L’École Française de Rome ha intrapreso un lungo cammino che la porterà a festeggiare i 150 anni dalla sua fondazione nel 2025. Numerose e interessanti le iniziative messe in campo dall’istituzione culturale francese per dare il giusto risalto a questo traguardo importante, a cui l’EFR arriva con un carnet ricco di fruttuose collaborazioni con istituzioni italiane e internazionali, protagonista di spicco del panorama culturale del nostro Paese.
L’invito a Palazzo Farnese è per me un’occasione particolarmente gradita grazie a una serie di motivi ed il primo è senza dubbio la guida d’eccezione che ci accompagnerà tra le sue sale, la direttrice Brigitte Marin, riconfermata da poco alla guida dell’istituzione francese per altri quattro anni con Decreto Presidenziale di Emmanuel Macron.
Ho incontrato più volte la direttrice Marin e ogni volta si rafforza la mia convinzione che sia la persona giusta al posto giusto. Non tanto per la sua preparazione, chiunque venga messo a capo di un ente come l’EFR non può certo farne difetto, ma per la sua immediata capacità di far sentire chiunque a proprio agio, per la semplicità con cui si pone e perché – mi si perdoni il modo diretto – è una persona piacevole e divertente!
E poi c’è lei…Floria Tosca! E quando l’efficientissimo Ufficio Stampa dell’EFR mi contatta per un incontro, l’invito si trasforma in… “Sta bene! Il convegno? Palazzo Farnese!”.
E infine non ho mai avuto il piacere di visitare la parte del Palazzo occupata dall’Ambasciata di Francia e quindi non ho mai potuto ammirare, tra le altre meraviglie, la Galleria Farnese con gli affreschi del Carracci.
Ogni volta che mi avvicino al Palazzo mi torna alla mente lo scambio di battute tra Scarpia e Spoletta verso il finire del primo atto di Tosca, l’opera di Puccini composta su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Scarpia vuole sfruttare a proprio vantaggio la potente arma della gelosia e dopo aver dato indicazioni a Spoletta, incaricato di seguire Tosca fino al rifugio dove Mario nasconde l’Angelotti, il “console della spenta Repubblica Romana”, lo attende a Palazzo Farnese per conoscere gli sviluppi.
E Scarpia perso nei suoi turpi pensieri prosegue: “Va Tosca, nel tuo cor s’annida Scarpia”, mentre nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dov’è ambientato il primo atto, fervono le attività per il Te Deum. Come ricorda il sagrestano: “Bonaparte… scellerato […] Fu spennato, sfracellato, e piombato a Belzebù!” e quindi prendono vita i festeggiamenti, sia religiosi che laici.
Ma Scarpia brama Tosca e vuole “di quegli occhi vittoriosi veder la fiamma illanguidir con spasimo d’amor” tra le sue braccia.
Sa bene che i festeggiamenti andranno oltre la funzione religiosa e “…questa sera gran fiaccolata, veglia di gala a Palazzo Farnese, ed un’apposita nuova cantata con Floria Tosca!”. E lui ci sarà! Il corteo del Te Deum lo riporta fulmineamente alla realtà e poco prima di inginocchiarsi devotamente la sua perentoria esclamazione piena di passione e desiderio incontrollabile esploda con tutta la potenza baritonale: “Tosca, mi fai dimenticare Iddio!”.
Ogni volta per me è così.
Superati i necessari controlli, l’Ambasciata è territorio francese e la sicurezza è necessaria, mi ritrovo in una sorta di crossover che unisce due aspetti importanti della mia vita: la musica e la storia antica.
All’interno di questo palazzo è ambientato il secondo atto di Tosca, forse il più significativo dell’opera lirica, ma soprattutto è passata una parte rilevante della nostra storia. È anche la sede principale dell’EFR, con gli uffici di direzione e la biblioteca suddivisa in vari ambienti che ospitano più di 215.000 volumi, circa 2.200 titoli di periodici e 220 postazioni di lettura, dove prendono posto anche i ricercatori. I suoi principali campi di specializzazione sono: Archeologia del Mediterraneo centrale, Storia della civiltà romana, Storia dell’Italia, Storia della Chiesa.
L’EFR occupa il secondo piano e il sottotetto di questo prestigioso immobile che sorge nei pressi di Campo dei Fiori e la cui piazza è impreziosita da due antiche vasche in granito, provenienti probabilmente dalle Terme di Caracalla.
Palazzo Farnese nasce per desiderio del cardinal Alessandro Farnese (Canino, 29 febbraio 1468 – Roma, 10 novembre 1549), il futuro papa Paolo III, che acquistò alcuni edifici nell’area, tra i quali spicca per prestigio Palazzo Albergati-Ferriz per il quale fu versata la somma di 5.500 ducati.
In una prima fase il cardinale intendeva procedere alla ristrutturazione del palazzo preesistente, dove vissero i cardinali Niccolò Albergati (1373-1443) e Pedro Ferriz (1415-1478), lasciato in eredità da quest’ultimo agli Agostiniani, ma poi fu presa la decisione di costruire un palazzo ex-novo demolendo e in parte inglobando la costruzione che dal 1478 ospitava i religiosi dell’Ordine di Sant’Agostino.
Il progetto fu affidato ad Antonio da Sangallo (1485-1546) e il cantiere avviato nel 1514, procedendo spedito fino all’ interruzione provocata dal Sacco di Roma del 1527, la prima di una lunga serie. I lavori ripresero poi con ancor più vigore grazie alle disponibilità economica della famiglia Farnese e alla salita al soglio pontificio del cardinale Alessandro come papa Paolo III.
Sangallo morì nel 1546 e la direzione dei lavori passò a Michelangelo che apportò alcune modifiche al progetto originale, intervenendo sulla facciata, riorganizzando alcuni spazi interni e ripensando parte dei cortili interni. La morte di Paolo III (1549) e il richiamo in Vaticano del Buonarroti da parte del neoeletto papa Giulio III, portarono ad una nuova sospensione dei lavori, già rallentati per lo spostamento a nord degli interessi della famiglia Farnese.
Il territorio di Parma e Piacenza dopo alterne vicende che coinvolsero la famiglia Sforza, la Francia e lo Stato Pontificio, entrò a far parte stabilmente di quest’ultimo nel 1521. Paolo III unì quelle terre nel 1545 creando il Ducato di Parma e Piacenza e affidandolo al figlio Pier Luigi, già duca di Castro, che in quell’area intensificò le attività principali della famiglia, utilizzando Palazzo Farnese per i necessari soggiorni romani.
E arriva il momento di Ranuccio Farnese, trisnipote di papa Paolo III e quarto duca di Parma e Piacenza, a cui dobbiamo la committenza della sala dei Fasti Farnesiani – attuale ufficio dell’ambasciatore – iniziati dal pittore manierista Salviati nel 1552 e terminati da Taddeo e Federico Zuccari nel 1565, anno della morte di Ranuccio. I beni di famiglia, e dunque anche il Palazzo, passarono ad Alessandro Farnese, omonimo del pontefice e noto come “il Grande Cardinale”.
Alessandro affidò la direzione dei lavori a Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573) che già aveva collaborato con Michelangelo nell’esecuzione di alcuni degli spazi interni, che fu terminato in ogni sua parte da Giacomo della Porta (1532-1602) nel 1589.
Nel 1580 la Famiglia Farnese decise di ampliare il proprio patrimonio immobiliare nell’altra sponda del Tevere acquistando Villa Chigi, poi Farnesina, con l’intenzione di collegare le due proprietà con un ponte che mai fu realizzato.
Documenti che risalgono al 1563 collocano nel Palazzo la residenza stabile di una delegazione diplomatica del Ducato di Parma e Piacenza, anche se è più che lecito pensare che a Palazzo Farnese gli ambasciatori del Ducato arrivarono già nel 1545, anno della sua fondazione da parte di papa Paolo III.
Le enormi spese di manutenzione del Palazzo devono aver indotto i proprietari a darne una parte in locazione. E troviamo così diversi artisti, tra i quali Pierre Legros (1666-1719), che partecipò alle opere di decorazione di Versailles trasferendosi poi in Italia e realizzando opere come la Religione che sconfigge l’eresia per l’altare di S. Ignazio nella Chiesa del Gesù; Angelo de Rossi (1671-1715) che si formò nella bottega di Filippo Parodi e realizzò opere al Laterano, presso la Chiesa del Gesù e il monumento funerario di papa Alessandro VIII, che però non portò a termine.
Tra gli affittuari anche il cardinale Ranuccio Pallavicini (Polesine Parmense, 19 ottobre 1633 – Roma, 30 giugno 1712) che tra i suoi incarichi annoverava quello di Inquisitore generale di Malta, Segretario della Suprema Congregazione del Santo Uffizio, Vice-Camerlengo della Camera Apostolica ed era un apprezzato scrittore.
Nel 1731 il ramo maschile della Famiglia Farnese si estinse con la morte di Antonio Farnese (1679-1731) duca di Parma e Piacenza e i beni furono ereditati, in modo piuttosto turbolento, da Elisabetta Farnese (Parma, 25 ottobre 1692 – Aranjuez, 11 luglio 1766), figlia di Odoardo II Farnese.
Elisabetta convolò a nozze con Filippo V (1700-1746) primo re di Spagna della dinastia dei Borbone, rimasto vedovo da pochi mesi della regina Maria Luisa di Savoia. Il matrimonio reale fu benedetto da sette figli il primo dei quali, Carlo, ricevette l’eredità dei Farnese per volere della regina madre, grazie alla quale ebbe una carriera folgorante: assunse il ducato di Parma e Piacenza dal 1731 al 1735, il regno di Napoli dal 1734-1759 e il regno delle due Sicilie dal 1735 al 1759 e, in fine, la Corona di Spagna dal 1759 fino alla morte avvenuta nel 1788.
Carlo III di Borbone avviò lo spostamento dell’immensa Collezione Farnese dal Ducato di Parma verso Napoli, portata a termine dal suo successore Ferdinando IV re di Napoli, facendone il tratto distintivo del nascente Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il nucleo fondante del Museo di Capodimonte.
Ferdinando IV re di Napoli soggiornò a Palazzo Farnese nel 1791, come ricorda lo stemma dei Borbone aggiunto a quello dei Farnese sulla facciata.
A testimoniare il soggiorno a Palazzo di Ferdinando I e II, re delle Due Sicilie, sono due lapidi presenti nella chiesa di S. Spirito dei Napoletani e infine, Francesco II, ultimo re delle Due Sicilie, abitò in esilio a Palazzo Farnese per dieci anni a partire dal 1860, all’indomani dello Sbarco dei Mille.
Il costo elevato per il mantenimento dell’intera struttura obbligò Francesco II a dare in locazione l’intero palazzo all’Ambasciata di Francia nel 1874 e contestualmente vi si insediò anche L’École Française de Rome, che andò ad occupare alcune stanze del secondo piano. Nel 1911 la Francia acquistò Palazzo Farnese per poi cederlo di nuovo all’Italia nel 1936 con un preciso accordo: l’Ambasciata di Francia mantenne la sua sede nel palazzo ad una cifra simbolica per 99 anni e contestualmente l’Ambasciata d’Italia a Parigi ricevette, alle stesse condizioni, l’Hôtel de La Rochefoucauld-Doudeauville, con l’obbligo di mantenerne l’integrità strutturale e curarne la manutenzione ordinaria e straordinaria a proprie spese.
Palazzo Farnese è in restauro e alcune aree non erano visitabili, un buon motivo per tornarci ancora e perdermi con più calma tra i mille dettagli che si nascondono tra le forme dell’architettura, per sminuzzare la maestosità dell’impatto che subito satura gli occhi e assorbire le opere al ritmo della lentezza.
La direttrice dell’EFR ha poi annunciato una serie di iniziative molto interessanti a cui sarà un piacere partecipare per condividerle con i nostri lettori e contribuire così a far conoscere sempre di più questa realtà, che opera da 150 anni nel nostro Paese contribuendo attivamente a mantenerne vivo il tessuto sociale e culturale.