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La città di Tell Muhammad, a pochi chilometri a sud di Baghdad (antica Babilonia), è stata oggetto di una seconda missione archeologica da parte dell’Università di Catania nell’ambito del progetto Baghdad Urban Archaeological Project (BUAP), diretto da Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente del Dipartimento di Scienze umanistiche presso l’ateneo siciliano, in collaborazione con lo State Board of Antiquities and Heritage dell’Iraq e con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

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A dicembre dello scorso anno vi avevamo parlato del rinvenimento di una porta urbica e tratti di cinta mura spessi 6m, più alcuni edifici ad essi annessi (qui il nostro articolo).

I risultati di quest’anno hanno confermato i dati della prima campagna di scavi: la città venne fondata all’epoca di Hammurabi (1810-1750 a.C. ca.), nel periodo chiamato Paleobabilonese, per essere poi abbandonata circa 250 anni dopo quando Mursili I, sovrano ittita, nel 1595 a.C. saccheggiò Babilonia mettendo fine alla dinastia amorrea e stabilendovi quella cassita. Fondamentale questo dato poiché conferma quanto testimoniato dai testi storici rinvenuti a Tell Muhammad negli anni ’80 riguardo la “Caduta di Babilonia”.

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Gli scavi, che fino ad oggi hanno messo in luce 2,5 ettari, ovvero quasi 1/4 del sito, sono proseguiti sulla cinta muraria, evidenziandone il complesso sistema di fortificazioni connesso anche ad un canale, che potrebbe essere un porto fluviale rivolto verso il Tigri. La porta di accesso era fornita di una scala che portava ad una terrazza sopraelevata con torrione e un canale. Questo era parte del sistema fognario di Tell Muhammad caratterizzato da contrafforti interni e tubature in terracotta che aiutavano a smaltire più velocemente le acque reflue. Una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana si trovava all’interno dello spiazzale esterno. All’interno della cinta muraria diversi ambienti servivano per la lavorazione dei cereali e la panificazione nonché alcuni forni utilizzati per il bitume, impermeabilizzante per l’interno dei vasi e per gli ambienti a contatto con l’acqua.

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Tra le altre scoperte, un’area sacra con altare e tombe dedicate al culto degli antenati, forme ceramiche paleobabilonesi, un bagno con foro e latrina, tre sigilli cilindrici di tipo amministrativo, e placchette votive in terracotta con raffigurazioni femminili e di musici.

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L’intento del Baghdad Urban Archaeological Project è quello di realizzare un parco archeologico, anche tramite il restauro di edifici in mattoni crudi, per dare voce al periodo storico paleobabilonese e per creare opportunità socio-economiche attraverso la cooperazione di diverse identità in un paese travagliato da numerosi conflitti.

Fonte: UNICTMAGAZINE – Giornale dell’Università di Catania

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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