“In quel periodo, difatti, il valore del nummo oscillava in modo tale che nessuno era in grado di sapere quanto possedesse. […]” (De Officiis, 3:80) scrive Cicerone nel De Officiis, il trattato sui doveri del cittadino, in riferimento alla crisi monetaria dell’86 a.C. Ma cosa intendeva dire? A lungo gli storici e gli studiosi si sono confrontati sull’argomento, e di recente i ricercatori dell’Università di Warwick e dell’Università di Liverpool, dopo aver analizzato monete del periodo in questione, hanno rivelato una svalutazione della moneta molto maggiore rispetto a quanto si pensasse: si parla di monete che erano in argento puro prima del 90 a.C. tagliate con il rame, fino al 10% del loro valore ponderale, cinque anni dopo.
Il lavoro dei due ricercatori si inserisce nel Rome and the Coinages of the Mediterranean 200 BCE – 64 CE, il progetto di ricerca quinquennale finanziato dall’European Research Council che ha lo scopo di aiutare la comprensione dell’economia della Roma classica e degli altri stati mediterranei sulla base della composizione delle loro monete e il loro confronto con la documentazione storica.
Matthew Ponting, dell’Università di Liverpool, afferma che la tecnica di campionamento da loro utilizzata è stata minimamente invasiva e ha rivelato un calo significativo del valore del denario: dall’essere una moneta d’argento puro, il denario è sceso prima a poco meno del 95% di sgravio e poi è sceso al 90%, con punte fino all’86%, suggerendo una grave crisi valutaria. Secondo Kevin Butcher dell’Università di Warwick, invece, il contesto sviluppatosi negli anni successivi al 91 a.C., all’interno della Repubblica romana, avrebbe portato a una grave crisi economica dovuta alla guerra con gli alleati italici e quindi portando ad un pesantissimo debito pubblico.
Comunque, Cicerone si riferisce in particolare ad un episodio che ha come protagonista Mario Gratidiano, un magistrato che si è preso il merito di aver proposto una riforma monetaria elaborata congiuntamente dai tribuni della plebe e dal collegio dei pretori, diventando molto amato tra il popolo. Nello studio, quindi, i ricercatori stanno cercando di individuare le cause di una simile svalutazione monetaria e le soluzioni proposte da Gratidiano. Secondo Matthew Ponting, poi, i Romani erano abituati a una moneta d’argento estremamente fine, quindi potrebbero aver perso la fiducia nel denario quando ha cessato di essere puro.
Gli studiosi osservano che intorno all’86 a.C. sembra ci sia stata anche una crisi di fiducia nella valuta e Cicerone scrisse proprio di come i tribuni romani si allearono con il Collegio dei pretori per risolvere la crisi, prima che Gratidiano rivendicasse il suo merito. Secondo gli storici il suo scopo non era quello di illuminare la storia monetaria ma desiderava unicamente raccontare l’episodio della crisi per denunciare le malefatte e la corruzione di un magistrato romano.
Questo arriverebbe a spiegare meglio le parole di Cicerone: dal momento che nessuno sapeva se i denarii che aveva in mano fossero puri o legati con il rame, il valore stesso della moneta oscillava. In ultima analisi, la cronologia precisa di questa svalutazione monetaria rimane piuttosto incerta: nonostante i nuovi dati scientifici suggeriscano che potrebbe essere stato l’obiettivo principale dell’editto di Gratidiano, la variazione del valore ponderale del denario potrebbe anche collegarsi alle variazioni dei tassi di cambio tra argento e bronzo.