Libia: parte il restauro degli affreschi della “Tomba dei Fedeli di Mitra”

0
400

Il 22 settembre 2021 è stata inaugurata nel Castello Rosso di Tripoli la mostra “Libia-Italia: attività congiunte nel campo della archeologia”. Questo evento, voluto dall’Ambasciata italiana e dal Dipartimento delle Antichità della Repubblica libica, finanziato dal ministero degli Affari Esteri italiano, è stato organizzato dalla Fondazione MedA – Mediterraneo Antico, con la partecipazione di tutte le missioni archeologiche italiane attive in Libia. L’inaugurazione della mostra è coincisa con la ripresa dei lavori nell’ipogeo greco-romano detto “tomba dei fedeli di Mitra”. Il 19 febbraio, con un tweet dell’Ambasciata Italiana a Tripoli, si annuncia il restauro degli affreschi dell’ipogeo. Un progetto che mira a preservare gli affreschi che decorano la cripta.

Nicchia di Aelia Arisuth prima del danneggiamento
https://www.tertullian.org/rpearse/mithras/display.php?page=cimrm113
Nicchia della defunta dopo essere stata danneggiata, forse dalla rivoluzione libica
https://www.tertullian.org/rpearse/mithras/display.php?page=cimrm113

La suddetta tomba, che dovrebbe collocarsi secondo gli archeologi tra la fine del III e il IV secolo d.C., è situata nella moderna oasi di Gargaresh, tra Oea (nome antico di Tripoli) e Leptis Magna.

Dell’intero ipogeo, le evidenze indicano che Aelia Arisuth ne sia la proprietaria poiché la sua nicchia è la più grande, la più riccamente decorata e, sebbene sia vestita in modo sobrio, tiene nella mano sinistra un rotolo. Questo indica, come analizzato da Alföldi-Rosenbaum nel 1968, che si tratti di un’aristocratica colta. Secondo la descrizione di Clemont-Ganneau, che dà notizia dell’ipogeo nel 1903, sul loculo principale era raffigurata una leonessa mentre su quello più piccolo un leone. Questo ha fatto ipotizzare allo studioso che la tomba appartenesse a seguaci di Mitra al quarto livello di iniziazione, ovvero quello del leone; così come la presenza dei portatori di fiaccola ivi rappresentati. Tuttavia, questi ultimi sono parte dell’iconografia greca e romana, e i portatori di fiaccola sono presenti in diversi culti, tra cui anche quello dedicato ad Artemide; ancora, al momento, non possiamo dire che la religione mitraica prevedesse seguaci donne.

Portatore di fiaccola
https://www.tertullian.org/rpearse/mithras/display.php?page=cimrm113

All’interno dell’ipogeo vi è anche la raffigurazione di una corsa di carri. Ora, come scrive M. De Marre (Aelia Arisuth – Mithraic Matron or Popular Patron?) la rappresentazione di Aelia Arisuth e del consorte Aelios Magnus come leoni non rimanda necessariamente al culto persiano di Mitra poiché nell’Africa Romana i leoni sono simbolo di potere e protettori di vivi e defunti, e quindi i due proprietari potrebbero essere indicati come protettori della loro comunità. Per di più nella zona del Maghreb dee come Cibele, Astarte, e la libica Tanit hanno connessione con il leone. Bisogna pure aggiungere la rappresentazione della scena di corsa di carro e cavalli al di sotto del tondo che raffigura la proprietaria. In questo contesto la spiegazione più plausibile vedrebbe in Aelia Arisuth la benefattrice o la finanziatrice della corsa con i cavalli nel circo.

La corsa dei cavalli
https://hishamtabib.wordpress.com/2018/02/28/مقبرة-ميترا/

Nonostante il nome dato all’ipogeo, pare che in effetti i suoi proprietari non siano stati seguaci di Mitra. A noi non resta che aspettare la conclusione del restauro degli affreschi per poterli ammirare.

Advertisement
Articolo precedenteRiffat Hassan e la teologia islamica
Prossimo articoloLa donna nell’Antico Egitto: un esempio di parità dei sessi nell’antichità.

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here