impose come intermediario commerciale tra la Mesopotamia akkadica e sumerica da un lato e le civiltà iraniane e della Valle dell’Indo dall’altro, a discapito della penisola del Qatar che non conobbe una consistente e duratura civilizzazione. Alla cultura di Dilmun pertiene il sito sulla bellissima isola di Al-Khor, nota anche come “Purple Island”, lungo la costa orientale qatarina, la cui biosferaè dal 2008 candidata alla lista dei Beni Patrimonio dell’Umanità. Qui, nel II millennio, i Dilmuniti venivano a raccogliere crostacei e producevano la porpora, da cui il nome dell’isola, che commerciavano poi con la dinastia Cassita di Babilonia. Tracce di insediamenti dilmuniti sono state identificate anche nella già citata Ras Abrouq. L’occupazione umana della penisola prosegue e incrementa nel I millennio, con insediamenti Seleucidi e Sasanidi (sempre rintracciati, tra gli altri, a Ras Abrouq, vero e proprio sito-guida per la lettura della preistoria e storia pre-islamica del Qatar).

Al-Khor, la “Purple Island”, vista dall’alto. Credits to Lindsay Wilson
Al-Khor, la “Purple Island”, vista dall’alto. Credits to Lindsay Wilson

Ma è dai periodi Islamico e Ottomano, che attraversano il Medioevo fino ad arrivare all’Età Contemporanea, che il piccolo emirato riceve in dote i suoi più bei siti archeologici. Prima fra tutti, la città-porto di Al-Zubarah, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 2013, unico sito del Paese ad oggi. Fondato nel XVIII secolo, l’insediamento viveva di pesca e della raccolta delle perle, attività molto diffusa in tutta l’isola. Oggi abbandonata, Al-Zubarah conserva intatto l’impianto urbanistico, con alzati mediamente superiori al metro, pertinenti a decine di case, ai mercati, le moschee e i laboratori artigianali legati al trattamento di pesce e perle. Nel 1938 venne costruito un forte, intatto e ancora oggi visitabile, per la difesa della comunità e la contemporanea sorveglianza sull’attività della pesca perlacea.

Veduta aerea della città abbandonata di Al-Zubarah, patrimonio UNESCO. Credits to Gulf Times
Veduta aerea della città abbandonata di Al-Zubarah, patrimonio UNESCO. Credits to Gulf Times

Proprio i forti costituiscono la principale ricchezza archeologica del Qatar: restaurati e ristrutturati fino a età recentissima, essi punteggiano l’intera costa e anche l’interno del paese, costruiti per proteggere gli insediamenti stabili in una terra di tribù nomadi o le fonti d’acqua di un paese desertico. Il più celebre è senza dubbio il Forte di Al-Wajbah, 15km a ovest della capitale Doha, cui si lega un episodio chiave della storia del popolo qatariota. Costruito nel 1893, vide svolgersi nello stesso anno una battaglia tra le forze dell’emiro Jassim bin Mohammed al-Thani (antenato dell’attuale emiro Tamim bin Hamad al-Thani) e un esercito del Sultano ottomano, che deteneva all’epoca il titolo di sovrano anche del Qatar. La netta vittoria delle forze locali portò de facto alla fine del dominio turco (per quanto il paese dovrà aspettare il 1971 per la definitiva e ufficiale Indipendenza, dalla Gran Bretagna nell’occasione), ed è ricordata in patria come l’inizio della storia indipendente della nazione, tanto che il forte, a lungo residenza privata degli emiri, è oggi visitabile e simbolo caro alla popolazione.

Al-Wajbah Fort. Credits to Qatar Living
Al-Wajbah Fort. Credits to Qatar Living

Più antico e più grande (il più grande in assoluto) è un altro celebre forte-sito archeologico, il Forte di Al-Ruwaida. Eretto dai portoghesi nel ’500 sulla costa settentrionale e poi occupato dai beduini locali, esso proteggeva un piccolo insediamento costiero nel quale sono stati rinvenuti materiali provenienti da Europa, Africa e Iran, a testimonianza dei grandi traffici commerciali di cui era parte. Forte e villaggio, che conserva i resti di grandi magazzini e officine, oltre che di una poetica moschea in riva al mare, furono abbandonati nel ’700, ma il fortino è stato restaurato e ricostruito ed è oggi visitabile. Molto particolare è il Forte Al-Koot, eretto dagli Ottomani nel 1880 e restaurato nel 1927 dall’emiro Abdullah bin Jassim al-Thani, realizzato nel tipico stile persiano con merlature caratteristiche. Nato come prigione, la struttura ha muri costellati di feritoie divergenti e torri angolari, curiosamente tre circolari e una quadrata. Esso ospita anche i resti di un’insolita moschea a cielo aperto (per il controllo dei detenuti dall’alto) e di due grandi portici-iwan lungo il lato nord e il lato sud.

Tanti altri siti archeologici sono costituiti dal binomio fortino visitabile-villaggio abbandonato: Ar Rakayat, sorto a metà ’800 attorno a una fonte d’acqua dolce nell’interno del paese; Ath Thabaq, con un forte eretto nel ’600 a difesa di un insediamento risalente addirittura al X secolo; Murwab, grande e antico villaggio abbaside popolato tra VII e IX secolo, con una piccola necropoli; e infine il villaggio di Freiha, situato appena a nord di Al-Zubarah e probabilmente suo diretto antecedente, essendo stato abbandonato in concomitanza con la fondazione del già citato villaggio portuale, anch’esso edificato attorno a una piccola baia riparata e protetto da un grande forte con torri angolari. Altra architettura difensiva tipica sono le torri di guardia erette lungo l’intera costa, come le Torri di Barzan o le Torri di Al-Khor, spesso di origine ottomana e poi restaurate e sfruttate dagli emiri qatarini. Di diverso genere sono invece le cosiddette Torri dei Piccioni, tipiche dell’intero areale del Medio Oriente e anche dell’India: si tratta di alte strutture coniche realizzate in mattoni crudi e pensate per offrire riparo ai piccioni, ma internamente cave, per consentire agli agricoltori di raccogliere il guano prodotto dai volatili, notoriamente utile come fertilizzante.

Non si può infine trascurare di menzionare uno dei più misteriosi siti archeologici di tutto il Medio Oriente: le Incisioni Rupestri di Al-Jassasiya. Scoperte nel 1957, 874 incisioni dal significato misterioso sono sparse su un’area di oltre 700m2 il cui nome significa letteralmente in arabo “collina da cui si guarda”, perfetta descrizione per questa altura che domina la regione nordorientale del Qatar. Di significato incerto, rappresentano per lo più barche, rosette, pesci, struzzi e altri animali, e ci sono anche alcune raffigurazioni umane. La datazione di questi strani petroglifi resta incerta: recenti analisi su un campione di esse ha decretato che non dovrebbero risalire a più di 250 anni fa, eppure molti studiosi ritengono che qualcuno degli esemplari risalga addirittura al Neolitico, e che l’area dunque sia stato “riscoperto” dalle comunità locali e la sua tradizione di incisioni ripresa e poi nuovamente dimenticata fino alla scoperta scientifica.

I misteriosi petroglifi di Al-Jassasiya. Credits to Qatar Museums
I misteriosi petroglifi di Al-Jassasiya. Credits to Qatar Museums
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