Intervista a Barry John Kemp

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Vengo a conoscenza di una conferenza a Bagno di Romagna dove il relatore è un personaggio davvero eccezionale e che ho già avuto modo di incontrare personalmente ed ascoltare anni fa in un’occasione che ancora mi emoziona. Anche se non proprio sotto casa decido di andare, non posso mancare a questo appuntamento, Barry John Kemp e i suoi racconti su “la città di Amarna e la sua gente” mi aspettano, mi chiamano. Arrivo prestissimo e con grande piacere scopro che anche il famoso egittologo si presenta prima del previsto alla sala conferenze presso il Palazzo del Capitano. Lo avvicino e, nonostante avessi già avuto modo di constatare la sua cortesia, scopro che è una persona davvero squisita e cordiale, di una gentilezza da lasciarmi davvero stupita considerando il calibro del personaggio, tanto che, poco dopo, ci ritroviamo a parlare del più e del meno ed è lui a fare le domande a me. Dopo una bella chiacchierata di una ventina di minuti lo lascio al suo dovere, inizia la conferenza, sempre interessantissima e ricca di immagini, durante la quale, per quasi due ore, incanta i suoi ascoltatori. Vado per salutarlo e complimentarmi per la piacevole serata e iniziamo a parlare di nuovo, stavolta però mi presento anche come membro dello staff di MediterraneoAntico Magazine, gli parlo del progetto della rivista e provo a chiedergli l’onore di avere una sua intervista. Interessato, accetta volentieri ed io, emozionata, non perdo l’occasione… Il Professor Kemp e il suo team, con il loro scavo al sito di Tell el Amarna (l’antica Akhetaton), hanno portato alla luce diverse aree archeologiche, fornendo nuove prospettive allo studio e alla comprensione di questa antica città. Barry Kemp è un eminente egittologo di fama mondiale, professore emerito all’Università di Cambrige, Direttore dell’Amarna Project, gli sono state riconosciute moltissime onorificenze, è stato eletto Fellow della British Academy (FBA) nel 1992 e recentemente, nel 2011, è stato nominato dalla Regina d’Inghilterra Comandante dell’Ordine dell’impero Britannico (CBE) per i servizi resi all’archeologia, l’istruzione e le relazioni internazionali in Egitto (l’Ordine ha lo scopo di premiare coloro che abbiano dato prestigio al Regno Unito e al Commonwealth in ambito scientifico, economico, artistico, culturale, sportivo, ed educativo). Dal regno di Re Giorgio V, fondatore dell’Ordine nel 1917, è la prima volta che questo riconoscimento viene assegnato ad un archeologo.

Come è nata la sua passione per l’antico Egitto?

E’ nata alla scuola secondaria quando avevo circa quattordici anni. Mio padre si era offerto di entrare nell’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale ed è stato mandato in Egitto come camionista nella zona del Canale di Suez. Durante i suoi periodi di congedo ha visitato il Museo Egizio e alcuni siti popolari, tra i quali anche quelli a Luxor. In quelle occasioni spedì fotografie e cartoline a casa, a mia madre, così sono diventate parte della mia crescita. Quando, molto più tardi a scuola, mi è stato chiesto di scrivere un progetto a mia scelta, ho utilizzato come spunto alcune di quelle foto e ho iniziato a leggere libri alla biblioteca locale. In questo modo è iniziato il mio interesse, nonché un interesse legato al campo dell’archeologia in generale.

Ha scavato per più di 35 anni a Tell el Amarna, l’antica Akhetaton, prima di approdare a questo sito quali sono stati i suoi impegni nel mondo dell’archeologia e dell’egittologia?

La mia prima ricerca in archeologia fu ad Abydos, che ha avuto inizio quando, per una tesi di dottorato (che non ho mai finito), H.W. Fairman, il professore di Egittologia presso l’Università di Liverpool, mi invitò ad effettuarla sui vasti scavi inesplorati di John Garstang. Avrei potuto anche continuare a fare di Abydos l’obiettivo principale della mia ricerca. In quel periodo, però, David O’Connor aveva scelto Abydos come luogo di scavo per la spedizione della Pennsylvania-Yale University. Vi ho partecipato per due stagioni (1967, 1968). Nel 1970, nel momento in cui, a causa delle continue ostilità con Israele, tutte le missioni straniere al lavoro in luoghi periferici sono state chiuse, David ha spostato la spedizione a Malkata, il palazzo di città di Amenhotep III situato nella riva occidentale di Tebe. Ho effettuato la visita iniziale del sito e quindi diretto un’importante stagione di scavo nel 1973. A quel punto ero diventato profondamente interessato alla natura dell’antica urbanistica egiziana e al modo di vivere che la città aveva sostenuto. Ho svolto indagini sui resti di diverse città antiche (Kom Ombo, Edfu, Abydos e Memphis), raccogliendo prove a sostegno dell’idea che la maggior parte degli antichi Egizi avevano vissuto in una rete di cittadine ben collegate e spesso di dimensioni molto più modeste di quanto inizialmente assunto.

Perché proprio Amarna? E com’è nato l’Amarna Project?

Mi era stato chiesto di scrivere un documento per un seminario di ricerca sui modelli di insediamento e di urbanizzazione, svoltosi nel mese di dicembre del 1970 presso l’Istituto di Archeologia dell’Università di Londra. Dal seminario conseguì un grande libro, “Man, Settlement and Urbanism” (L’uomo, Insediamenti e Urbanistica), a cura di Peter J. Ucko, Ruth Tringham e G.W. Dimbleby (London, Duckworth 1972). Scrivendo il mio contributo, “Temple and town in ancient Egypt” (Tempio e città nell’antico Egitto), mi sono trovato per la prima volta a cercare di mettere in un ordine migliore i miei pensieri sulla natura essenziale della società egiziana, e di come l’archeologia potesse essere meglio impiegata per fare ulteriori scoperte. E mi ha fatto capire che il posto migliore per portare avanti quel programma era Amarna. Tale documento predispose un programma di lavoro che da allora ho portato avanti. Per quanto riguarda Amarna, insieme con i miei collaboratori ho aggiunto al progetto molti dettagli e sono state portate avanti altre buone idee. Ma l’obiettivo principale, che era quello di valutare la prova migliore (gli anni sessanta e settanta sono stati un momento di grande ottimismo in archeologia, alimentato dall’idea di aver finalmente raggiunto una miglior comprensione della società e dei suoi meccanismi), e fare così meno affidamento sulla generalizzazione, non e’ stato raggiunto. Mi sono avvicinato all’Egypt Exploration Society per chiedere se avessero sostenuto un sondaggio su Amarna, per stabilire meglio ciò che era stato fatto e ciò che rimaneva da fare. Hanno accettato. Dopo due periodi di indagine (1977 e 1978) hanno deciso di sostenere lo scavo, che in un primo momento fu al villaggio degli operai. Continuarono a supportarci fino al 2006, quando un cambiamento nelle priorità di finanziamento del governo britannico ha portato alla revoca della borsa principale su cui la EES dipendeva per il suo lavoro sul campo. Per mantenere la spedizione in corso, con l’aiuto di amici ho creato un ente di beneficenza nel Regno Unito (a tutti gli effetti, una NGO) chiamato Amarna Trust come strumento di raccolta fondi in modo indipendente. A quel punto la EES acconsentì che la spedizione di Amarna andasse avanti da sola. E’ diventata una spedizione del McDonald Institute of Archaeological Research (Università di Cambridge) pur rimanendo finanziariamente indipendente.

Se si osserva una mappa del sito di Tell el Amarna risalente al tempo di Napoleone o Lepsius non vediamo una grande differenza tra questa e come si presenta oggi ai nostri occhi il sito. I resti di Amarna sono solo in piano, non è presente nessuna costruzione in verticale ad eccezione delle due famose colonne del tempio dell’Aton. Cosa vede nel futuro di questo sito? So che tra le nuove fasi di sviluppo dell’Amarna Project è previsto un progetto di ricostruzione e che è già parzialmente in atto, ma in cosa consiste praticamente? Pensate di ricostruire templi e palazzi nella loro totalità, con tanto di piloni, colonne, pareti…..fino ad erigere completamente le strutture, o quali sono i vostri obiettivi?

L’archeologia moderna esamina il terreno dei siti antichi molto più lentamente di quanto non accadeva nella prima metà del ventesimo secolo. Un attento scavo e studio, spesso guardando di nuovo posti già scavati nel passato, può continuare più o meno indefinitamente. Nel 1987 la spedizione ha intrapreso il primo passo ripulendo uno degli edifici più importanti, il Piccolo Tempio dell’Aton. Ciò ha portato a un piano per rendere più chiari i contorni dell’edificio apportando nuovi materiali, pietra calcarea e mattoni di fango, dove opportuno. Questa politica di pulizia e riparazione è continuata, restaurando poi il Palazzo Nord, una delle case private e ora il Grande Tempio dell’Aton. Uno degli obiettivi è quello di rendere le parti del sito più visibili e comprensibili ai visitatori; un altro è quello di rallentare la percentuale dello spreco e, in particolare (dimostrando attenzione), di fare comprendere alle comunità locali l’importanza del sito. Siccome i mattoni di fango sono fragili, qualunque cosa ripariamo in questo materiale deve essere tenuto sotto osservazione e, se necessario, riparato di nuovo. Per quanto possibile, il materiale originale viene mantenuto visibile, ma a volte, dove le pareti sono scomparse, è necessario mettere alcune file di mattoni per mostrare dove si alzavano originariamente. Nel caso della pietra, tutti i blocchi sono stati rimossi dalle fondamenta dopo la fine del periodo di Amarna. Poichè le fondamenta spesso conservano le linee delle pareti e altre caratteristiche, mettiamo uno o due corsi di pietre recenti per segnare le posizioni. Oltre all’erezione delle colonne del Piccolo Tempio dell’Aton non abbiamo tentato qualcosa di più ambizioso, la considererei una politica sbagliata.

Il villaggio operaio di Akhetaton è molto vicino nel tempo a quello di Deir el-Medina. Analizzando il sito e i dati emersi relativi la vita quotidiana degli operai, le ore che scandivano le loro giornate, la costruzione delle loro abitazioni, le usanze, ecc.ecc… ci sono evidenze che fanno pensare a delle differenze o a delle similitudini? E con quello di Giza?

Il confronto con Deir el-Medina illustra la natura elusiva dell’obiettivo di ricostruire la vita antica dall’archeologia. La maggior parte di ciò che sappiamo della vita della comunità di Deir el-Medina proviene da testi: ostraca e occasionalmente papiri. Questi ultimi generalmente non sopravvivono bene, soprattutto nel deserto, ed è per questo motivo che la scoperta di papiri è molto rara ad Amarna. L’uso diffuso di cocci e scaglie di calcare come materiale per scrivere era una peculiarità ramesside di Deir el-Medina, non ritrovata altrove in tutto il Nuovo Regno, inclusa Amarna. Se si dovesse rimuovere il materiale scritto proveniente da Deir el-Medina e ci basassimo interamente sulla sua archeologia risulterebbe un quadro molto impoverito (così come è vero per Deir el-Medina lo è per la XVIII dinastia). Le prove di Deir el-Medina offrono possibilità potenti e intriganti per comprendere il villaggio degli operai di Amarna. Tuttavia si deve esitare prima di concludere che i due luoghi funzionarono nello stesso modo. Se avessimo per Amarna la stessa ricchezza di prove scritte, una questione importante sarebbe quella di indagare in che misura Amarna si sia adattata alle mutate circostanze e in che misura abbia mantenuto pratiche ormai consolidate. Per quanto riguarda la città operaia dell’Antico Regno a Giza, è così diversa da Amarna e in mancanza di fonti scritte adeguate il confronto può essere fatto solo a livello generale. Allo stesso tempo, i venticinque anni che Mark Lehner ha passato dirigendo il lavoro a Giza ci hanno fornito gli unici dati a noi disponibili sul grande insediamento dell’antico Egitto paragonabile ad Amarna. Noi (il gruppo dell’Amarna Project) non abbiamo ancora guardato abbastanza da vicino i confronti che possono essere fatti.

Centinaia sono le tavole delle offerte ritrovate all’interno dei recinti sacri e nei templi: sembra quasi un’ossessione per il loro numero così elevato. Perché è così imponente questa presenza?

Sono meno sicuro della risposta dopo il nostro recente lavoro presso il Grande Tempio dell’Aton. Stanno emergendo delle piccole piattaforme circondate da avvallamenti destinati ad essere riempiti con acqua, per cui si potrebbe presumere che la loro funzione potrebbe essere legata alla preparazione dei morti. L’idea è tutt’altro che dimostrabile e deve stare in piedi come ipotesi. Ma dalla fine della XVIII e dalla XIX dinastia giungono diverse immagini provenienti dalle tombe di Tebe e Saqqara dove le cerimonie per i morti venivano officiate su isole circondate da acqua e da numerose tavole votive. Le offerte erano a beneficio degli spiriti dei morti. Così, le tante tavole di offerta presenti nel Grande Tempio dell’Aton potrebbero essere state poste per il beneficio dell’Aton stesso e per gli spiriti delle persone morte durante il periodo amarniano. Ma siamo ancora nelle fasi iniziali di esplorazione del terreno che circonda il tempio.

Sappiamo che sotto il regno di Horemheb inizia la demolizione e lo smantellamento degli edifici di Akhetaton con il riutilizzo del materiale stesso come materiale di riempimento nelle nuove strutture che stavano prendendo vita nelle città vicine, soprattutto ad Ermopoli. Però ad Akhetaton è stato ritrovato un ostracon con incisi i cartigli di Horemheb e Seti I; nel 1922 sono stati portati alla luce edifici e detriti datati ad un regno posteriore a quello di Akhenaton e tracce di quello che poteva essere un piccolo santuario dove appare il nome di Horemheb nel recinto del Grande Tempio dell’Aton…. Segni evidenti di occupazione della città, o di parte di essa, e quindi testimonianze che Amarna non fu abbandonata come si crede dopo la caduta del regno di Akhenaton. Perchè da una parte il voler smantellare la città del faraone ritenuto eretico e dall’altra costruirvi santuari o lasciare comunque testimonianze che la vita e le attività religiose continuarono ad essere esercitate?

Le prove su Horemheb (il primo pezzo che è stato trovato è un blocco dalla spedizione Petrie/Carter del 1891/2) sono ben poche e una di queste è un piccolo e unico santuario in onore di questo faraone, innalzato quando iniziò l’importante demolizione del Grande Tempio dell’Aton. Nella parte meridionale della città, dove sorge il moderno villaggio di el-Hagg Qandil, l’occupazione è continuata fino al tardo Nuovo Regno e forse anche oltre. Lo ha stabilito nel 1922 lo scavo dell’EES nel sito del ‘River Temple’ che era, di fatto, una zona di abitazioni della fine del Nuovo Regno o addirittura successivo. Il paese o la piccola città era lì probabilmente perché era comodo a chi lavorava alle cave di Harnub.

L’abbandono della maggior parte di Amarna sembra sia dipeso da due aspetti. Uno fu la drastica riduzione della sua popolazione, tranne che alla sua estremità meridionale in quanto la demolizione degli edifici in pietra avrebbe richiesto lavoratori, i quali, però, potrebbero anche aver costruito campi rudimentali tra le rovine. L’ostracon di Horemheb/Sety I (che ora non può essere localizzato ed è conosciuto solo per delle fotografie e per il breve commento in JEA) è stato trovato non lontano dalla Central City ed, in verità, implica che le persone vivessero ancora nelle case di quella zona nonostante non ci siano altri indizi della loro presenza. La città sarebbe anche rimasta aperta a persone che scavavano per prelevare materiali riutilizzabili e tesori sepolti.

L’altro aspetto è stata la decisione (mai registrata da nessuna parte, ma inevitabile) di ritirare il principale apparato amministrativo da Amarna e quindi anche gli archivi, i magazzini di materie prime e i manufatti detenuti in ampi magazzini. Il periodo più probabile in cui collocare questo evento fu l’inizio del regno di Tutankhamon. Una volta che questa manovra era stata avviata, e il grado superiore degli amministratori se ne era andato, gran parte della popolazione era destinata ad abbandonare la città, anche perché così tante persone dovevano essere dipendenti, in un modo o nell’altro, dalla burocrazia di alto livello.

A quale reperto, o insieme di reperti, o a quale scoperta è particolarmente legato e perché?

Io sono affezionato al modo in cui, nel corso degli anni e, a volte, per circostanze al di fuori del mio controllo, la spedizione ha lavorato su una vasta gamma di tipologie di sito ad Amarna. Come risulta abbiamo accumulato prove sulle diverse sfaccettature della città. Confrontandole si è acquisita una più semplice comprensione del loro significato. L’aggiunta negli ultimi anni di materiale proveniente dai cimiteri della gente comune è stato un ulteriore incentivo.

Gli eventi successivi alla primavera araba hanno in qualche modo ostacolato le vostre ricerche? Se si, come? E come vede il futuro del vostro progetto di scavo?

In tutto questo tempo il Ministero delle Antichità ha continuato a funzionare e a elaborare le richieste delle spedizioni straniere in modo normale. Ma le spedizioni richiedono anche l’autorizzazione delle autorità di sicurezza locali. Per esempio, per due periodi di circa due o tre mesi (all’inizio del 2011 e l’autunno del 2014), non si riuscì a raggiungere un accordo e il lavoro fu rinviato.

Il Ministero delle Antichità continua a considerare positivamente le spedizioni straniere e spero che sia in grado di continuare a garantire la presenza delle missioni a lungo nel futuro, così che il nostro permesso annuale per lavorare ad Amarna possa essere rinnovato.

So che i suoi studi sono incentrati sulla città di Akhetaton e non sui personaggi che ci hanno ruotato intorno, ma nell’affrontare le sue ricerche deve per forza essersi fatto un’idea su chi abitava e ha voluto quei luoghi. Akhenaton: c’è chi lo vede come un dittatore, un tiranno, un uomo di pochi scrupoli pur di raggiungere i suoi obiettivi, chi un uomo romantico e pervaso dalla luce. Lei cosa ne pensa, come lo vede?

L’Autorità nella società del passato era generalmente severa al punto di essere brutale. Ritengo che non abbiamo le basi per giudicare se Akhenaton fosse severo più o meno di quanto lo fossero altri faraoni. E’ inoltre praticamente impossibile sapere fino a che punto le sue idee e i suoi progetti avevano il sostegno della classe ufficiale, fino a che punto ha rappresentato un ampio risveglio delle coscienze. A più lungo termine, chi ha beneficiato della fine del dominio della sua famiglia sono stati i militari, ma non abbiamo modo di sapere se hanno attivamente minato ai suoi piani. Sono sicuro che è stato guidato da una visione personale che ha attinto forza dall’insoddisfazione per il modo in cui le cose andavano. Ma abbiamo ben poco espresso nelle sue stesse parole. L’Aton stesso come fonte di potere non aveva subito un successivo rifiuto. Nelle fonti successive appare invece come uno degli elementi costituenti del potere divino. Ciò che fu respinto fu lo stile eccentrico di Akhenaton delle regole, ma ancora una volta non sappiamo quanto estesa fosse questa sua eccentricità.

Jan Assmann ritiene che Akhenaton abbia distrutto il concetto della Maat quale sistema su cui si basa il mondo egizio e che questa sia stata la causa per cui il suo credo non durò oltre il suo regno. Sappiamo che il sovrano associa alla sua figura l’idea di giustizia e ordine sostituendo la Maat e identificandosi in essa, è lui stesso che ne interpreta i desideri e si offre al dio. E’ l’unico intercessore verso l’Aton e non designando eredi all’esercizio del culto alla sua morte doveva per forza finire tutto. Morendo lui non esisteva più un itermediario con il dio, dunque non c’era più la regola. E’ facile intuire che, spaesati e disorientati, gli abitanti di Amarna e tutti i fedeli alla nuova religione tornassero ai vecchi culti. Perché un faraone di mente brillante come Akhenaton non ha mai valutato tutto questo e non ha calcolato il peso e la forza del clero di Amon? Akhenaton sapeva la fine che avrebbe fatto il suo credo o sperava in un’altra via di continuazione?

Non capisco la ragione. In molti modi Maat è stata promossa come un concetto importante ad Amarna e chiaramente come arbitro del bene e della giusta condotta. Nella tomba di Ay si legge che l’Aton è il ‘Principe di Maat’, il suo nome è scritto con il tradizionale determinativo della dea seduta che indossa la piuma-maat. Il deserto orientale era il ‘luogo di Maat’. Akhenaton afferma ripetutamente che egli ‘viveva della Maat’, come se fosse il suo cibo. I suoi cortigiani lo hanno pregato chiedendo di essere aiutati a distinguere Maat dal suo opposto. Vedo in questo la prova che Akhenaton fosse un insegnante di ciò che la devozione per Maat significasse veramente. Piuttosto che distruggere il concetto, osserverei le prove di come Akhenaton promosse Maat in modo più fervido che mai.

Abbiamo solo le Stele di Confine a dirci quello che era nella mente di Akhenaton. Delineano quali erano le sue intenzioni per la fondazione di Akhetaten. Tutto ciò che ha fatto – così ci dice – era per il beneficio dell’Aton. Una volta costruita Akhetaton, Akhenaton aveva adempiuto alla visione che ci dà in quei testi. Mi sono chiesto spesso se è venuto un momento in cui, rendendosi conto di aver fatto quello che aveva deciso di fare, pensò a qualcosa di più. O se invece era solo contento di governare nel suo inimitabile stile? Non lo so.

Non sappiamo se Akhenaton si è astenuto dal nominare un successore. Possiamo solo vedere la storia del periodo attraverso i rilievi e i testi incisi. La gente stessa ne avrà dato testimonianza e vi avrà partecipato come parte di una società moderna e dinamica. Ma non vedo alcuna ragione per pensare che Ankh-kheperura Smenkhkara non fosse il successore designato, sposato (logicamente) a Meritaton. Spiegazioni che cercano di evitare questa conclusione mi sembrano essere irrazionali.

Nefertiti: bellissima e carismatica, sempre a fianco del consorte nelle cerimonie ufficiali sia pubbliche che religiose, abile ambasciatrice diplomatica. Ma qual è stato il suo vero ruolo prima, durante e dopo il regno di Akhenaton?

Essere bella non significa necessariamente che la persona debba essere carismatica, una caratteristica che è difficile da definire. Nel caso di Nefertiti dobbiamo fare affidamento alle fonti che sono state scelte per avere un particolare risultato. Non abbiamo fonti alternative. Ma è da notare che ad Amarna la stessa Meritaton sembra, almeno in alcune circostanze, aver avuto maggiore rilievo nell’ultima parte del regno di Akhenaton e questo è documentato in alcune delle lettere che i regnanti stranieri hanno scritto alla Corte Egiziana. Di certo Nefertiti è stata messa a capo della famiglia di Akhenaten ad Amarna.

L’arte amarniana ci ha lasciato innumerevoli rappresentazioni della vita privata della corte, scene pervase d’amore, attenzione, gesti d’affetto sia all’interno della coppia che della famiglia. Gli sposi che si baciano su un carro in corsa, oppure rappresentati avanti al loro letto nuziale, sempre e comunque insieme sia nelle funzioni religiose che amministrative, li vediamo disperati per la morte della figlia Maketaton, entrambi amorevoli con la prole. Perché, vista la quantità di materiale a disposizione e di quanto si è parlato di questa novità raffigurativa, l’argomento non ha mai ispirato al punto di non avere una buona narrativa sulla storia d’amore tra Akhenaton e Nefertiti?

E’ vero? Io non sono la persona a cui chiedere. Sono profondamente interessato alla storia delle idee e dei sistemi, più che alla storia degli individui dove si deve fare affidamento in gran parte all’invenzione per compensare alla mancanza di fonti. Si può assumere che, alla fine, tutti gli esseri umani sono portati a comportarsi in modo simile e per questo sembra che, usando un po’ di empatia, sia giustificato scrivere una saga familiare di qualsiasi gruppo del passato. Ma allora, perché preoccuparsi? Realizzerete da questo che io non leggo molti romanzi storici.

Prima di approdare ad Amarna ha lavorato con l’Università della Pennsylvania al palazzo reale e alla città di Amenhotep III a Malqata. Parliamo di Teye, consorte di Amenhotep III e madre di Amenohotep IV/Akhenaton, personaggio molto presente in entrambi i regni e durante la coreggenza; quanto ritiene influente la sua figura nel regno del figlio?

Se credete che la reputazione di una persona possa essere letta dal suo viso, allora Teye è proprio un antico egizio con cui lavorare. I suoi busti suggeriscono l’interpretazione che lei fosse il forte archetipo madre/suocera. Ma se tu pensi che un tale approccio sia un pio desiderio (come faccio io), poi vieni lasciato senza niente su cui lavorare.

Cosa pensa della recente teoria esposta da Nicholas Reeves secondo la quale la tomba di Tutankhamon nasconderebbe altre camere e il corpo di Nefertiti?

Reeves ha attirato l’attenzione su ciò che egli vede come anomalie in alcune delle superfici murali della tomba, come rivelato dalle recenti scansioni in 3D. Non c’è altro da fare che sperare che le pareti siano sottoposte ad indagini non invasive con apparecchiature di rilevamento. Siccome si stanno controllando le entrate aperte su pietra calcarea e probabilmente riempite con blocchi dello stesso materiale, il rilevamento potrebbe non dare risultati chiari. Tuttavia, dai comunicati stampa il Ministero delle Antichità sta esaminando seriamente la dichiarazione di Reeves e sta prendendo in considerazione la possibilità di effettuare un’indagine.

Tutto quello che possiamo ragionevolmente fare è aspettare e vedere. La scoperta più importante sarebbe trovare un documento scritto che ci fornisca una critica contemporanea su ciò che stava accadendo in Egitto. Il periodo di Amarna si basava principalmente sull’esibizionismo di ogni individuo oppure Akhenaton stava articolando un dibattito più ampio su idee fondamentali, tra cui la moralità pubblica.

Per foto e testo in lingua originale clicca qui: https://mediterraneoantico.it/magazine-online-archeologia/MagazineMA_Numero3_2016/mediterraneo-antico-archeologia-numero-003.html#10

Info: www.amarnaproject.com

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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

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