Grazie ad un innovativo metodo “olfattivo” i ricercatori dell’Università di Pisa hanno indagato il contenuto di circa cinquanta vasi e anfore risalenti a 3500 anni fa e provenienti dalla tomba di Kha e Merit del Museo Egizio di Torino. Senza aprire i reperti, è stato possibile annusare le tracce dei composti organici residui, grazie ad un lavoro svolto dai chimici dell’Ateneo pisano nel 2019 presso il Museo Egizio, di cui sono appena stati pubblicati i risultati sul Journal of Archaological Science.

L’esame è stato effettuato con uno spettrometro di massa SIFT-MS (Selected Ion Flow Tube-Mass Spectometry), impiegato di solito in ambito medico per determinare inquinanti ambientali o per identificare i metaboliti del respiro. Solo recentemente si è compresa l’effettiva utilità di tale strumento anche nell’ambito dei beni culturali, sottolineando come l’archeometria stia diventando, anche in Italia, un’ottimale alternativa all’indagine “distruttiva” sul reperto.

La professoressa Ilaria Degano dell’Università di Pisa afferma che un simile approccio potrà essere impiegato in nuove campagne diagnostiche, ed eventualmente in futuro esteso anche all’indagine di materiali diversi provenienti dall’ambito dei beni culturali. “L’applicazione di questa tecnica permette di impiegare un sistema di analisi senza solventi con benefici per l’ambiente e la salute degli operatori, basato su una strumentazione innovativa per innescare un circolo virtuoso con gli esperti del settore”, ha concluso la professoressa del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, che ha lavorato alla ricerca insieme a un team di docenti e ricercatori di cui fanno parte Jacopo La Nasa, Francesca Modugno, Erika Ribechini, Maria Perla Colombini e Camilla Guerrini. Inoltre, importante è stato anche il supporto tecnico dell’azienda SRA Instruments e degli esperti del Museo Egizio che hanno collaborato all’interpretazione dei risultati nel contesto archeometrico.

Quindi, grazie a tale tipo di indagine, è emerso che nei contenitori in alabastro si trovassero resine e unguenti con cera d’api. Nelle anfore invece hanno rinvenuto pesci essiccati e molecole volatili, forse associati a farina d’orzo o a birra, come indica la presenza di composti volatili specifici della fermentazione dei cereali.

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