Veduta del sito archeologico di Kainua/Marzabotto (BO). Crediti: museionline.info

L’appena conclusasi campagna di scavi nell’antica città di Kainua (Marzabotto, BO) ha arricchito il patrimonio culturale del sito etrusco oggetto di studi sin dal 1988. Le indagini, sotto la direzione di Elisabetta Govi, professoressa ordinaria di Etruscologia e Archeologia italica presso l’Alma Mater Studiorum (BO), e in collaborazione con Denise Tamborrino, direttrice del Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” e area archeologica di Kainua/Marzabotto (BO) (Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna), contribuiscono alla storia cultuale e religiosa di Kainua. Sebbene risalgano al IX sec. a.C. le prime attestazione della cultura etrusca villanoviana nelle zona padana, Kainua viene fondata nella prima metà del VI sec. a.C. sul Reno, come testimonierebbero alcuni nuclei di materiali (fase I), mentre della seconda metà dello stesso secolo i resti materiali nonché di edifici domestici, artigianali e religiosi sono chiari indicatori di una società complessa (fase II). Tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. la città viene rifondata con un nuovo assetto urbanistico di sentore ellenico ma che risponde in modo preciso all’orientamento rituale di tipologia etrusca (fase III).

il fondo della coppa con l’iscrizione kainuaϑi. Crediti: ALMA MATER STUDIORUM – Università di Bologna

Tra il IV e il II secolo a.C., la città viene distrutta dall’arrivo dei Celti e occupata da una popolazione gallica che la trasforma in avamposto militare, per poi essere “dimenticata” durante la romanizzazione a causa della più comoda viabilità della Via Flaminia Minor, e ospitare una villa rustica decentrata rispetto al nucleo originario. Il nome Kainua, “La Nuova”, è stato scoperto grazie al ritrovamento dell’iscrizione kainuaϑi sul fondo di una coppa.

La professoressa Govi così descrive i rinvenimenti dell’ultima campagna archeologica: “La prima scoperta riguarda una cornice architettonica imponente costituita da un grande portico che delimita uno dei lati dell’area antistante al tempio della dea Uni, ed è un aspetto inedito che spicca nel panorama generale dell’intera Etruria. La seconda scoperta è relativa al ritrovamento di due teste di terracotta e dei frammenti di altre similari. La presenza di questi reperti ha destato grande stupore perché per la prima volta si è ritrovata a Marzabotto la testimonianza di una consuetudine ben nota in Etruria tirrenica, cioè la deposizione nell’area sacra di teste votive in terracotta raffiguranti il devoto. Si tratta di volti femminili, in stile classico, che comunicano immediatamente la condizione sociale elevata della devota”.

Testa votiva in terracotta. Crediti: Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna / ALMA MATER STUDIORUM – Università di Bologna

Importantissimi, dunque, i nuovi ritrovamenti che non solo andranno ad arricchire il patrimonio museale ma che permetteranno di approfondire ulteriori aspetti della civiltà etrusca in quest’area, in un connubio tra cultura, “rinnovamento e promozione del patrimonio archeologico con la realizzazione di due progetti che andranno a rendere moderno ed accessibile sia il museo che l’area archeologica. Uno dei primi miglioramenti, già in atto, in materia di accessibilità per persone con disabilità motorie è stata l’attivazione del servizio di visita guidata con l’ausilio di golf car, che permette ai visitatori ed ai loro accompagnatori, di poter fruire in sicurezza dell’area archeologica”, afferma la dottoressa Tamborrino. Continua il Direttore Regionale Musei Emilia-Romagna, Giorgio Cozzolino “Siamo molto entusiasti per queste nuove scoperte che confermano anche l’ottima e continuativa collaborazione con l’Alma Mater Studiorum di Bologna che conduce attività di scavo presso l’area archeologica dal 1988 e a cui da quest’anno sono stati affidati, tramite procedura pubblica di affidamento, i servizi didattici museali a Marzabotto. Resta fondamentale per noi il costante aggiornamento museale che ha già visto la realizzazione di nuovi contenuti virtuali all’interno del progetto nazionale E-Archeo legato alla valorizzazione di siti archeologici statali, promosso dal Ministero della Cultura e vedrà l’esecuzione del riallestimento dell’intero museo con la creazione di nuovi apparati scientifici e divulgativi per tutti i tipi di pubblici”.

Advertisement
Articolo precedenteEgitto: convegno internazionale per il centenario dalla scoperta della tomba di Tutankhamen
Prossimo articoloGli archeologi scoprono un allevamento di ostriche di epoca romana a Lio Piccolo.
Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here