Nel prossimo mese di aprile si inaugurerà a Parigi nella sede espositiva del Parc de la Villette che già aveva ospitato nel 2019 quella su Tutankhamon, la grande mostra dedicata soprattutto a Ramesse II ma anche all’oro dei faraoni, rappresentati dagli splendidi reperti trovati nel 1939 a Tanis, la capitale dell’Egitto all’epoca della XXI Dinastia soprannominata la «Tebe del Nord», dal celebre archeologo francese Pierre Montet.

La statua di Ramesse II esposta al museo di Sharm el Sheikh (ph. Alberto Siliotti)

Quella della Villette è la seconda mostra organizzata a Parigi e dedicata a Ramesse il più celebre di tutti faraoni: la prima venne allestita al Grand Palais nel 1976 in occasione del restauro della sua mummia che aveva vissuto numerose peripezie fin dall’Antichità, ed era stata attaccata da funghi che ne minacciavano l’integrità: restauro che fu eseguito proprio a Parigi eseguito da specialisti del Musée de l’Homme. Nella mostra parigina questa volta non ci sarà la mummia del faraone, non più trasportabile a causa della sua fragilità, ma in via eccezionale il suo splendido sarcofago in cedro del libano che giunge in Francia per la seconda volta e che non sarà più esposto nei successivi allestimenti della mostra previsti a Londra e in Australia. Per la prima volta, invece, lascia l’Egitto una magnifica statua di Ramesse II che si trovava nel nuovo Museo di Sharm el Sheikh e che è stata usata per realizzare il manifesto della mostra: la grande statua in calcare bianco rappresenta il re che indossa il tipico copricapo dei sovrani chiamato nemes con il mento ornato dalla barba rituale e tiene nelle mani due rotoli di papiro chiamati mekes che simboleggiano il potere trasmesso.

Ma perché Ramesse II è il più famoso di tutti i faraoni?

Il sarcofago di Ramesse II (ph. Alberto Siliotti)

Secondo la grande egittologa francese Christiane Desroche-Noblecourt (1913-2011) alla quale si deve l’operazione di restauro della mummia, Ramesse era «il re della comunicazione e ha utilizzato la pubblicità come nessun altro. Durante il suo regno durato 67 anni, il più lungo di tutta la storia dell’Egitto, qualsiasi avvenimento che accadeva in Egitto era in suo onore e diventava un motivo per aumentare la sua gloria».

«Quello che colpisce – prosegue Dimitri Laboury, direttore di ricerca all’Università di Liegi – è l’onnipresenza monumentale di Ramesse, che fa costruire templi impressionanti per il loro carattere grandioso sui quali il suo nome è rappresentato innumerevoli volte come si può notare nel tempio di Abu Simbel, la sua realizzazione più celebre». L’abilità di Ramesse nel manipolare l’informazione era tale che riuscì perfino a trasformare un’avvenimento dall’esito incerto come la battaglia di Qadesh contro gli Ittiti, in una sua grande vittoria.

Ramesse ebbe molte mogli ma per la più famosa delle quali, Nefertari, fece costruire uno splendido tempio accanto al suo ad Abu Simbel e nella Valle delle Regine quella che è considerata la più bella di tutte le tombe dell’antico Egitto mentre la sua, nella Valle dei Re, non ebbe la stessa sorte: scavata in una zona geologicamente instabile e completamente depredata già nell’antichità, fu oggetto di numerose frane che ne cancellarono completamente le decorazioni parietali. Ramesse dopo aver generato circa 120 figli il tredicesimo dei quali, il principe Merneptah, fu il suo successore, morì all’età di 90 anni per uscire dalla storia ed entrare nella leggenda che dura fino ai nostri giorni.

Qui un dettagliato articolo sulla mostra parigina.

Immagine di copertina di Alberto Siliotti

Il tempio di Abu Simbel (ph. Alberto Siliotti)
La tomba Ramesse II – KV 7 (ph. Alberto Siliotti)

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