Il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, assieme all’Università di Tubinga (Germania), ha annunciato la scoperta di un nuovo ambiente nel complesso del laboratorio di mummificazione risalente alla XXVI dinastia (Periodo Tardo/saitico-persiano, 664-404 a.C.) scoperto nel 2018 a Saqqara (la scoperta era stata classificata tra le prime 10 scoperte archeologiche del 2018 dalla rivista Archaeology Magazine and Heritage Daily, qui il nostro articolo sul ritrovamento) ed hanno reso noto  il risultato dei primi studi e test eseguiti sulla maschera d’argento dorato e sugli oli e sulle resine di mummificazione ivi scoperte quasi due anni fa.

Durante i lavori di scavo condotti dalla missione egiziano-tedesca dell’Università di Tubinga, l’équipe dell’ateneo tedesco ha riportato alla luce una nuova camera funeraria, la sesta per la precisione, nascosta dietro un muro di pietra di 2600 anni fa. Il nuovo ambiente ospitava quattro bare di legno in cattivo stato di conservazione, una delle quali appartenuta ad una donna di nome Didibastet. Quando fu inumata, accanto a lei furono adagiati sei vasi canopi, cosa molto particolare in quanto non rispecchia gli usi tradizionali degli antichi egizi che prevedevano l’imbalsamazione di soli quattro organi del defunto. Infatti, polmoni, stomaco, intestino e fegato del defunto, una volta estratti dal corpo, ricevevano un particolare trattamento d’imbalsamazione e successivamente venivano riposti e conservati in quattro vasi sotto la protezione di quattro divinità, i Quattro Figli di Horus: Duamutef, raffigurato con la testa di sciacallo, era la divinità preposta alla conservazione dello stomaco ed era posta in relazione alla dea Neith nella protezione del defunto; Hapi, con la testa di

babbuino,era preposto alla conservazione dei polmoni e messo in relazione con Nefti; Imset, con la testa umana, proteggeva il fegato ed era posto in relazione a Iside; e a Qebehsenuf, dalla testa di falco, era affidata la conservazione degli intestini e posto in relazione con Selkis. Di fronte a questa anomalia gli studiosi hanno immediatamente disposto accertamenti per i due vasi canopi in eccedenza, sottoponendoli ad una tomografia computerizzata (TC) la cui analisi preliminare delle immagini ha indicato che i due vasi contengono tessuto umano. Sulla base di questo risultato, esiste la possibilità che Didibastet abbia ricevuto una speciale forma di mummificazione preservando sei organi del suo corpo invece di quattro. Il radiologo della Missione sta attualmente conducendo uno studio approfondito delle immagini al fine di identificare i due organi extra.

Il dott. Ramadan Badry Hussein, direttore del Saqqara Saite Tombs Project e professore all’Università di Tübingen, riferisce che, dopo aver esaminato e studiato i testi iscritti sulle bare e sui sarcofagi scoperti nel 2018, la missione è stata in grado di identificare i defunti come sacerdoti e sacerdotesse della dea Niut-Shaes (la dea Mut nella sua forma di serpente), una divinità di spicco durante la XXVI dinastia, tanto che probabilmente dovrebbe esserle stato dedicato un grande tempio a Memphis, la capitale amministrativa dell’antico Egitto. I dati indicano che i sacerdoti di Niut-Shaes furono sepolti insieme e che una sacerdotessa e un sacerdote di questa dea, sepolti nella stessa camera funeraria, erano probabilmente immigrati: i loro nomi, Ayput e Tjanimit, erano comuni tra la comunità libica che si stabilì in Egitto dalla XXII dinastia (943-716 a.C. circa) in poi. L’antico Egitto era una società multiculturale che riceveva immigranti da diverse parti del mondo antico, tra cui greci, libici e fenici.

La maschera saita trovata a Saqqara della seconda sacerdotessa di Mut e sacerdotessa di Niut-shaes (ph. University of Tübingen, Ramadan B. Hussein)

Anche la maschera d’argento dorato adagiata sul volto di un’altra sacerdotessa della dea Niut-Shaes (riportava anche il titolo di Seconda Sacerdotessa di Mut) è stata sottoposta ad indagini. Un test non invasivo a fluorescenza a raggi X ha determinato la purezza dell’argento al 99,07%. Questa eccezionale maschera d’argento dorato è la prima ad essere stata trovata in Egitto dal 1939 e rappresenta il terzo esemplare scoperto in territorio egiziano.

Un team internazionale di archeologi e chimici dell’Università di Tubinga, dell’Università di Monaco e del Centro di Ricerca Nazionale Egiziano al Cairo ha effettuato test chimici sui residui di oli e resine conservati in tazze, ciotole e vasi trovati nel laboratorio di mummificazione. I primi risultati di questi test forniscono un elenco di sostanze mummificanti tra cui bitume (catrame), olio di cedro, resina di cedro, resina di pistacchio, cera d’api, grasso animale e, sembra, olio d’oliva e olio di ginepro. Il team sta finalizzando un rapporto per la pubblicazione scientifica.

La missione ha per il momento interrotto il suo lavoro, riprenderà la sua indagine il prossimo inverno. Chissà che per Natale non ci regalino nuove emozioni!

Source and photos: MoA

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