Quando Ramesse II andò a Parigi e fu accolto dal picchetto d’onore

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L'arrivo di Ramesse II all'aeroporto militare di Le Bourget a Parigi

Era il 26 settembre del 1976 quando la mummia di Ramesse II atterrò a Le Bourget, l’aeroporto militare di Parigi, dove fu accolta con tutti gli onori riservati ad un Capo di Stato con tanto di inno nazionale egiziano, parata militare e picchetto d’onore. Una “leggenda metropolitana” lo vuole persino munito di passaporto speciale dove lo si identificava come “faraone deceduto”[1]. Ramesse II restò nella capitale francese per circa otto mesi affinché la sua mummia fosse sottoposta ad una delicata operazione di conservazione in quanto vittima di un fungo che, con il suo sviluppo, ne stava provocando un veloce deterioramento.

L’arrivo di Ramesse II a Parigi (Photo by JARNOUX Patrick/Paris Match via Getty Images)
Ramesse II a Parigi circondato dall’équipe che si prese cura di lui (ph. Le Point)

La mummia del grande faraone della XIX dinastia, che regnò sulle Due Terre dal 1279 al 1213 a.C. circa, fu condotta ai laboratori del Musès de l’Homme appositamente attrezzati con le più sofisticate tecnologie d’indagine e lì, ad attenderla, c’era una nutrita équipe composta dai maggiori esperti in diversi ambiti provenienti da tutto il mondo. Nel suo soggiorno parigino la mummia fu conservata in una cella climatizzata con una temperatura costante di 19 gradi, e con un tasso di umidità pari al 55%, dalla quale veniva prelevata giusto il tempo di effettuare gli esami di laboratorio e sottoporla ai vari trattamenti conservativi. Dalle analisi, emerse che il parassita responsabile del deterioramento era un fungo identificato come daedalea biennis fries che venne eliminato sottoponendo la mummia ad irradiazione con raggi gamma prodotti dal Cobalto-60. Con l’occasione il corpo fu anche sottoposto a nuovi studi, come radiografie, endoscopie, xerografie e cromodensitografie, i cui risultati permisero di conoscere lo stato di salute di Ramesse II negli ultimi anni di vita e non solo.

Fotomicrografia a X 1.500 di un capello di Ramesse II. Follicolo pilifero trovato all’interno del cuoio capelluto. Da notare la perfezione delle scagli di cheratina (ph. UNED. Espacio)

Il Grande Ramesse non fu grande solo per le sue gesta tramandate dalla propaganda che ci ha lasciato, con il suo metro e 72 era un uomo davvero alto per i suoi tempi. Era castano con ciocche rosse probabilmente tinte di henné, aveva l’incarnato leggermente olivastro e morì ultra ottantenne per il collasso di una generale situazione degenerativa dovuta a diverse infezioni. Al momento del decesso aveva denti cariati e una forte paradontite (forse fu proprio un’infezione provocata da un ascesso ai denti che gli fu fatale), la sua colonna vertebrale era afflitta da artrite reumatica anchilosante che oltre ad immobilizzargli collo e mento gli faceva assumere una postura ripiegata sul petto e lo costringeva ad un’andatura zoppicante da rendergli necessario l’uso del bastone. La quinta e la sesta vertebra cervicale risultarono fratturate, incidente che dovrebbe essere occorso in sede di imbalsamazione proprio nel forzare il movimento del collo durante le operazioni necessarie per rimuovere il cervello dalla scatola cranica. L’analisi della sabbia e dei pollini rinvenuti sul corpo stabilì che l’imbalsamazione avvenne nel nord del Paese, ad una certa distanza dal Nilo in quanto non furono rinvenuti pollini di piante palustri. C’è da dire che tutte queste patologie conferiscono al figlio del dio Amon, nonché eroe e leggendario faraone, un aspetto più umano e terreno di quello che siamo abituati ad immaginare, rende un’immagine che intenerisce il cuore.

Ramesse II a Parigi (ph . UNED. Espacio).

Terminati i trattamenti, Ramesse II fu di nuovo avvolto nelle bende e il 10 maggio del 1977 ritornò nella sua terra dove finalmente trovò l’eterno riposo nella Sala delle Mummie al primo piano del Museo Egizio del Cairo in piazza Tahrir, in un ambiente perfettamente climatizzato e ad atmosfera controllata adatto alla conservazione di questi fragili corpi appartenuti ai grandi dell’antica Civiltà Egizia.

Questo di Ramesse II non fu il primo viaggio post mortem, è per questo motivo che poco sopra ho sottolineato con un “finalmente” il raggiungimento indisturbato del suo sonno eterno. Infatti, la mummia del Grande faraone d’Egitto fu scoperta nel 1881 da Gaston Masperò nella cachette di Deir el-Bahari (la DB320), e non nella sua tomba, la KV 7; i suoi viaggi dopo la morte iniziarono dunque molto tempo prima, quasi 3200 anni fa.

Ramesse II a Parigi nel “suo” sarcofago (ph. egiptoforo)

Al momento del suo decesso Ramesse II fu sepolto nella grandissima tomba di quasi 900 metri quadrati realizzata durante il suo lunghissimo regno, ma già durante la successiva dinastia, nella XX, il corpo del sovrano defunto venne riesumato e traslato nella KV17, la dimora per l’eternità di suo padre Seti I e, successivamente, intorno all’anno 1000 a.C., due secoli dopo la sua cerimonia funebre, fu trasferito nella DB320 di Deir el-Bahari dove venne rinvenuto all’interno di un sarcofago di Ramesse I, suo nonno.

Nel 1886 la mummia fu trasferita a Bulaq, presso l’allora sede del Museo Egizio del Cairo, dove fu sbendata. Nello studiare il sarcofago e la mummia Gaston Maspero trovò la testimonianza redatta in scrittura ieratica dei diversi spostamenti a cui fu sottoposto il corpo per volere dei suoi successori così da preservarne l’integrità dai predatori di tombe. Con l’inaugurazione dell’attuale museo di piazza Tahrir, nel 1902 la mummia su esposta nella Sala delle Mummie. Il corpo si presentava in buone condizioni, ma a causa dell’esposizione all’anidride carbonica rilasciata dai visitatori, e dell’alto tasso di umidità presente nell’aria, il corpo di User-maat-ra Setep-en-Ra iniziò a presentare alcuni problemi di conservazione e subì un rapido deterioramento. Fu così che le autorità egiziane decisero di togliere dall’esposizione la mummia e di lei non si seppe più nulla per alcuni decenni, fin quando nel 1936 il nuovo Direttore delle Antichità Étienne Drioton, trovando il sarcofago con il corpo di Ramesse negli appartamenti privati del suo predecessore, lo riportò al museo di piazza Tahrir, dove fu conservato in una sala chiusa al pubblico fino al 1975, anno in cui fu riaccessibile ai visitatori. Nel giro di pochi mesi le condizioni della mummia degenerarono drasticamente e fu così che prese il volo, come precedentemente riportato, per Parigi. L’intera operazione di salvataggio fu possibile grazie all’accorato impegno di Christiane Desroches Noblecourt, la famosa egittologa che salvò dalle acque del Lago Nasser anche una delle più grandi opere volute da Ramesse II, il Tempio di Abu Simbel, e alla cui figura tempo fa avevo dedicato un articolo che potete leggere qui.

[1] Secondo questa leggenda nata intorno al passaporto del faraone, la legge francese prevede che chiunque entri nel paese, vivo o morto, deve possedere un passaporto. Quindi il governo egiziano rilasciò un passaporto a Ramesse II, etichettandolo come “Re (defunto)”. In realtà non fu emesso nessun passaporto, ma un copioso dossier tecnico-amministrativo in formato A4 che ha accompagnato la mummia nel suo viaggio intercontinentale.

L’arrivo di Ramesse II a Parigi (Photo by JARNOUX Patrick/Paris Match via Getty Images)

 

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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

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