Se esiste una verità su cui convergono tutti coloro che a vario titolo si interessano del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è la caparbietà con cui Paolo Giulierini – che il museo napoletano dirige da otto anni – mantiene le promesse.
In questi anni il museo ha cambiato volto e non soltanto per le numerose collezioni che sono tornate fruibili al sempre più numeroso pubblico di visitatori o per le mostre che si sono succedute tra le varie sale del “Palazzo degli Studi”, ma per un modo nuovo di pensare il museo.
Come sempre accade di fronte alle cose nuove, alcuni non si sono trovati in linea con le scelte della direzione, ma è una regola ben nota quella secondo cui non è possibile incontrare il favore di tutti; ciò che davvero importa è il coraggio di compiere scelte decisive per il futuro della struttura che si chiamati a dirigere, emancipandosi dall’immobilità figlia dell’indecisione che genera eterna attesa.
Spiace tuttavia riscontrare atteggiamenti fortemente critici che non tengono conto della realtà dei fatti. Un esempio banale: continuare a lamentarsi della zona dei servizi igienici ben sapendo che l’intera struttura è interessata da una grande operazione di restauro strutturale, è un esercizio di inutile e sterile polemica. E di fatti come da programma è arrivato lo stanziamento necessario alla riqualificazione dell’intero piano sotterraneo che prevede, oltre i servizi, un nuovo spazio mostre e il collegamento diretto con l’aeroporto di Capodichino.
Stessa sorte è toccata al celebre Mosaico di Alessandro, interessato da un complesso restauro conservativo che nessuno ha avuto i coraggio di mettere in campo fino ad oggi, e oggetto di forti critiche perché…coperto da un telo!
Nessuno copre un’opera d’arte con un telo per il solo gusto di nasconderla ai visitatori, ma per irrimandabili necessità conservative e per trovare una soluzione adeguata alle criticità che oggettive indagini diagnostiche hanno rilevato.
Ricordiamo che il Mosaico di Alessandro fu scoperto nel 1831 nella Casa del Fauno a Pompei. Con un’audace operazione quella meraviglia, composta da milioni di tessere posate su una superficie di 5,81 x 3,13 metri per un peso stimato di circa sette tonnellate, venne trasferito nel Real Museo Borbonico di Napoli. Dopo un periodo in cui la Battaglia di Isso fu pavimento della Sala CXL, il grande mosaico venne collocato nell’attuale posizione all’interno delle riallestite Sale dei Mosaici. Correva l’anno 1916.
Gli esami recenti hanno mostrato che a creare maggiori rischi per l’antico manufatto è l’ossidazione delle parti metalliche e il deterioramento della malta utilizzata per creare la base su cui poggiano le tessere musive. Da qui la necessità di poter osservare da vicino la parte posteriore del reperto, quella che poggia sul muro, e quindi l’esigenza di…girarlo!
Ricordo che stiamo parlando di un reperto fragilissimo, antico di un paio di millenni, in precario stato di conservazione, formato da milioni di tessere musive poggiate su una superficie instabile e segnata in più punti da depressioni e fratture…dal peso di circa sette tonnellate!
Nel corso degli anni nessuno ha mai messo in dubbio la necessità e l’urgenza di un intervento, ma ogni buona intenzione si è fermata di fronte all’enorme difficoltà di compiere un’azione di per sé banale, ruotare di 90 gradi il mosaico per consentire ai restauratori e agli scienziati di prendere visione dello stato di fatto e di procedere con le opportune operazioni.
Paolo Giulierini lo ha promesso e lo ha fatto.
Il motivo per cui un telo, su cui era comunque rappresentata la Battaglia di Isso con un’immagine ad altissima risoluzione, ha coperto il mosaico è da ricercare nella prima fase del restauro, durante la quale sono state messe in sicurezza tutte quelle tessere musive che a causa del ribaltamento potevano subire un distacco o comunque un danno. Il mosaico non sarebbe stato comunque visibile nella sua interezza proprio a causa dell’inevitabile intervento dei restauratori.
Mentre i vari detrattori lamentavano sui social l’impossibilità di vedere il Mosaico di Alessandro, un team multidisciplinare di esperti creato dal direttore Giulierini ha lavorato incessantemente per risolvere ogni complessità, creando al contempo un congegno meccanico che ha consentito il distacco del mosaico dalla parete e il suo ribaltamento in un piano orizzontale stabile, consentendo ora di prendere visione delle vere condizioni in cui versa la base e di procedere al complesso restauro.
La domanda sorge spontanea: meglio lasciare il mosaico visibile per la gioia dei visitatori o prendersi l’enorme responsabilità di procedere ad un restauro urgente e assai complesso per dare a quello straordinario reperto una lunga vita?
Ognuno avrà in merito una propria risposta o magari una terza via che a me sfugge. Resta comunque il fatto che una decisione rischiosa e importante è stata presa e portata avanti con tenacia fino alla sua realizzazione e che un reperto unico al mondo riceverà le adeguate cure per consentire anche alle generazioni future di poter godere della meraviglia.
Intanto godiamoci le fasi del restauro “a vista” e attendiamo fiduciosi le informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori, senza dimenticarci di ringraziare tutti coloro che a vario titolo hanno reso possibile l’intera operazione.