Veduta dall’alto del sito archeologico di Gre Fılla Höyük. Crediti: Diyarbakır Müze Müdürlüğü – Anadolu Ajansı

Nell’area sud-orientale della Turchia, nel distretto di Diyarbakır, sono state rinvenute delle strutture a pozzo risalenti al periodo Neolitico Preceramico, la prima fase del Neolitico del Levante e dell’area della Mesopotamia che corrisponde alle odierne Iraq nord-occidentale, Siria nord-orientale e Turchia sud-orientale, e che copre un periodo che va dal 10.000 al 6500 a.C. ca.

Il sito. Crediti: Diyarbakır Müze Müdürlüğü – Anadolu Ajansı

Gli scavi condotti a Gre Fılla Höyük sono iniziati nel 2018 sotto la direzione del Museo di Diyarbakır e con la consulenza scientifica del Dipartimento di Archeologia, guidato dalla Professoressa Dr. Ayşe Tuba Ökse, della Facoltà di Arti e Scienze dell’Università di Kocaeli.

La Professoressa Ayşe Tuba Ökse sul sito. Crediti: Mehmet Sıddık Kaya/Diyarbakır Müze Müdürlüğü – Anadolu Ajansı

L’insediamento, che data ad un periodo a cavallo tra il 10.000 e il 9000 a.C. ca., ha restituito diversi elementi e aree di vita, sia religiose che sociali. Gre Fılla Höyük è, ad oggi, il sito più antico noto per il distretto di Diyarbakır. In uno dei pozzi scoperti, sono stati rinvenuti quattro stele-pilastri che sorreggevano un tetto, a dimostrazione di una possibile attività cultuale, che la Professoressa Ayşe Tuba Ökse non definisce come tempio, a causa dei pochi dati, ma “struttura speciale” come quella di Göbekli Tepe. Per quanto riguarda le strutture, esse sono le prime forme di riparo conosciute, mentre successivamente l’impianto si stringe. I due periodi portati alla luce durante gli scavi, ovvero il Neolitico Preceramico e un cimitero della Tarda Antichità, hanno fatto definire quest’area come una zona di socializzazione collettiva per le comunità dei dintorni che qui performavano culti e rituali.

Gallery degli scavi in corso.

Crediti per tutte le foto: Mehmet Sıddık Kaya/Diyarbakır Müze Müdürlüğü – Anadolu Ajansı

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

1 COMMENTO

  1. Pompei sembra un catalogo fotografico che ci illustra, realmente e senza supposizioni, come era la vita dei vari ceti sociali. Splendido non finisce mai di stupire.
    Complimenti a tutti.

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