Egizi Etruschi da Eugene Berman allo scarabeo dorato

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La mostra Egizi Etruschi, a cura di Alfonsina Russo, Simona Carosi e Carlo Casi, nasce dall’opportunità di accostare produzioni e ideologie che hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo di due tra le più grandi civiltà del Mediterraneo, un mare che nell’antichità ha sempre favorito gli scambi e l’incontro di culture, che, sia pure nella loro eterogeneità, possiamo definire mediterranee.

L’esposizione, promossa dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, viene allestita, per la prima volta,  a Vulci, perché proprio in questa importante città dell’Etruria meridionale, sono stati, di recente, rinvenuti preziosi oggetti egizi di VIII-VII secolo a.C. e di III secolo a.C.   (campagne di scavo 2013 e 2016-2017). Si tratta di amuleti, con funzione magico-protettiva, provenienti dall’Egitto (Naucrati) e dalle città della Grecia insulare e orientale, che ne diffonderanno soprattutto attraverso il vettore fenicio le imitazioni. Possedere un prezioso oggetto egizio da parte dei principi etruschi equivaleva ad aderire al medesimo mondo fatto di un’imagerie di regalità, di elevazione a divinità propria dei Faraoni. E proprio da Vulci nel 2013 in una tomba della necropoli dell’Osteria è stato rinvenuto uno scarabeo egizio che menziona il prenome del Faraone Bocchoris (720-708 a.C.) e attesta la conoscenza di determinati “segni del potere” e la condivisione dell’ideale di regalità da parte delle élites etrusche sin dalla fine dell’VIII sec. a.C. Sempre nello stesso periodo, amuleti con raffigurazioni delle divinità egizie Hathor, Horus e Bes, riconducibili al positivo concetto delle forze vitali della natura, sono stati rinvenuti sempre a Vulci in alcune sepolture in località Marrucatello e Poggio Mengarelli, a conferma degli influssi che la cultura egizia esercita anche sulla religiosità etrusca.

Un altro periodo in cui sono attestate relazioni tra Etruria ed Egitto è il III secolo a.C., quando la dinastia regnante, quella dei Tolomei, intratteneva rapporti commerciali e culturali con Ierone di Siracusa, con Roma e con l’Italia. E inaspettatamente dagli scavi condotti nel 2017 a Vulci, in località Poggio Mengarelli, è stata rinvenuta una coppa di produzione alessandrina, proveniente dall’Egitto tolemaico, associata a strumenti in ferro e a vasellame che rimandano alla preparazione di medicamenti e infusi.

E, dunque, per alcuni secoli la cultura egizia, così come quella dei Fenici, dei Greci e dell’Oriente mediterraneo, influenza le aristocrazie etrusche.

La mostra Egizi ed Etruschi è anche un’importante occasione per presentare al pubblico, per la prima volta,  e mettere a confronto con i reperti egizi trovati a Vulci, in un “dialogo mediterraneo”, alcuni preziosi oggetti egizi provenienti dalla collezione di Eugene Berman, pittore, illustratore e scenografo russo, ma anche collezionista d’arte; reperti che acquistò durante i suoi viaggi in Egitto tra il 1964 e il 1965 ed essendosi stabilito a Roma, nel 1972, alla sua morte, donò, insieme al resto della collezione, allo Stato Italiano e per esso all’allora Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria meridionale. Alle numerose ed enigmatiche maschere funerarie egizie, rivestite in oro, collezionate da Berman, scenografo affascinato dai volti, sono accostate nella mostra alcune testimonianze di antefisse etrusche con volti femminili, che spesso raffiguravano menadi (donne del corteggio di Dioniso/Bacco) a rappresentare il contatto tra l’umano e il divino: uno dei temi dell’esposizione, forse tra i più suggestivi, che mettono a confronto la cultura etrusca con quella egizia. Altre testimonianze della cultura egizia provengono dal Polo Museale della Toscana- Sezione Egizia del Museo Archeologico di Firenze, che ha accolto subito la proposta di esposizione.

I pezzi in mostra sono oltre 240 e quasi tutti mai visti: le ultime importanti scoperte archeologiche effettuate dalla Soprintendenza a Vulci, gli splendidi reperti egizi della Collezione Berman, mai esposti al pubblico, e i prestiti del Museo Egizio di Firenze celati nei depositi.

La mostra si articola in sei sezioni. La prima è introduttiva alla mostra ed è dedicata alla figura di Eugen Berman, intellettuale cosmopolita; la seconda è dedicata all’oro, il metallo degli dei; la terza tratta di Faraoni e Principi; la quarta: il Sogno di Immortalità; la quinta: Dei e Dee dall’Egitto all’Etruria; la sesta: L’oro di Nefertum. Profumi d’Oriente. Conclude la mostra la linea del tempo che pone in evidenza il periodo in cui le due civiltà, l’egizia e l’etrusca, si incontrano.

Infine, un cenno alla Tomba dello Scarabeo dorato trovata a Vulci nel 2016 e grande protagonista di questa esposizione. Il corredo funerario è stato rinvenuto nell’ambito dell’attività di contrasto agli scavi clandestini che quotidianamente impegnano il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale insieme alla Soprintendenza. La mostra è dunque anche un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della conservazione dei contesti di provenienza dei reperti archeologici e della tutela del patrimonio culturale nel suo complesso che per raggiungere una piena efficacia dovrà essere sempre più condivisa.

L’esposizione è stata ideata e realizzata dalla Soprintendenza, grazie al sostegno della Presidenza del Consiglio Regionale della Regione Lazio, al Comune di Montalto di Castro e alla Fondazione Vulci.

Montalto di Castro – Complesso monumentale San Sisto fino al 30 settembre 2017

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