In queste settimane, tutto il mondo dell’astronomia, dagli scienziati ai semplici appassionati, è in fermento: sta infatti transitando attraverso il Sistema Solare una cometa sconosciuta fino al marzo dell’anno scorso, che torna ad attraversare il nostro “condominio spaziale” dopo un’assenza di 50.000 anni. La lontana epoca della sua ultima visita le è valso il soprannome di “Cometa dei Neanderthal” (molto più gradevole del suo nome scientifico, “ZTF (C/2022 E3)”): l’ultima volta che fu visibile dalla Terra, non c’erano solo i nostri antenati Homo Sapiens a naso in su, ma anche altre specie, tra cui i Neanderthal.

Dopo aver raggiunto il suo perielio (cioè il punto più vicino al Sole) il 12 gennaio scorso, arrivando a 166 milioni di chilometri da esso, questa notte, 1 febbraio 2023, essa raggiungerà la minima distanza dalla Terra, 50 millenni dopo l’ultima volta, transitando a “soli” 43 milioni di chilometri da noi. Per capirci, il Sole dista dal nostro pianeta circa 150 milioni di chilometri: C/2022 E3 sarà quindi oltre tre volte più vicina. Essa è in continuo movimento, ma sarà visibile vicino al Polo Nord Celeste, all’interno della costellazione della Giraffa, e avrà un aspetto verdognolo, causato dalla presenza di carbonio biatomico tra i detriti sciolti dal Sole attorno alla sua testa.

La costellazione della Giraffa e la sua posizione in cielo. Credits to storiedelcielo.it

Tantissime, naturalmente, le domande e le curiosità sollevate tra gli studiosi dalla sua comparsa. E non solo tra fisici e astronomi, ma anche geologi, biologi, archeologi, paleontologi, storici e persino filosofi: tutti hanno, in questi giorni, il desiderio di parlare con lei in cerca di risposte. Si potrà immaginare quanto impegnata sia la Cometa in queste ore; ma in esclusiva per Mediterraneo Antico, come il genio con Aladino, ha gentilmente acconsentito a rispondere a tre domande della redazione. Ecco di seguito la trascrizione dell’intervista.

Signora ZTF (C/2022 E3), grazie del suo tempo. Potrebbe dirci cosa ricorda, dai suoi passati viaggi, dell’uomo sulla Terra?

Guardi, intanto devo chiederle di chiamarmi “signorina”: purtroppo non ho ancora incontrato l’asteroide giusto… [ride] Comunque, per rispondere alla sua domanda, credo di dover iniziare dal principio… come saprà il vostro pianeta si è formato circa 4,5 miliardi di anni fa, e poco dopo vi è comparsa la vita. Certo, le prove fossili più antiche in vostro possesso risalgono a solo 3,7 miliardi di anni fa, ma le stime di cui i vostri scienziati mi hanno parlato sono corrette: il primo esemplare monocellulare di essere vivente risale a più o meno 4,29 miliardi di anni fa. Non le dirò la mia età, (non è domanda da porsi a una signorina), ma diciamo che se fossi già stata in giro quando qui nacque la vita, sarei passata da allora altre 86.000 volte, più o meno. La comparsa del primo e più remoto dei vostri antenati, l’Australopiteco, risale a molte migliaia di anni dopo, circa sei milioni di anni fa: da allora, sarei potuta passare 120 volte. E in ogni caso, quelli erano ancora esseri molto diversi da voi, anche se noto qualche chiara somiglianza nelle forme dei vostri corpi.

Ricostruzione dell’Australopiteco “Lucy”, che visse 3,7 milioni di anni fa (o 74 viaggi di C/2022 E3 fa)

Molto lentamente, essi si evolvettero, fino a generare, 2,4 milioni di anni fa, il primo diretto antenato della vostra razza, un “Homo” (credo che i vostri scienziati lo chiamino “Homo Habilis”): da allora, avrei potuto compiere il mio viaggio interstellare solo 46 volte. Ricordo infine molto bene (e, lo ammetto, ero presente quando accadde) la nascita del primo esemplare della vostra razza, che ancora popola il pianeta: l’Homo Sapiens. Da allora sono passati solo 200.000 anni, e… fate voi il conto: questa è solo la quinta volta che vi vedo! La vostra specie, insomma, occupa solo 5 su 86.000 dei miei viaggi nella storia della vita sulla Terra.

Ricostruzione di un Homo Habilis in una statua del “paleoartista” John Gurche. Credits to J. Gurche Paleo Artist

Devo dire che sono abbastanza stupita da alcuni cambiamenti nel vostro aspetto e modo di vivere: ho sempre visto voi e i vostri antenati abitare caverne, divisi in piccoli gruppi di individui di poche unità o, tutt’al più, qualche decina, nascosti da una natura selvaggia e strabordante. Oggi vi trovo, improvvisamente, in numero incredibilmente più grande: l’ultima volta, benché vi fossero diverse specie umane in giro, non ammontavate nemmeno a 100.000 individui [i soli abitanti dell’odierna Val d’Aosta sono oltre 125.000, ndr]; adesso vedo solo Homo Sapiens quaggiù, ma siete miliardi! Abitate in case che voi stessi costruite e avete strumenti molto nuovi e differenti da quelli che usavano tutti i vostri avi. Certo, siete sempre in conflitto con la natura, ma devo dire che anche qui l’equilibrio è totalmente diverso da quello che ho sempre visto, costante, nei miei viaggi passati…

Un cambiamento repentino, insomma. Ma chissà quanti ne ha visti in migliaia di viaggi attorno alla Terra! Ci parli però adesso della sua ultima visita, 50.000 anni fa: che Uomini c’erano allora?

Come accennavo, gli Uomini Sapiens non erano gli unici uomini sul pianeta. A dire il vero, abitavate l’Africa e il Medio Oriente, e da poco vi eravate stabiliti anche in Asia Centrale e giù nel Sud-Est Asiatico, fino all’Australia. Ma, per esempio, mi pare che ancora non foste arrivati in Europa. Lì vivevano altri, quelli che voi chiamate Uomini di Neanderthal, che fecero in tempo a vedermi sfrecciare nel cielo un’ultima volta. Vi somigliavano molto, ma erano un po’ più piccoli e con un cervello molto più grande del vostro; però i vostri lobi frontali, che regolano il pensiero astratto, sono molto più sviluppati di quanto fossero i loro. Ho saputo che circa mille anni dopo il mio ultimo passaggio [cioè nel 47.000 a.C., ndr] arrivaste voi in Europa, e così nel giro di due-tre millenni essi si estinsero completamente. Questo sì è un cambiamento davvero veloce, che mi sorprende non poco. Dicono gli scienziati che la vostra e la loro specie si siano ibridate, e che circa l’1-4% del vostro DNA risalga a dei nonni di specie Neanderthal. Ma la convivenza non dev’essere stata generalmente positiva, se così velocemente si sono estinti. All’epoca del mio passaggio comunque, essi esistevano ancora, ed erano insieme ai vostri avi la specie umana dominante ancora non solo in Europa, ma anche in Medio Oriente; anche lì però, la convivenza si è risolta con una loro completa estinzione.

Ricostruzione di un Homo Neanderthalensis per mano del paleoartista J. Gurche. Credits to J. Gurche Paleo Artist

Eppure, c’erano anche altri oltre a voi a guardarmi quando passai: ricordo distintamente che vidi qualche sparuto esemplare di Homo Erectus ancora in vita, lontano nell’Asia Orientale e Insulare, ma già allora intuii che quella era l’ultima volta che li vedevo. In effetti, erano talmente pochi e sbandati, oppressi dalla competitività con specie più forti, dai cambiamenti climatici e dalla disastrosa Eruzione di Toba, che non mi sorprende che molti dei vostri scienziati li ritengano sostanzialmente estinti già una ventina di millenni prima. In ogni caso, un paio di sopravvissuti li vidi, e mi fecero anche abbastanza pena: voi capirete, era ben la ventiseiesima volta che passando li vedevo (più del quintuplo rispetto a voi!), e mi si strinse il cuore nel dar loro l’addio.

Infine, ricordo i piccoli Homo Floresiensis, che riuscii a scorgere nell’Isola di Flores e dintorni, in Indonesia. Anch’essi non li vidi mai più in seguito, eppure li ricordo bene: piccoli, alti poco più di un metro, ma estremamente agili e veloci, sembravano molto a loro agio nelle foreste dell’isola. Cacciavano cicogne giganti, avvoltoi ed elefanti nani tipici del luogo, con utensili in legno e in pietra del tutto simili a quelli dei Neanderthal e dei Sapiens.

Riproduzione grafica del volto di un Homo Floresiensis

Davvero interessante, signorina! Prima di salutarla, le chiediamo di soddisfare la nostra curiosità su queste due suggestive specie umane, i Neanderthal e i Flores: dove potremmo, oggi, andare a cercarli?

Per quanto riguarda gli Uomini di Flores, non penso abbiate molta scelta: essi furono un piccolo popolo, concentrato e nascosto in alcune isole dell’Indonesia. Quando venni l’ultima volta, vidi una ragazza che mi guardava dall’entrata della caverna Liang Bua. Qui, mi hanno detto, sono stati condotti scavi archeologici negli anni ’50-’60 dagli olandesi, e poi nuovamente, dal 2001 in avanti, da una missione congiunta Indonesiana e Australiana. E così nel 2003 sono stati trovati i resti di quella ragazza che vidi a suo tempo, e quelli di altri individui, tutti adulti ma di dimensioni tanto piccole che gli archeologi, ispirandosi a una serie di film che uscivano in quegli anni, li chiamarono affettuosamente “Hobbit”.

Raffronto tra la dimensioni di un moderno Homo Sapiens e un “hobbit” di Flores

Per quel che riguarda i Neanderthal, invece, essi erano molto più numerosi e mi hanno guardata correre in cielo da decine di caverne sparse per l’Europa e il Medio Oriente. Molte di queste grotte erano anche in Italia. A San Felice al Circeo, nel Lazio, la grande Grotta Guattari è stata casa e rifugio di generazioni di cacciatori Neanderthal, per oltre 20.000 anni, finché una frana ne chiuse l’ingresso proprio mentre sorvolavo la Terra, sigillandola per millenni in attesa della vostra scoperta. Più a nord, in Liguria, la Caverna delle Fate ha ospitato una nutrita comunità di Neanderthal per generazioni e generazioni, come anche la Grotta del Cavallo in Puglia. In Francia, vicino al paesino di La Chapelle-aux-Saints, proprio sotto i miei occhi venne seppellito un uomo anziano: aveva perso quasi tutti i denti e soffriva molto per l’artrite, ma le cure dei suoi compagni lo accompagnarono fino alla morte. Lo stesso avvenne a Shanidar, in Kurdistan Iracheno, molto tempo dopo il mio passaggio: qui un Neanderthal di 40 anni, pieno di ferite e traumi, era stato accudito per anni dalla sua tribù. La vita era dura a quei tempi, e il povero “Nandy”, come lo avete chiamato voi, era cieco dall’occhio sinistro e mezzo sordo, con il volto sfigurato da un tremendo colpo ricevuto lottando in gioventù. Il suo braccio destro era rotto in più punti e quasi paralizzato, ma venne curato dagli altri Neanderthal, che furono costretti ad amputarglielo parzialmente. Persino le sue gambe si ruppero e deformarono, e così negli ultimi anni della sua vita il povero Nandy doveva essere completamente impossibilitato a muoversi a lungo e a cacciare.

Mi perdonerete, ma ora devo proprio lasciarvi. Spero che potrò parlare con i vostri nipoti quando tornerò, addio!

Shanidar Cave, sui Monti Zagros, vicina al confine tra Kurdistan Iracheno, Turchia e Iran

Di tutte le ulteriori mille domande che avremmo voluto porre alla cometa, ancora a una è bene rispondere: sarà possibile per tutti salutare C/2022 E3, e vederla a occhio nudo? Nelle ultime settimane, i calcoli sul grado di luminosità della cometa avevano lasciato ben sperare, essendole stato attribuita una magnitudine di 5 o 6, in entrambi i casi abbastanza da permetterle di essere visibile senza strumenti nelle notti dell’1 e del 2 febbraio. Purtroppo però, molte perplessità sono state sollevate negli ultimissimi giorni, a causa di un’altra gelosa star dei nostri cieli: la Luna. La sua luce, infatti, sarebbe per molti esperti tanto intensa da “oscurare” la Cometa dei Neanderthal: una vendetta per aver osato catalizzare su di sé l’attenzione del grande pubblico. Ciononostante, l’impresa non dovrebbe essere impossibile. Secondo gli esperti, “un buon binocolo” puntato nella giusta direzione sarebbe sufficiente a vedere C/2022 E3, sottoforma di un batuffolo verde in movimento. Chi fosse dotato poi di un piccolo telescopio amatoriale, o di una macchina fotografica professionale, potrebbe addirittura riuscire a distinguerne le parti: piccola testa luminosa, di colore bianco e verde, e la coda di ioni, che apparirà sdoppiata.

Immagine della “Cometa dei Neanderthal” C/2022 E3. Credits to Gruppo Astrofili G. Galilei

Una vista storica, da non perdere se possibile! La prossima occasione non tornerà tanto presto…

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