L’amuleto tyet è conosciuto per essere simbolo di Iside. Questo elemento non è legato solo all’Iside egiziana ma, anzi, contraddistingue la dea in epoca ellenistico-romana, come evidente nell’iconografia definita “mezzo-greca”. Qui Iside, connessa alle dee greche, indossa abiti morbidi e drappeggiati legati sul petto con il suo tipico nodo tyet. Chiari esempi di questa raffigurazione si possono ravvisare nella Iside proveniente da Cuma (I sec. a.C., Museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia, inv. n. 241835), nella Iside in lutto della Collezione Farnese (II sec. d.C., MANN, inv. 6370), o nella Iside-Demetra dell’Ägyptisches Museum (di datazione incerta tra seconda metà I sec. a.C. e IV sec. d.C., ÄM, inv. 12440), così come negli affreschi raffiguranti sacerdoti e sacerdotesse dall’Iseo di Pompei.

La dea Iside in lutto, II sec. d.C. ca. © Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. n. 6370. Ph. Chiara Lombardi

Qual è l’origine di questo amuleto? A partire dalla III dinastia il nodo tyet viene utilizzato come simbolo decorativo insieme all’ankh e al pilastro djed, amuleto legato ad Osiride. Non possiamo però accertare con sicurezza che già nell’Antico Regno Iside e il nodo tyet siano correlati. Possibilmente, l’utilizzo congiunto con il pilastro djed, simbolo di Osiride, avrebbe associato il nodo tyet alla dea.

Una probabile attestazione del legame tra Iside e il nodo tyet apparterrebbe agli inizi del Primo Periodo Intermedio. Il poggiatesta di Ini, conservato al Museo Egizio di Torino (inv. n. 13268/3), ha come base la raffigurazione di un nodo tyet.

Poggiatesta di Ini, inizi Primo Periodo Intermedio. © Museo Egizio, Torino, inv. n. 13268/3

L’incantesimo Testi dei Sarcofagi 828, VII, 28 è una formula utilizzata per posizionare il poggiatesta sotto la testa del defunto. Il testo manca del suo inizio, ma l’espressione “della parte posteriore della testa” potrebbe essere indicativo del fatto che si tratta proprio del posizionamento di questo oggetto. Il poggiatesta è elemento necessario per la rinascita poiché sollevando la testa, essa può riacquisire tutte le funzioni vitali, come respirare, ascoltare, vedere e mangiare. In aggiunta, in Testi dei Sarcofagi 229, III, 294-298 Iside porta l’epiteto di “Poggiatesta che è sotto la testa”. Hartwig Altenmüller ritiene che, in realtà, la scrittura per Iside pastedGraphic.pngdel Medio Regno nasconda il nome originario della dea, ovvero wrs.jt, “colei del poggiatesta”, a causa di un cambiamento morfologico. L’argomento, per altro assai complesso, dell’origine del nome di Iside e le diverse teorie proposte a riguardo richiede una sede a parte. Qui, basti sapere che la dea è legata al posizionamento del poggiatesta sotto la testa del defunto, che ne porta l’epiteto, e che questa relazione tra lei, il poggiatesta e il nodo tyet sarebbe ravvisabile nell’oggetto funerario appartenente ad Ini.

Dalla XVIII dinastia si hanno i primi esemplari dell’amuleto, per il quale si usano diaspro rosso, cornalina o vetro, poi inseriti al collo e sul petto. Il legame tra Iside e il nodo tyet è esplicitato nel capitolo 156 del Libro dei Morti (I capitoli dell’Uscire al Giorno).

Nodo tyet di Nefer, Nuovo Regno. © The Trustees of the British Museum, London, inv. n. EA20639

La formula riguarda il posizionamento di un amuleto tyet in diaspro rosso al collo del defunto mentre si recita l’incantesimo. Ciò serve a rendere efficace la protezione. Il sangue, il potere e la magia di Iside, come espresso, servono a non trovare gli ingressi sbarrati nell’aldilà e a proteggere gli arti del viaggiatore oltremondano.

L’efficacia del nodo di Iside, oltre alla simbologia e alla formulazione dell’incantesimo, è data anche dal colore rosso.

Questo colore ha in sé un dualismo, incarnando sia la vita e la vittoria che il fuoco e la distruzione. È il colore del sole e del sangue, ed è il colore delle vesti solitamente indossate da Iside e Nephthys come prefiche e maghe nella scena dei letti funerari.

Iside piangente, Epoca Tarda. © Museo Egizio, Torino, inv. n. Cat. 203

 

Particolare della stele di Harkheb, XXVI din., in Tripani, L.: Egyptian Gods: Iconography and Theology. The Goddess Isis. I part, Poland 2019, p. 229.

 

Se il nodo tyet è simbolo di Iside, sulla stele di Harkheb (XXVI din.) osserviamo un’iconografia particolare di questa connessione: un nodo tyet la cui parte superiore rappresenta la dea. C’è quindi una fusione tra l’oggetto che simboleggia la dea e la dea stessa.

 

Dibattuta è, tra gli studiosi, la genesi del nodo tyet. Le diverse interpretazioni proposte indicano che:

(a) il nodo dovrebbe rappresentare la fibbia della cintura di Iside;

(b) esso potrebbe essere un panno da toilette usato sia per tamponare il sangue delle mestruazioni sia per prevenire l’aborto spontaneo;

(c) in origine il nodo era una variante del segno ankh, a cui assomiglia molto, ad eccezione delle braccia che sono piegate all’in giù.

 

 

 

 

 

La decorazione del sacrario esterno di Tutankhamen che alterna nodi tyet a pilastri djed, XVIII din. Ph. Paolo Bondielli

Quale che sia l’origine, il nodo tyet associato ad Iside trova la sua fortuna poiché non solo attraversa la sua fase egiziana e quella ellenistico-romana, ma è ancora oggi legato alla dea. Resta un simbolo protettivo poiché è il simbolo di Iside, colei che permette la rinascita del defunto, che lo accompagna e protegge nel viaggio nella Duat e che, poi, diventa “tutto”, come leggiamo sull’epigrafe CIL X, 3800 proveniente da Capua e conservata al MANN (I-II sec. d.C./III sec. d.C.): “Te tibi, una quae es omnia, dea Isis”, “A te solo, o dea Iside, che sei tutto”.

Doppia collana con i simboli di Iside: trono, nodo tyet e sistro, e Iside alata dal sarcofago di Tutankhamen, realizzati da Nunzia Laura Saldalamacchia © Nymphè. Archeologia e gioielli per la scrivente (2021)
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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