Il bocchino rinvenuto nella schola di Vindolanda. Crediti: Vindolanda Trust

Il forte romano di Vindolanda (Chesterholm) ha restituito un raro reperto. Costruito nel 79 d.C. su ordine del generale romano Gneo Giulio Agricola dopo la conquista della Britannia settentrionale, il forte di Vindolanda si trova in Northumbria, a 2km circa dalla parte conservata meglio del Vallo di Adriano, che quest’anno compie 1900 anni. Gli scavi del forte avvennero negli anni ’30 del secolo scorso, e portarono alla luce oltre 600 documenti scritti, di cui una parte di epoca traianea, che ci restituiscono informazioni importantissime sulla vita che si conduceva sul limes settentrionale romano.

Veduta della caserma degli ufficiali a Vindolanda. Crediti: visitnorthumberland.com

In modo fortuito, al di sotto della schola, sul pavimento di un edificio di epoca adrianea, insieme ai detriti, è stato rinvenuto un bocchino in lega di rame. Il rarissimo reperto, databile tra il 120 e il 128 d.C., è il primo ad essere rinvenuto a Vindolanda.

Il bocchino. Crediti: Vindolanda Trust

Il bocchino fa parte del cornu, uno strumento a fiato tubolare lungo ca. 3m, arrotolato a G, che aveva una parte in legno per aiutare il suonatore a tenerlo fermo. Solitamente il cornu era utilizzato in ambito militare o per le parate, ma poteva essere suonato anche in cerimonie pubbliche e spettacoli. Lo strumento poteva essere utilizzato in ambito militare, cerimoniale o a scopo di intrattenimento.

Un cornu conservato nel museo romano di Aalen (Germania). Crediti: Natyss, via wikipedia

L’eccezionale ritrovamento è importante anche ai fini dell’archeologia sperimentale. In questo modo, infatti, è possibile ricostruire in modo più fedele lo strumento musicale e comprenderne dimensioni, peso, e sonorità.

Un membro della Ermine Street Guard suona un cornu. Crediti: Vindolanda Trust
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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