La Centrale Montemartini di Roma si arricchisce di un’area espositiva di 250 mq e la inaugura con un’interessante mostra che mette in relazione due grandi civiltà del Mediterraneo: “Egizi Etruschi. Da Eugene Berman allo Scarabeo Dorato”.
Il fil rouge di questa raffinata mostra è a doppia mandata e riguarda tanto il confronto tra i reperti e le due civiltà che li hanno prodotti, quanto l’intricato e affascinante mondo del commercio antiquario ottocentesco, di cui furono esponenti di primo piano tutti e tre i soggetti a cui i curatori hanno inteso riferirsi: Augusto Castellani e Giovanni Barracco, coetanei, e – nato un poco più tardi – Eugene Berman.
Castellani e Barracco, nati entrambi nel 1829, furono protagonisti indiscussi di quel variegato e composito mondo romano di metà Ottocento dove archeologia, collezionismo e mercato antiquario coabitavano all’interno del medesimo ambiente culturale, senza quella netta separazione che oggi è chiaramente percettibile, grazie soprattutto alla nascita di cattedre universitarie di archeologia che l’hanno resa una materia specialistica.
A loro è dedicata la prima parte della sezione introduttiva della mostra, “Il fascino dell’Egitto e dell’Etruria nelle collezioni di Augusto Castellani e Giovanni Barracco”.
Alla personalità eclettica del Berman è invece dedicata la seconda parte della medesima sezione, “Eugene Berman. Riflessi di antiche civiltà nella scenografia teatrale”, da cui poi si apre il vero e proprio percorso espositivo suddiviso in sei sezioni.
I curatori Alfonsina Russo, Claudio Parisi Presicce, Simona Carosi e Antonella Magagnini, hanno voluto indagare e mettere in evidenza i legami e le differenze tra alcuni degli aspetti più peculiari delle civiltà etrusca ed egizia, utilizzando anche i necessari apparati multimediali e didattici che arricchiscono il racconto, accompagnando il visitatore in questo particolare viaggio nel tempo.
I Sezione – Il metallo degli dei: l’oro simbolo della regalità
Ad accogliere il visitatore alcune maschere funerarie egizie della collezione Berman, in particolare due esempi di maschere dorate. Osservando questi reperti con attenzione si notano le caratteristiche collane Usekh che consentono un raffronto con l’oreficeria etrusca, non soltanto per una sorta di transfer tecnologico, ma anche e soprattutto per il patrimonio immateriale che lo ha seguito, visibile in elementi iconografici e simbolici.
Le élite aristocratiche etrusche, ma anche la nuova oligarchia mercantile alla ricerca di un riconoscimento della propria posizione nella società, si lasciarono influenzare dalle credenze egizie in ambito funerario e dai concetti di divinizzazione e di immortalità legati all’oro, facendone uso nei propri corredi funerari.
I gioielli etruschi, in particolari quelli della Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri, di cui in mostra sono presenti splendide riproduzioni fotografiche, e quelli della Tomba degli Ori della Necropoli della Polledrara e di una tomba da Vulci che invece sono esposti, consentono al visitatore di immergersi nel variegato mondo del bacino del Mediterraneo, fatto di scambi di produzioni artigianali e di conoscenze immateriali.
Sezione II – Faraoni e Principi
Due tra i più celebri personaggi dell’antico Egitto sono i protagonisti di questa sezione: Akhenaton e la Grande Sposa Reale Nefertiti.
Si tratta di due frammenti architettonici in quarzite rossa con incisi i loro cartigli, provenienti dalla collezione Berman, che consentiranno di affrontare il tema della regalità nel Vicino Oriente Antico e come venne recepita con successo nel mondo etrusco.
Protagonista in questa sezione per la Civiltà Etrusca è la tomba dello Scarabeo Dorato, rinvenuta nella necropoli di Poggio Manganelli a Vulci, con i suoi preziosi ornamenti in oro, argento, ambra e pasta vitrea.
Il confronto si amplia con scarabei e vasi, sia egizi che di produzione etrusca, e con una delle più evocative immagini che riportano alla regalità, il leone, in tutte le sue possibili declinazioni da protome decorativa a sfinge.
Sezione III – Il sogno di immortalità
I ricchi corredi funerari e quanto è stato possibile ricostruire dei relativi riti, ci fanno ben comprendere l’importanza per entrambe le civiltà messe a confronto, di una continuità della vita oltre la morte.
La camera centrale della Tomba delle Mani d’argento, ritrovata a Vulci con il suo ampio corredo funerario che comprende eccezionalmente anche uno sphyrelaton – una statua polimaterica da cui provengono le celebri mani in argento e oro e quasi certamente anche i gioielli in oro, argento e pietre preziose ritrovati nella medesima tomba – consentirà al visitatore di cogliere in uno sguardo d’insieme la ricchezza dell’aristocrazia etrusca, che assieme ai riti previsti doveva garantire loro l’immortalità.
Ma sono presenti anche scarabei, vasi e coperchi di canopi di fattura egizia ed etrusca (sempre facenti parte della collezione Berman), oltre la consueta ampia pannellistica per un richiamo ai reperti diffusi in ambito italico. L’esposizione della ricostruzione del carro ritrovato nella Camera B della già citata Tomba delle Mani d’argento, costituisce un evento eccezionale che non mancherà di incuriosire e stupire il visitatore.
Sezione IV – Dee e dei dall’antico Egitto all’Etruria
La qualità delle decorazioni e i contenuti magico-religiosi hanno certamente contribuito a una maggiore diffusione delle raffigurazioni di divinità.
A dominare questa sezione una statua frammentaria in granito grigio della dea Sekhment ed altri reperti della collezione Berman afferenti a diverse divinità del pantheon egizio. Alcuni straordinari reperti etruschi con motivi egittizzanti accostati ai reperti egizi veri e propri, serviranno come confronto per indagare sulla fortuna che il pantheon delle divinità egizie ebbe tra gli etruschi e più in generale nel bacino del Mediterraneo, il cui significato è arrivato mediato e non di rado snaturato grazie ai mercanti greci e fenici che della civiltà egizia hanno rappresentato il maggior canale di diffusione.
Una selezione di amuleti provenienti da contesti etruschi daranno uno spunto per riflette su come le divinità egizie abbiano subito una rivisitazione dei loro significati originali passando attraversando varie culture, sia quelle che le hanno traghettate al di fuori dell’Egitto, sia quelle che le hanno accolte facendole proprie.
Sezione V – L’oro di Nefertum: profumi d’Oriente
I traffici commerciali del Mediterraneo trasportavano anche altri materiali di grande pregio come profumi, unguenti e cosmetici di origine orientale, contenuti spesso in vasi di ottima fattura realizzati in pietre preziose come l’alabastro, divenuti essi stessi simboli di ricchezza e di prestigio.
Attraverso il vettore fenicio, che subisce l’influenza egizia e mesopotamica e che muove dinamicamente le importazioni di beni, sarà possibile aprire un’ampia riflessione sul tema della koinè orientalizzante che comprende anche le importazioni euboiche dalla Magna Grecia grazie soprattutto a Cuma e Pitecusa, con il diffondersi degli Aegyptiaca anche in Campania e Calabria.
Le linee del tempo
Reperti provenienti dalla collezione Berman consentiranno al visitatore di visualizzare una linea del tempo per la civiltà egizia, con vasi predinastici che risalgono al IV millennio a.C e tessuti di produzione copta del VI secolo d.C.
Un’attenzione particolare è stata data al periodo orientalizzante per consentire un raffronto sinottico tra le due civiltà. Ma non poteva mancare l’esposizione del corredo funerario di una tomba etrusca scoperta recentemente e contenente un raro vaso di ceramica invetriata di fattura alessandrina databile al III sec. a.C.
Con l’aiuto di apparati multimediali vengono presentati anche reperti di grande interesse non presenti in mostra, come il corredo della Tomba di Bocchoris dalla necropoli di Monterozzi a Tarquinia, così chiamata perché il celebre vaso che vi è stato rinvenuto riporta il cartiglio del faraone Bocchoris, classico esempio di sepoltura principesca orientalizzante che ha messo un punto fermo nella cronologia etrusca.
In questa sezione è stato approfondito il ruolo che Naukratis, città fondata durante a XXVI dinastia egizia come punto d’appoggio per i marcanti greci, ebbe nella diffusione delle iconografie egiziane e in modo particolare degli oggetti in faience, ritrovati poi tra i corredi funerari delle tombe etrusche.
La mostra sarà visitabile fino al 30 giugno 2018 tutti i giorni dalle 9 alle 19 (lunedì giorno di chiusura del museo)
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