Al Museo Civico Archeologico di Bologna è in corso la mostra “I Pittori di Pompei. Affreschi romani dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli”, visitabile fino al 29 marzo 2023.

Un articolo dedicato a questo straordinario evento può essere letto al seguente link:

https://mediterraneoantico.it/articoli/news/allarcheologico-di-bologna-i-pittori-di-pompei-una-mostra-sulla-figura-del-pictor-romano/

L’evento è stato accompagnato da moltissime iniziative: conferenze del curatore, di altri studiosi del settore, del direttore del Museo Archeologico di Napoli Paolo Giulierini, con una grande attenzione anche per il pubblico dei più piccoli a cui è stato dedicato un percorso specifico.

Per approfondire ulteriormente i temi trattati da questa mostra abbiamo raggiunto il suo curatore, l’archeologo Mario Grimaldi, che con la sua consueta disponibilità ha risposto a una serie di domande.

  • L’archeologo Mario Gimaldi presso il Museo Civico Archeologico di Bologna.

    Come nasce l’idea di una mostra? E nella fattispecie com’è nata l’idea di raccontare una storia che pone l’accento sui pictores e non sulle loro realizzazioni?

L’idea di una mostra è da un lato la parte finale di una ricerca da comunicare ad un grande pubblico e dall’altro lo spunto per raccogliere nuovi elementi per il continuo della stessa. L’idea di raccontare il ruolo sociale dei pictores nasce dal contatto diretto avuto negli anni con studenti e non addetti ai lavori per i quali il concetto di artista e artigiano antico non riusciva ad inquadrarsi nel moderno concetto di artista vip o di grande artista della storia dell’arte. Molti, infatti, si chiedono dinanzi agli affreschi romani quanto fossero stati famosi i loro esecutori e se li immaginano alla stregua dei moderni Raffaello, Michelangelo o Caravaggio non sapendo che il contesto ed il ruolo sociale dei nostri pictores era invece quanto di più differente.

  • Esiste poi un aspetto pratico e logistico che gli uffici competenti dei vari musei mettono in atto, e poi il coinvolgimento di professionisti come architetti, light designer…Dopo averci raccontato come nasce l’idea di una mostra, ci puoi raccontare come prende forma e quali sono i passaggi che portano dal bozzetto a ciò che vedono i visitatori nelle sale?

Una mostra nasce da un’idea sicuramente del curatore che soggetti terzi (società organizzatrici di mostre e musei) possono “sposare” per risponde ad una “domanda” da parte del pubblico. Si comincia così nel dialogo tra enti, pubblici e privati, per la redazione di un progetto ed un elenco di opere che poi verranno allestite nel luogo definito grazie ad una fitta collaborazione interdisciplinare con diverse figure professionali.

  • La scelta del Museo Civico Archeologico di Bologna come sede dell’esposizione com’è maturata?

Il Museo Civico Archeologico di Bologna è da subito stato identificato come il principale punto dove raccontare questo tema e infatti sarà l’unica tappa italiana. Bologna è logisticamente una terra di cerniera tra il nord d’Italia e il centro – sud, portare gli eccezionali affreschi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli in questa sede vuol dire avvicinare l’Italia ai suoi tesori, far si che molte più persone possano godere della bellezza del nostro Museo più importante e rinverdire anche la volontà di rivedere i contesti di provenienza.

Da destra: Paolo Giulierini, direttore del MANN: Paola Giovetti, direttrice del Museo Civico Archeologico di Bologna; Mario Grimaldi, curatore della mostra; Elena di Gioia, responsabile culturale del Comune di Bologna; Tomaso Radanelli, presidente di Mondomostre.
  • Che cosa ti ha ispirato per la scelta degli affreschi presenti in mostra?

La scelta dei soggetti è come la scelta di parole per comporre un racconto. Ho selezionato le opere per descrivere ai visitatori una storia fatta di uomini e una società di riferimento, da diversi punti di vista come quello tecnico, economico e di contesto. Le immagini sono così diventate parole per descrivere quegli splendi artisti artigiani altrimenti anonimi. 

  • La mostra, ed in particolare la lettura dello splendido catalogo che la accompagna, suggerisce una filiera che consente di arrivare al completamento delle decorazioni della domus, così come il committente le ha volute. Non tutto è certo ovviamente, per cui ti chiederei di interpretare il ruolo di un dominus pompeiano e di raccontarci, in tale veste, quali sono i passi che faresti per affrescare la tua domus, dalla scelta del repertorio al lavoro terminato.

Il dominus è un committente con potere di scelta dell’artigiano da chiamare e potere economico della spesa da affrontare nell’acquisto dei colori. La volontà di decorare l’intera abitazione con affreschi con diversi temi a secondo dell’utilizzo e della posizione di ogni singolo ambiente si concretizza nel dialogo che sicuramente esisteva tra dominus e pictor con i suoi collaboratori, al di là del potere economico di ogni singolo proprietario tutti decoravano i propri spazi creando un legame forte tra architettura e decorazione (musiva e parietale). 

  • L’archeologo tedesco August Mau pubblica nel 1882 quello che possiamo considerare il primo studio sulle pitture pompeiane, individuando una serie di similitudini che raccoglie e suddivide nei quattro “stili” che ancora oggi vengono utilizzati. C’è uno “stile” che preferisci rispetto ad altri? E all’interno di questo “stile” c’è un particolare affresco o serie di affreschi a cui ti senti particolarmente legato?

L’analisi di Mau fu un viaggio nelle mode e nelle società di riferimento. La divisione in stili corrisponde anche a passaggi di idee e pensieri nella società pompeiana, ad esempio, prima e dopo la deduzione coloniale, prima e dopo il principato di Augusto etc.

Personalmente trovo proprio in questi due momenti di transizione sociale (la deduzione della colonia con il II stile e il periodo augusteo con il III) gli aspetti più interessanti che segnano il cambiamento di una società radicata nel territorio da secoli, aperta a diverse culture, che entra nella grande nuova comunicazione di Roma. È come se Pompei uscisse da Pompei giungendo nei paesi orientali e oltre. 

L’attenzione per i bambini è tangibile per tutto il percorso scientifico ed è curata da Aster srl. Foto: Paolo Bondielli.
  • Nella maggior parte dei casi i soggetti rappresentati nei quadri mitologici delle pitture pompeiane si rifanno all’ambito della mitologia greca. Dobbiamo dunque ritenere che siano un mero riflesso della pittura greca classica ed ellenistica, oppure è possibile riconoscere delle peculiarità che emancipano il lavoro di questi artigiani/artisti del semplice concetto di copia?

Come abbiamo cercato di raccontare in mostra è indubbio che l’esperienza della pittura maturata in Grecia e soprattutto nell’ambito del teatro sia stata la base di partenza di un nuovo linguaggio globale di immagini veicolato dall’espansione romana. Ma tale linguaggio si è andato arricchendosi da subito di parole e immagini peculiari del mondo romano come nel caso della codificazione del mito tutto romano di Micone e Pero ad esempio. 

  • Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli sono custoditi circa 3000 affreschi provenienti dalle aree sepolte dal Vesuvio. Esiste una catalogazione di questo imponente corpus di pitture romane e pensi sarebbe utile realizzare un unico grande database di quei preziosi reperti, sfruttando le possibilità e le potenzialità date dall’informatica? Penso ad esempio all’utilità di una ricerca che può essere fatta per “stili”, tipologia dei colori, soggetti, luogo di provenienza, numero di catalogo…Potrebbe essere utile per lo studioso quanto per l’appassionato…

La ricchissima e unica al mondo collezione di affreschi romani del Museo Archeologico Nazionale di Napoli viene studiata da più di 200 anni dando sempre la possibilità di imparare qualcosa di nuovo soprattutto in relazione ad una diversa lettura di contesto e alle moderni tecniche di analisi. Personalmente vorrei condurre una ricerca molto ampia che definisca in relazione ai contesti conosciuti la presenza dei diversi pictores sin qui conosciuti. 

Lo studio proposto sulla fortunata iconografia del modello delle Tre Grazie nella storia dell’arte. Foto: Paolo Bondielli.
  • L’allestimento, ovvero la disposizione delle vetrine, i colori delle pareti, l’illuminazione, ecc.… è una delle parti fondamentali di una mostra. La fruibilità e la leggibilità del percorso scientifico è determinata anche dal lavoro che il team di architetti svolge e dalle scelte che compie. Qual è il rapporto tra i curatori della mostra e gli architetti e in che modo collaborano? 

L’allestimento è la parte fondamentale del mettere in ordine quelle parole e quei pensieri che sono alla base del progetto curatoriale. Si instaura così il nuovo rapporto tra dominus e pictor creando un rapporto stretto tra spazio e decorazione/mostra.

  • Inevitabilmente la realizzazione di una mostra prevede lo spostamento di reperti dall’ente prestatore alla location scelta per l’esibizione. Talvolta sono di grande rilevanza e il museo che li custodisce e li presta se ne priva anche per lunghi periodi. Da più parti si richiede ai musei di tenere conto del valore identitario di alcuni di questi reperti consigliandone l’inamovibilità dalla sede museale. Qual è la tua posizione in merito?

Quando si parla di pezzi identitari dobbiamo chiederci identitari di chi? di cosa? La nostra cultura in tutte le sue declinazioni è patrimonio non solo italiano ma dell’umanità intera. Il regime di autonomia dei musei permette di aumentare scambi temporanei di oggetti identitari di diverse culture che altrimenti sarebbero distanti. Mi viene in mente la grande mostra di Canova al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dove nella Sala della Meridiana erano opere conservate all’Ermitage di San Pietroburgo e a Kiev … pensa oggi quanto questo sarebbe e per quanto tempo sarà impossibile che si ripeta. Fare una mostra permette di prendere opere dai depositi, controllarne lo stato di conservazione, restaurarli, ristudiarli e falli vedere ad un pubblico altro … è questo lo scopo della ricerca, aprire i propri depositi della mente agli altri.

 

 

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Paolo Bondielli

Storico, studioso della Civiltà Egizia e del Vicino Oriente Antico da molti anni. Durante le sue ricerche ha realizzato una notevole biblioteca personale, che ha messo a disposizione di appassionati, studiosi e studenti. E’ autore e coautore di saggi storici e per Ananke ha pubblicato “Tutankhamon. Immagini e Testi dall’Ultima Dimora”; “La Stele di Rosetta e il Decreto di Menfi”; “Ramesse II e gli Hittiti. La Battaglia di Qadesh, il Trattato di pace e i matrimoni interdinastici”.

E’ socio fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Egittologia.net. Ha ideato e dirige in qualità di Direttore Editoriale, il magazine online “MA – MediterraneoAntico”, che raccoglie articoli sull’antico Egitto e sull’archeologia del Mediterraneo. Ha ideato e dirige un progetto che prevede la pubblicazione integrale di alcuni templi dell’antico Egitto. Attualmente, dopo aver effettuato rilevazioni in loco, sta lavorando a una pubblicazione relativa Tempio di Dendera.

E’ membro effettivo del “Min Project”, lo scavo della Missione Archeologica Canario-Toscana presso la Valle dei Nobili a Sheik abd el-Gurna, West Bank, Luxor. Compie regolarmente viaggi in Egitto, sia per svolgere ricerche personali, sia per accompagnare gruppi di persone interessate a tour archeologici, che prevedono la visita di siti di grande interesse storico, ma generalmente trascurati dai grandi tour operator. Svolge regolarmente attività di divulgazione presso circoli culturali e scuole di ogni ordine e grado, proponendo conferenze arricchite da un corposo materiale fotografico, frutto di un’intensa attività di fotografo che si è svolta in Egitto e presso i maggiori musei d’Europa.

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