Il Museo Egizio del Cairo, nel tentativo di mettere in maggior risalto i preziosi manufatti della sua meravigliosa collezione (oltre a mostrarne alcuni provenienti dai suoi depositi), sposta periodicamente alcuni dei suoi reperti dando loro più visibilità e attirando così su di essi una maggiore attenzione. Questa volta è il turno della Mummia E, la mummia di un uomo sconosciuto che tanto ha fatto parlare di se e che per la prima volta verrà mostrata al pubblico.
La mummia, classificata come “Unknown Man E”, è la salma di un uomo che doveva avere poco meno di 20 anni al momento del decesso avvenuto forse per avvelenamento ed è stata trovata nella cachette di Deir el-Bahari DB320 avvolta, cosa davvero molto molto strana, nella pelle di pecora, con le unghie dei piedi tinte di henné rosso, mani e piedi legati e, quel che più colpisce, con un’agghiacciante espressione di terrore dipinta sul volto.
Si pensa che l’inquietante mummia possa appartenere al principe Pentaur (o Pentawer, Pentewere), uno dei figli di Ramesse III (1217 a.C. – 1155 a.C.) che fu coinvolto in una cospirazione contro suo padre. Quello maturato doveva essere un complotto che avrebbe dovuto colpire l’istituzione maggiormente legata al potere: la vittima designata era il faraone stesso. Il sovrano della XX dinastia, famoso per la grande battaglia contro i Popoli del Mare e titolare del maestoso tempio dei milioni di anni costruito a Medinet Habu nell’antica Tebe, rimase infatti ucciso in quella che è conosciuta come la Congiura dell’Harem. Con l’assassinio del faraone sarebbe salito al trono Pentaur, il figlio non predestinato a regnare sulle Due Terre. A tessere l’intricata tela dovrebbe essere stata sua madre, Tiye, la moglie secondaria di Ramesse III, la quale voleva che fosse suo figlio a succedere a Ramesse III, anche se l’erede prescelto era il figlio della sposa principale Iset Ta-Hemdjert. Probabilmente la causa di questo complotto è proprio da cercare nel fatto che non avendo designato ufficialmente la sua Grande Sposa Reale Ramesse III aveva fatto alimentare speranze lasciando così aperte delle pericolose incertezze nella linea di successione, anche se Amonherkhepeshef (colui che salirà al trono con il nome di Ramesse IV), era il figlio maggiore tra quelli in vita (già quattro suoi fratelli più grandi erano morti prima della sua ascesa al trono).
Come andarono i fatti ce lo racconta il Papiro Giudiziario esposto al Museo Egizio di Torino, il lunghissimo papiro di circa 5 metri conosciuto anche come il Papiro della Congiura dell’Harem che riporta un dettagliato resoconto del processo. Secondo il documento il golpe dovrebbe essere scattato durante la celebrazione della Bella Festa della Valle. Nonostante il tentato occultamento delle prove, quello architettato fu un vero e proprio colpo di stato con tantissime persone coinvolte: i cospiratori provenivano da ogni ceto sociale e carica amministrativa. Primi fra tutti c’erano Tiye e il principe Pentaur, poi Pebekkamen (il maggiordomo del re) il braccio operativo e colui che faceva uscire dall’harem i messaggi sovversivi inviati da Tiye, sei concubine, Mesedsure il coppiere, sette funzionari di Palazzo tra cui Panik che era direttore della camera del re nell’harem, due ispettori del Tesoro, due ufficiali dell’esercito, due scribi reali (uno di essi era il “grande nemico[1]” Pendua), il comandante degli arcieri dell’esercito in Kush (l’antica Nubia) che si era venduto alla sorella (una delle ragazze dell’harem) per denaro, un araldo, un sacerdote e un mago accusato di aver introdotto nell’harem scritti magici e statuette di cera per i suoi sortilegi ai danni del faraone[2], ed esperti di veleni. E’ lo stesso Ramesse III che, nel papiro redatto invece al tempo di Ramesse IV, racconta di avere istituito un tribunale d’inchiesta composto di dodici alti funzionari e spiega che furono avviati tre differenti processi giudiziari che videro 38 persone condannate a morte mentre ad alcuni personaggi d’alto rango fu accordato il permesso di suicidarsi. Alcune delle concubine dell’harem che erano sotto accusa provarono anche a sedurre alcuni dei magistrati i quali cedettero alle loro avances, ma, colti in flagrante, furono condannati al taglio nel naso e delle orecchie. Furono condannati anche tutti quelli che erano a conoscenza del complotto ma non l’avevano denunciato. Solo uno degli indiziati, un alfiere, se la cavò con un rimprovero in quanto, probabilmente, fu colui che accusò i cospiratori e che permise che giustizia fosse fatta. Ai più colpevoli fu inflitta un’atroce condanna: dopo essere stati uccisi i loro corpi furono bruciati e le loro ceneri furono sparse al vento; una punizione davvero severa, in quanto questo voleva dire negar loro anche la vita ultraterrena, una prospettiva davvero impossibile da raggiungere senza un corpo preservato. Tra il gruppo di congiurati ai quali fu permesso il suicidio figura anche il beneficiario mancato della congiura dell’harem, il principe ribelle Pentaur.
La storica Susan Redford ipotizza che Pentaur, essendo un nobile, avesse avuto la possibilità di uccidersi probabilmente assumendo del veleno e quindi fu risparmiato dal destino umiliante degli altri cospiratori e, cosa fondamentale, gli fu evitata la punizione ben peggiore, quella di una seconda e definitiva morte. Non si conoscono le sorti della madre, ma il corpo del principe fu fatto imbalsamare molto frettolosamente, senza rimuovere né il cervello né gli organi interni, per poi essere deposto dentro quattro tavole di cedro adattate alla sua corporatura e gli fu permessa una sepoltura adeguata, forse nella sua tomba pronta da tempo, la quale, insieme a quella di sua madre Tiye, fu deturpata, spogliata e al suo interno fu cancellato il nome per precludergli l’immortalità; ma grazie al papiro di Torino e a quel poco che resta delle loro sepolture i loro nomi sono giunti comunque a noi. La salma di Pentaur continuò a non trovar pace, infatti, durante la XXI dinastia, il corpo della Mummia E fu spostata nella famosa cachette di Deir el-Bahari[3] dove fu trovata priva di ogni riferimento in merito alla sua origine e alla sua persona; solo successive analisi del DNA hanno dimostrato che si trattava di un figlio di Ramesse III. Il fatto che questo personaggio fosse morto per strangolamento o avvelenamento e che il corpo sia stato ritrovato avvolto da una pelle di capra, considerata impura e assolutamente indegna per un membro della famiglia reale, avvalorano la tesi che si possa trattare proprio di Pentaur interpretando il suo spregevole sudario come ulteriore prova di una severa punizione inflitta.
Il documento conservato a Torino non parla però della sorte del faraone, non ci svela se il faraone uscì indenne o meno dal complotto, ma altre indagini effettuate per mezzo di una TAC sulla mummia di Ramesse III (la quale presentava un bendaggio eccessivo intorno al collo) hanno evidenziato un taglio alla gola molto profondo (da raggiungere l’osso del collo) ad opera di una lama molto affilata. L’esame evidenziò inoltre che anche l’alluce sinistro fu reciso nel momento immediatamente precedente la morte da un’arma simile ad una scure. Gli imbalsamatori adattarono alla mummia una sorta di protesi di lino al posto del dito mozzato e sistemarono sei amuleti intorno alle caviglie e ai piedi per favorire nell’aldilà la guarigione delle ferite. Tutto ciò avvalora ulteriormente la tesi che l’attentato avvenne probabilmente per mano di più assalitori i quali agirono con armi differenti. Fino alla diagnosi emersa da questa TAC si credeva che il faraone fosse stato ucciso dai cospiratori senza che questi avessero lasciato tracce visibili sul suo corpo, quindi assassinato per opera di qualche veleno visto che tra le bende della sua mummia sono stati ritrovati diversi amuleti dispensatori di poteri curativi contro i morsi dei serpenti.
Il piano sovversivo alla fine riuscì solo a metà: il faraone rimase ucciso nella congiura ma la corona passò comunque all’erede designato, Ramesse IV.
Conoscendo la storia del personaggio che dovrebbe incarnarsi nella Mummia E sicuramente ci porteremo al suo cospetto con un diverso approccio. La Mummia E, con la sua agghiacciante espressione di terrore dipinta sul volto e con tutto quello che vorrebbe raccontare, ci aspetta. Durante questa mostra temporanea la troveremo al primo piano del Museo Egizio del Cairo in Tahrir Square, nella sala 47, ma una volta che il reperto del mese sarà rinominato la Mummia E verrà trasferita nella sala delle mummie dove resterà in compagnia dei grandi faraoni che regnarono sulla terra d’Egitto e si riavvicinerà a suo padre, anche lui custodito nella sala delle mummie reali. Alla fin fine il futuro ha riservato a questo principe ribelle notorietà (anche se non per grandi gesta) e la possibilità di riposare per la seconda volta al fianco di coloro che avrebbe voluto come suoi predecessori nel rivestire il titolo di sovrano delle Due Terre.
[1] Così nel papiro vengono chiamati i cospiratori.
[2] Queste informazioni giungono da altri due documenti collegati a quello di Torino: il Papiro Rollin, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, e il Papiro Lee, al British Museum di Londra.
[3] In questo nascondiglio furono nascoste più di 50 mummie di sovrani, regine e dignitari durante la XXI Dinastia dal Gran Sacerdote Pinegiem II (990-969 a.C.) per proteggerle dai predatori di tombe.